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LA RISPOSTA DI WALTER VELTRONI CANDIDATO DEL PARTITO DEMOCRATICO

La lotta ad ogni forma di criminalità organizzata e a tutte le mafie è parte del codice genetico del Partito democratico. Nasciamo anche per questo, per far sentire meno soli e non indifesi tutti coloro che alla “normalità” della mafia non si rassegnano e che con coraggio portano avanti quella resistenza civile che è la condizione indispensabile per vincere e debellare il cancro del fenomeno mafioso.
Reagire all’idea che la mafia debba continuare a tenere prigioniere intere aree del nostro Paese, contrastarla duramente con tutti i mezzi per colpirla nella sua organizzazione e nei suoi interessi, mettere nelle condizioni di operare nel modo più efficace chi la mafia la combatte ogni giorno, per affermare al suo posto il rispetto della legalità e la difesa delle regole, questo è lo spirito con il quale il Pd intende fronteggiare la questione.
Ho detto nelle piazze siciliane e calabresi una cosa chiara, e cioè la ‘ndrangheta, la mafia e la camorra decidano quello che vogliono, ma decidano solo una cosa: di non votare per il Partito democratico, perchè devono sapere che il Pd se governerà l’Italia cercherà di distruggere quei poteri che impediscono al sud di esprimere tutta la sua forza e la sua energia.
Il Pd mette in campo 10 punti per il contrasto alle mafie, che abbiamo accolto e fatto nostri nel programma di governo.
Primo, potenziare gli strumenti legislativi e di controllo per un effettivo attacco ai patrimoni criminali, attraverso lÂ’approvazione del testo unico antimafia, lÂ’istituzione dellÂ’anagrafe dei conti e dei depositi bancari e dellÂ’albo degli intermediari finanziari, lÂ’attivazione della Legge Mancino e lÂ’istituzione dellÂ’Agenzia unica dei beni confiscati.
In secondo luogo, liberare l’economia del sud dalla morsa mafiosa attraverso il monitoraggio degli appalti e la riduzione delle stazioni appaltanti, il controllo della gestione del movimento terra ossia la verifica dell’utilizzo corretto delle risorse nazionali erogate per le infrastrutture, la promozione e il sostegno delle attività delle associazioni antiracket, la promozione di un tutor per le imprese e il rilancio del consumo critico.
Terzo punto, potenziamento del sistema di contrasto, con il rafforzamento dellÂ’impegno per la cattura dei latitanti, lÂ’integrazione delle polizie nazionali e delle polizie locali, la realizzazione di un sistema di sicurezza integrata con lÂ’approvazione della proposta di Legge nazionale definita unitariamente nel 2003 da Anci Upi e Regioni e aggiornata in questi mesi, lÂ’aumento delle dotazioni strumentali delle forze di polizia, lÂ’integrazione operativa polizia e carabinieri e la riapertura dei concorsi pubblici per le forze armate.
Ancora, al quarto punto del programma del Pd proponiamo l’adeguamento normativo efficace e sostegno alle attività d’indagine da ottenersi mediante il potenziamento della dda, della dna e della dia, il mantenimento della piena efficienza del 41 bis, la certezza della pena attraverso una riduzione della possibilità per gli indagati per reati di mafia di ricorrere al patteggiamento allargato, evitando in tal modo che le maglie del sistema consentano a persone assicurate alla giustizia, grazie all’impegno delle forze dell’ordine, di tornare fuori, e infine l’aumento di organici di magistrati.
Al quinto punto del decalogo antimafia del Pd, l’impegno nel contrasto dei fenomeni mafiosi a livello europeo e internazionale con la costituzione di uno spazio giuridico antimafia europeo e globale, il contrasto alle nuove schiavitù e la promozione di una grande iniziativa europea sul contrasto ai fenomeni mafiosi.
Sesto, spezzare definitivamente il legame tra mafia e politica, la vera grande sfida che la classe dirigente del Paese deve fare propria senza esitazioni né zone d’ombra.
E dunque attuare un monitoraggio dei comuni già sciolti per mafia e di quelli che sono attualmente in fase di commissariamento affiancando a questo l’adeguamento della normativa in materia di scioglimenti di consigli comunali e l’allontanamento di tutti i rappresentanti pubblici con condanne per associazione a delinquere o favoreggiamento.
Poi, al settimo punto la lotta contro i clientelisimi, la promozione del merito nello studio e nell’accesso al mondo del lavoro da raggiungere con il ripristino della legalità dei concorsi, la valorizzazione dei talenti, il rilancio dell’offerta formativa locale, l’attivazione dei centri per l’impiego, una campagna di educazione alla legalità e alla lotta alle mafie, nella scuola e nelle istituzioni, l’istituzione di corsi universitari di storia della mafia e dell’antimafia e lo sviluppo di un piano globale di promozione della legalità e di sviluppo nel territorio.
Ancora, ottavo punto, il contrasto al lavoro nero, con premi alle imprese virtuose, un coordinamento stato regioni, la semplificazione delle procedure amministrative e la definizione di piani territoriali di emersione.
Al nono punto del nostro decalogo, la lotta allÂ’abusivismo edilizio e alle ecomafie, da realizzarsi con una maggiore repressione dell’abusivismo edilizio nelle aree soggette a vincoli di tutela e un controllo efficace del sistema di gestione dei rifiuti.
Ultimo punto del decalogo del Pd, il mantenimento di un’attenzione continua sul fenomeno con la promozione di iniziative, inchieste e convegni nei territori a rischio, il sostegno alle vittime di mafia con la promozione della legge sulle vittime, che deve essere approvata prevedendo l’equiparazione dei fondi per le vittime della mafia a quelli per le vittime del terrorismo e la promozione della giornata nazionale della memoria per le vittime di mafia. Sarebbe significativo istituzionalizzare il 21 marzo che da più di dieci è la giornata che l’associazione Libera ha dedicato a questo scopo.

