Lavoce.info

Categoria: Mezzogiorno Pagina 7 di 12

QUANDO A MILANO C’ERANO I FURBETTI DELLA MONNEZZA

Negli anni Novanta il capoluogo lombardo rischiò il collasso-spazzatura. Ma con uno spregiudicato artificio burocratico i rifiuti “urbani” si trasformarono in rifiuti “speciali” e furono smaltiti fuori dalla Lombardia, in impianti localizzati in varie regioni italiane. I trucchi che si possono fare con l’immondizia sono degni di Totò e Peppino e possono diventare ottimi affari. Forse anche i californiani li conoscono bene.

LA POVERTÀ IN ITALIA: UN PROBLEMA DEL SUD

Il rapporto annuale dell’Istat descrive un’Italia in cui coesistono regioni del Nord con livelli di benessere o inclusione sociale analoghi a quelli della Svezia e regioni del Sud con rischi di povertà o esclusione prossimi a quelli della Romania. Le politiche sociali dei comuni non riescono peraltro a contrastare i divari, anche perché il Nord continua a destinare per la lotta alla povertà molto di più del Sud. E intanto il governo riduce i fondi per le politiche sociali, nonostante gli impegni presi con l’Europa.

CRIMINE ORGANIZZATO, UNA ZAVORRA ALLA CRESCITA

La presenza pervasiva del crimine organizzato in alcune regioni meridionali è storicamente consolidata, fino a diffondersi negli ultimi anni anche nelle aree più sviluppate. Con importanti conseguenze sullo sviluppo economico ed effetti di contaminazione tra attività lecite e illecite, attraverso il riciclaggio e il reinvestimento dei proventi delle imprese criminali. Si falsa così il gioco concorrenziale e il costo della legalità mette fuori mercato le aziende tradizionali. Sabato 28 l’autore discute questo tema a Napoli in una giornata organizzata in anticipazione del Festival dell’Economia di Trento.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Innanzitutto ringrazio chi ha inviato commenti e mi scuso per l’impossibilità pratica di rispondere dettagliatamente a ciascuno.
1) TNT avrà fatto i suoi conti sulla convenienza del treno: si vede che, nonostante le tasse altissime sul trasporto stradale, continua a convenirgli.
2) Sul fatto che non bisogna costruire solo le opere pubbliche redditizie: si fa notare che nessuno parla di redditività finanziaria (analisi costi-ricavi, sempre catastrofica per gli investimenti ferroviari), ma di redditività sociale: costi in rapporto a benefici di tempo, o ambientali ecc. L’analisi costi-benefici serve a questo.
3) Chi ha parlato (correttamente) della possibilità teorica che davvero la domanda passeggeri possa salire molto rapidamente anche con solo un’ora di risparmio di tempo, si ricorda che la redditività sociale del progetto risulta negativa anche con le altissime previsioni di domanda di RFI, e che tutta l’esperienza internazionale mostra che in generale la domanda ferroviaria risulta ex-post molto minore di quella prevista.
4) Non capisco quel lettore che cita la costituzione che garantisce la libertà di movimento. Per andare a Napoli o a Bari si può prendere un aereo low cost, per esempio. Ci sono molte alternative.
5) Invito i lettori che ci accusano di "nordismo" a leggersi sulla Voce le stroncature di progetti inutili o troppo costosi al Nord. Idem per chi sostiene, a ragione, che occorra sviluppare le aree deboli del Paese: un motivo in più per fare cose che servano davvero.
6) Per la domanda di traffico ferroviario merci occorre notare che un’ora di differenza è del tutto irrilevante: in Francia le merci sulla rete AV non possono nemmeno viaggiare.
7) Per chi si riferisce a reti AV mondiali (con la Cina, eccetera) si ricorda il progettato tunnel Trapani-Tunisi, caro a Cuffaro: perché non proseguire per Capetown? Forse coi soldi pubblici si posson fare cose più urgenti.
8) A chi fa notare che la scarsità di petrolio renderà in futuro più conveniente il treno, si ricorda che i prezzi attuali della benzina dipendono assai più dalle tasse che dal petrolio: abbiamo oggi prezzi alla pompa che corrisponderebbero a un costo del barile di petrolio di 300 dollari, non dei 110 attuali. E i consumi unitari calano rapidamente grazie al progresso tecnico.
9) Nessuno nega che l’analisi costi benefici ignora molte variabili importanti. Infatti è principalmente uno strumento di confronto tecnico per scegliere tra progetti alternativi. E’ un po’ come se dicesse: "Il progetto A costa molto e serve poco traffico, il progetto B costa meno e serve di più". Poi la scelta deve rimanere politica, ma esplicitando democraticamente le grandezze e i costi sociali in gioco, a cosa si rinuncia ecc.. L’A.C.B. è d’altronde lo strumento di valutazione più usato al mondo per le scelte pubbliche.
10) Per chi infine notava che la linea AV Milano-Venezia è stata oggetto di grandi ruberie ecc., devo far notare che mica è stata costruita.