E’ un grande impegno, enorme, quello che ci viene richiesto. Non uso il termine “straordinario” perché in realtà io credo che si debba stare attenti a non far rientrare il problema della mafia, di tutte le mafie, nella dimensione dell’emergenza.
I riflettori non si devono accendere solo quando si raggiungono livelli estremi di criticità, quando accadono avvenimenti tragici come quello di questa estate a Duisburg. E nemmeno, per certi versi, quando si raggiungono risultati importanti come i recenti straordinari successi nella cattura di pericolosi latitanti come il boss Lo Piccolo.
Può sembrare un paradosso questo i recenti omicidi in Calabria e Campania, ma il fenomeno criminale non è più così forte come un tempo. Sono stati inferti molti colpi. Adesso dobbiamo dare il colpo più grande, dobbiamo distruggere mafia, camorra e ‘ndrangheta.
Un modo per tenere sempre, in ogni istante, altra l’attenzione nei confronti dei fenomeni di mafia sarebbe se la nostra frase rivolta alle cosche a non votare per noi fosse ripetuta da tutti i leader politici, come ho già più volte invitato a fare. Un appello, questo, che rinnovo anche in questa occasione, non per la convenienza di questa o quella parte politica ma per il bene del Paese.

Walter Veltroni

LA RISPOSTA DI ENRICO BOSELLI CANDIDATO DEL PARTITO SOCIALISTA

Il programma del socialismo europeo contro la criminalità è stato sintetizzato da Blair con lo slogan "duri contro il crimine, duri contro le cause del crimine", per riconoscere la dimensione sociale di questa piaga. Noi socialisti riteniamo che contro la criminalità organizzata occorra una strategia integrata, che faccia perno su una pluralità di strumenti senza ricercare un’unica ricetta salvifica.

Nel medio periodo, è fondamentale riconoscere che corruzione e criminalità hanno creato, in parti della nostra economia e della nostra società, una forte rete di scambi e relazioni, e a volte forniscono ai cittadini più servizi dello Stato.
È dunque fondamentale riconoscere il ruolo di prevenzione e contrasto che può avere lo sviluppo economico, di cui il senso civico e la diffusione di un’istruzione di qualità sono componenti fondanti. Nonostante la crescita della scolarità, proprio su questo sito pochi giorni fa si è mostrato che al Sud il livello di capitale umano -in termini di conoscenze e competenze- è ancora ben inferiore che al Nord.

Un nuovo modello di sviluppo, basato sulla democrazia e la partecipazione, l’innovazione tecnologica e la competitività, può essere una strada maestra per ridare fiducia ai cittadini. A sua volta, la fiducia riduce il numero di reati non denunciati, aumenta la collaborazione dei cittadini con le forze dell’ordine, riduce le zone di collusione o indiretto coinvolgimento.
Insomma, prevenire il crimine è importante quanto reprimere il crimine, e la prevenzione passa per la promozione della legalità e del senso civico, per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione più debole ed esposta al rischio di essere vittima o complice della criminalità.

Inoltre, stabilire una cultura della legalità richiede anche la lotta ai reati cosiddetti minori, che danneggiano di più i cittadini più deboli e meno abbienti. Come per la criminalità organizzata, la posizione del Partito Socialista è che né un maggior numero di forze dell’ordine né l’inasprimento delle pene costituiscono un’opposizione efficace o un deterrente al crimine. Solo un’alta probabilità di intervento tempestivo ed efficace delle forze dell’ordine, e il coinvolgimento in veri percorsi di recupero (il contrario delle attuali condizioni carcerarie) possono condurre ad una riduzione del numero di reati. Questi due elementi, a nostro parere, richiedono una profonda riforma della giustizia, del sistema penitenziario, e dell’organizzazione delle forze dell’ordine.
Per le forze dell’ordine, l’attuale modello, basato sul coordinamento, finisce spesso per generare sia duplicazioni che lacune. La nostra posizione è decisamente nella direzione della completa specializzazione dei diversi Corpi, del miglioramento della professionalità, anche grazie all’uso delle più moderne tecnologie, e della giusta incentivazione, mediante un sistema di retribuzioni fondato più sulla produttività e sul merito che non su gerarchia e anzianità.
Ad ogni modo, ciò che riteniamo più importante è riconoscere che oggi la mafia "non spara, o spara poco", nel senso che la criminalità organizzata si è evoluta in direzione di una minore conflittualità interna e verso lo Stato, e verso un ancor maggiore controllo del territorio e delle attività economiche illegali. Al di là di singoli casi ed immagini stereotipate, sempre più la criminalità organizzata è concentrata sull’accumulo di potere politico e economico: il gangster è ormai ampiamente sostituito dal consulente finanziario, nel suo ruolo di spina dorsale delle organizzazioni di tipo mafioso.
Dunque, lo strumento principale che come candidato premier mi propongo di sviluppare contro la criminalità organizzata è il controllo dei flussi finanziari. Con misure in parte analoghe a quelle necessarie alla lotta all’evasione fiscale, è necessario investigare e monitorare i movimenti di capitali finanziari e valutari.
Infatti, il controllo delle transazioni finanziarie, nazionali e internazionali, della criminalità organizzata serve un duplice scopo. Da un lato, impedisce il riciclaggio di fondi provenienti dalle attività illecite, in attività economiche apertamente visibili e legali per ogni altro aspetto. D’altro lato, il contrasto delle transazioni finanziarie costituisce una barriera al finanziamento delle stesse attività illecite, condotte ormai su una scala internazionale e con tipologie di attività da richiedere l’investimento di notevoli quantità di denaro.
Oltre allo sviluppo di specifiche tecnologie e competenze a disposizione delle forze dell’ordine e della magistratura, il controllo dei flussi finanziari passa anche per un maggiore coordinamento delle autorità nazionali, e per la rimozione delle aree di impunità dei soggetti complici di queste operazioni: non solo i singoli consulenti finanziari o i dipendenti delle società, ma le stesse istituzioni bancarie e finanziarie che si rendono responsabili aiutando i clienti in queste transazioni, garantendo efficienza, rapidità, anonimato.