 

SULLA LINEA NAPOLI-BARI CORRE LA PERDITA

Lo studio di fattibilità per il raddoppio della linea ferroviaria Napoli-Bari è stato realizzato da Rfi. Riguarda la fattibilità socioeconomica perché si assume che non vi siano ritorni finanziari di sorta e che sia lo Stato a pagare tutto. L’opera risulta fattibile, con un beneficio netto per la collettività di 683 milioni di euro. Ma se si rifanno i calcoli seguendo prassi e indicazioni internazionali si arriva a una perdita netta di benessere sociale. Ancora più inquietanti le previsioni di traffico fatte da Rfi, dove probabilmente si confonde l’offerta possibile con la domanda.

Fino alla prossima terzigno

Non è certo impossibile gestire i rifiuti nella normalità o rinunciare alle discariche, come impone la norma Unione Europea. Per mettere a regime un sistema di gestione così fatto servono tuttavia alcuni ingredienti di base: tempo, contrasto dei molti interessi, consenso. A Napoli il tempo è stato dilapidato. Il partito dell’emergenza è più forte che mai e condiziona qualsiasi scelta. E di consenso ovviamente neanche a parlarne. Così l’ennesimo piano di emergenza risolverà la crisi di oggi, ma creerà i presupposti per quella di domani.

 

Monnezza, consenso e credibilità

In un editoriale apparso su “La Stampa” domenica 24 ottobre, Lorenzo Mondo, riferendosi alle note vicende di Terzigno, sostiene una linea condivisa da molti commentatori: le anime pie, vescovo di Nola in testa, farebbero bene a non puntellare una protesta irragionevole; l’’opposizione all’’apertura della discarica è sostanzialmente fomentata dalla criminalità organizzata.
La prima considerazione è radicata, di fatto, nella massima: “meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera”.
L’’argomento di Caifa non è solo discutibile dal punto di vista morale; la sua applicazione al caso specifico è profondamente dannosa sul piano degli incentivi. Lo è perché deresponsabilizza il resto della cittadinanza. Se i miei rifiuti vanno in casa d’’altri, che incentivo ho, per dire, ad effettuare la raccolta differenziata? Che incentivo ho a limitare gli sprechi?  Un buco si troverà sempre per sgombrare il mio uscio. Tanto basta.
Per ciò che attiene alla seconda considerazione, è appena il caso di rilevare quanto sia paradossale accusare i campani di non reagire alla mortificante condizione in cui sono immersi, per poi considerarli, non appena reagiscono, come mossi da ragioni inconfessabili (ciò, ovviamente, prescinde dalla condanna agli eccessi che si sono verificati negli ultimi giorni).
Le due precedenti considerazioni spesso procedono con una terza: non si può consentire che qualsiasi intervento venga bloccato dalle comunità locali. Dall’’opposizione al termovalorizzatore di Acerra a quella verso le discariche di Chiaiano e Terzigno, le comunità locali impediscono di fatto la soluzione del problema rifiuti in Campania.
Si tratterebbe, in pratica, di una forma degenerata di sindrome nimby (not in my back yard): tutti vorrebbero una soluzione del problema, ma ognuno s’oppone alla possibilità che il problema venga risolto nel proprio cortile.
E’ davvero questo il punto? Bisogna allora usare la forza per costringere i riottosi a cooperare?