Infine, occorre notare che parte del proprio sostentamento, e fonte di sviluppo per le organizzazioni criminali, è lo sfruttamento di attività illecite o illegali, che risultano di maggior danno sociale proprio in quanto dichiarate illegali dallo Stato. Tipici esempi sono il traffico delle droghe, anche leggere, o lo sfruttamento della prostituzione.
In quest’ultimo caso, la modalità con cui la prostituzione è di fatto condotta nel nostro Paese, ovvero in maniera ipocriticamente tollerata e malamente controllata, espone i soggetti coinvolti (spesso minorenni) a condizioni di vera schiavitù, è tra le principali cause della tratta di esseri umani, e conduce a notevoli rischi sanitari per l’intera popolazione. Talora, è nostra opinione, il danno sociale prodotto da alcune attività illecite può essere annullato o notevolmente ridotto proprio con una buona regolazione di queste attività, che ne permetta lo svolgimento a certe condizioni, sottraendo così importanti fonti di finanziamento della criminalità organizzata.

Enrico Boselli

LA RIBELLIONE

Cosa sta accadendo? Due giorni fa vi è stata a Bari una grande manifestazione con oltre centomila persone che, ricordando le centinaia di vittime della criminalità organizzata, hano elevato il loro grido perché la società coralmente si ribelli alla schiavitù delle mafie. Oggi si apprende che i commercianti di Palermo, stanchi dei ricatti dei mafiosi, hanno collaborato con le forze di polizia e consentito l’arresto di 21 persone che imponevano loro il pagamento del pizzo. Sembra che si stia sgretolando il muro dell’omertà e che, grazie ai moti della società civile, il mangime di cui la mafia si nutre – paura e soggezione – stia venendo a mancare. Tutto questo avviene, come notava ieri Michele Serra in un trafiletto su Repubblica, sotto la sostanziale disattenzione dei mezzi di comunicazione. Eppure sono eventi cruciali per il nostro paese, molto più importanti di quelli che riempono le prime pagine dei giornali in questi giorni. Questo risveglio delle coscienze va promosso e supportato, in modo che si traduca in cultura stabile, solidificandosi in norma sociale.Una modesta inziativa che il governo potrebbe prendere: una campagna televisiva che incoraggi alla ribellione alla mafia. Un impegno di peso: niente ponte sullo Stretto di Messina, che sarebbe il più grosso regalo a mafia e ‘ndrangheta del dopoguerra. E realizzare meccanismi per schermare dalle organizzazioni criminali l’enorme fiume di finanziamenti che riguarda molte opere pubbliche in corso e il potenziamento della Salerno-Reggio Calabria.

LA QUALITA’ DELLA SANITA’ NON DIPENDE DALLA SPESA

La politica di riequilibrio degli ultimi decenni ha drasticamente ridotto i differenziali di spesa sanitaria tra le regioni italiane. Ma ciò non sempre ha significato un riallineamento reale nella qualità dei servizi e nella salute dei cittadini. Perché la spesa è una variabile strumentale rispetto ai bisogni e ai risultati finali. Che dipendono invece dalle strategie, dagli strumenti, dalle risorse umane adottate a livello regionale. Per questo in molte zone del Sud i livelli delle prestazioni sono ancora lontani dalle aspettative.

CONFINDUSTRIA E LA RIBELLIONE ALLA MAFIA

La presenza della criminalità organizzata è il principale fattore che limita lo sviluppo economico e civile del mezzogiorno. Nei mesi scorsi è avvenuto in Sicilia un fatto rivoluzionario, unico nella storia italiana, la cui importanza è stata finora sottovalutata: la Confindustria siciliana con il suo presidente, Ivan Lobello, si è ribellata alla mafia, imponendo l’espulsione dalla associazione non solo di chi dovesse colludere ma anche di chi non si ribellasse ad essa accettando di pagarne il pizzo. E’ come se il fisico da lungo malato avesse d’improssivo prodotto i suoi anticorpi per scacciare il virus che lo soggioga. Ma la produzione di anticorpi deve essere sostanziale per vincere la malattia, che per difendersi cercherà di trasferirsi ad altre parti del corpo. Emma Marcegaglia, designata ieri con voto plebiscitario nuovo presidente di Confindustria, avrà il compito di coltivare questi anticorpi. Imponga l’adozione del “codice Lobello” a tutte le confidustrie regionali – a cominciare da quelle della Calabria, delle Puglie e della Campania – dove maggiore è la minaccia della criminalità organizzata.

STRETTO DI MESSINA, LARGO DI MANICA

Ha senso mantenere in attività  la Stretto di Messina spa? E’ un’impresa interamente in mano pubblica, costituita per promuovere e coordinare la costruzione del famoso Ponte. Ovvero di un progetto che è stato accantonato. Ma anche se si volesse riprenderlo, questa società  non sarebbe necessaria perché non è operativa, e la progettazione e costruzione del Ponte sono in mano ad altre imprese. In compenso, secondo il bilancio 2006, tra dipendenti, amministratori, affitti e varie altre voci l’intero carrozzone costa circa 21milioni di euro l’anno.

A Sud niente di nuovo

Nelle politiche di sviluppo per il Mezzogiorno anche questo governo cade nell’equivoco. E scambia la difficoltà di utilizzare le risorse con una loro presunta scarsità. Invece di preoccuparsi della capacità di spesa, meglio farebbe a controllarne la qualità. La programmazione unica per Fas e fondi strutturali rende ancora più probabile rispetto al passato l’osmosi tra vari tipi di finanziamento. Sarebbe stato molto più utile “specializzare” i singoli fondi, finalizzandoli a determinati progetti. Si sarebbero evitate pericolose sovrapposizioni.

La crisi demografica del Sud

Se, come ha recentemente scritto Nicola Rossi il Sud è e rimane il “malato d’Italia”, ai suoi cronici problemi ora se ne aggiunge uno del tutto inedito, e molto preoccupante, quello demografico. Ciò pone una seria ipoteca sullo sviluppo futuro. L’entrata del Sud in una spirale demografica negativa rende tutto più difficile, rischiando di far pagare domani a caro prezzo il tempo perso e le risorse sprecate di ieri e di oggi.

Mezzogiorno, prima si cambia meglio e’

L’esperienza della Nuova programmazione ha finora conseguito risultati deludenti in termini di crescita del Pil e dell’occupazione, nonché di riduzione dei divari infrastrutturali tra il Mezzogiorno e il resto del paese. Si tratta ora di accertare le cause di quel fallimento e di individuare, anche in vista della nuova legislatura e dellÂ’avvio di un nuovo ciclo di programmazione, le correzioni necessarie da apportare alla politica di sviluppo territoriale sia sotto il profilo procedurale che sotto quello sostanziale.

Due regioni, una sola economia

L’analisi comparata dei dati macroeconomici regionali mostra che l’andamento delle economie del Mezzogiorno e del Centro-Nord è stato negli ultimi anni meno differenziato che in passato. Il rallentamento della produttività è stato marcato al Centro-Nord come al Sud. E il boom dell’occupazione è stato presente in tutte e due le aree geografiche. Ciò segnala che i problemi e le opportunità riguardano l’economia italiana nel suo complesso. E forse se l’Italia tornerà a crescere finiremo per dare meno importanza alla persistenza del divario tra Centro-Nord e Sud.

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