UN PROBLEMA DI REPUTAZIONE

Perché le comunità locali si oppongono a qualsiasi intervento apparentemente risolutivo dell’’emergenza?
La risposta è che nessuno, direi a ragione, si fida.
Come in qualsiasi altro caso in cui non sia immediatamente verificabile la qualità del bene fornito, ciò che conta è la reputazione del fornitore; in questo caso la reputazione delle autorità che a vario titolo sono investite della responsabilità del problema. Queste si sono dimostrate incapaci di risolvere un’emergenza che dura ormai da quasi vent’’anni. Quando, costretto dal precipitare della situazione, è intervenuto il Governo, i rifiuti sono immediatamente spariti. Ciò, tuttavia, anziché stimolare la fiducia verso le autorità competenti, l’’ha depressa.
In questi anni, a Napoli, era comune la domanda: “ma dove l’’hanno messa l’’immondizia?”. Già, dove l’’hanno messa? Il sospetto che per far fronte all’’emergenza venissero utilizzati metodi poco ortodossi di smaltimento si è fatto strada, e la reputazione delle autorità ne è risultata vieppiù compromessa.
E’ chiaro che quando la controparte gode di una cattiva reputazione, la riluttanza ad accettare uno scambio sarà notevole. Se poi lo scambio si cerca di imporlo, la reazione sarà imprevedibile.
Se lo stesso Bertolaso ha ammesso che occorrono interventi per bonificare l’’area in cui sorge la prima discarica di Terzigno, ormai stracolma; se egli stesso indica nel termovalorizzatore di Acerra una possibilità per fare fronte, temporaneamente, all’’emergenza, è lecito o meno sospettare che in nome dell’’emergenza in quella prima discarica sia stato gettato di tutto? E’ lecito o meno sospettare che non si andrà tanto per il sottile quando si tratterà di bruciare un po’’ di rifiuti nel termovalorizzatore?
E’ lecita o meno, a questo punto, la posizione di chi si preoccupa della salute propria e dei propri figli, e non vuole che il problema di tutti sia risolto spargendo veleni nel cortile della propria casa?

SE DAVID HUME È UN CATTIVO CONSIGLIERE

In un articolo di recente pubblicato su Science, Sam Bowles (1) riconsidera la nota posizione espressa da Hume, secondo cui, nello stabilire un qualsiasi sistema di governo occorre partire dall’’ipotesi che ogni uomo sia un furfante e non abbia altro interesse che l’’interesse personale. Nella visione di Bowles, muovere dalla premessa che ogni uomo sia un furfante, disegnando le regole in conformità a questa premessa, conduce ad un esito opposto rispetto a quello che si vorrebbe conseguire. Si finisce cioè per incentivare comportamenti da furfanti. Nel caso specifico, si supponga che io mi convinca dell’’inutilità di richiedere il rispetto delle regole; potrei allora essere tentato di derogare alle regole anch’’io pur di addivenire ad una soluzione del problema, utilizzando poi la forza nei confronti di chi eccepisce l’’illegittimità della mia posizione, per imporre la soluzione prescelta; non è impensabile però che ciò scateni una reazione violenta.
Nel caso della discarica di Terzigno, la strategia attuata dal Governo, pressato da un’’emergenza principalmente frutto dell’’incapacità (ad essere benevoli) degli amministratori locali, ha fatto appunto perno su: rilevanti deroghe alle regole di salvaguardia ambientale e tutela del territorio (basti a questo proposito considerare  che l’’ulteriore discarica di Terzigno era situata all’’interno del Parco nazionale del Vesuvio, patrimonio dell’’umanità secondo l’’Unesco); l’’utilizzo massiccio dell’’esercito, giustificato dagli evidenti problemi di ordine pubblico connessi con la gestione dell’’emergenza.
Vi sono motivi per ritenere che tale strategia non poteva che mostrare evidenti limiti (2). Innanzitutto perché la soluzione definitiva del problema richiede necessariamente una diffusa quanto intensa cooperazione, che non può che  fondarsi su di un diligente rispetto delle regole. Ora, può il richiamo al rispetto delle regole essere efficace se il primo a non rispettare le regole è proprio il soggetto che fa il richiamo?
Il secondo motivo che doveva indurre a dubitare dell’’efficacia della strategia governativa è connesso ai problemi di reputazione richiamati in precedenza. Il sito individuato per la nuova discarica di Terzigno era già, dal 14 novembre 2009, presidiato dall’’esercito, così come l’’area della discarica di Chiaiano o quella in cui è installato il termovalorizzatore di Acerra. Tale circostanza di fatto impedisce il controllo pubblico rispetto a ciò che viene gettato in discarica, ovvero nel termovalorizzatore, alimentando il sospetto che per gestire l’’emergenza si sia disposti a sacrificare la salute di una parte della popolazione.
Se la fiducia accordata dai cittadini alle autorità investite del problema è condizione necessaria per la soluzione del problema stesso, occorre chiedersi come esse possano conquistarla.
In primo luogo sarebbe opportuna una modifica della strategia comunicativa. Affermazioni del tipo: “risolverò il problema in dieci giorni”, sono tali da ingenerare il dubbio che per salvaguardare la propria immagine l’’esecutivo non andrà tanto per il sottile nel delineare il piano necessario a fronteggiare l’’emergenza. Sembra banale, ma ciò sta contribuendo a creare notevoli tensioni presso il sito di stoccaggio di Giugliano e presso la discarica di Chiaiano, compromettendo l’’esito della strategia di breve periodo delineata da Bertolaso.
In secondo luogo, una volta che sia stato con onestà chiarito che la soluzione del problema richiede tempo, il governo dovrebbe farsi carico di indicare una data entro la quale saranno demilitarizzate le aree deputate allo smaltimento.  L’’utilizzo dell’’esercito, e la disponibilità ad inviare altri militari all’’occorrenza, va infatti nella direzione opposta a quella che sarebbe auspicabile fosse intrapresa; occorre aprire le porte, non chiuderle; invitare la gente a rendersi conto che si è capaci di gestire impianti che comportano solo un trascurabile impatto ambientale. E’ amaro doverlo riconoscere, ma quella data dovrebbe segnare il momento in cui, finalmente, si sarà ricondotto entro le regole lo smaltimento dei rifiuti in Campania. Quanto precede dovrebbe poi concordare con un’’azione volta a convincere i cittadini che la strategia di lungo periodo delineata dalle autorità competenti non è opaca come in effetti appare. Per ragioni di spazio mi limito a considerare solo una questione (3). E’’ opinione diffusa che in presenza di un’’efficace raccolta differenziata, da tutti ritenuta necessaria,  il solo termovalorizzatore di Acerra sarebbe sufficiente per le esigenze della provincia di Napoli, non rendendosi necessario un ulteriore termovalorizzatore, c.d. di Napoli Est, per la cui costruzione sarà a giorni pubblicato un bando di gara. E’’ lecito immaginare che nessuno impegnerebbe risorse in un investimento così specifico, il termovalorizzatore di Napoli Est appunto, se fosse davvero convinto che la raccolta differenziata sarà attuata? E’’ lecito sospettare che una volta effettuato l’’investimento vi saranno pressioni atte ad evitare che il termovalorizzatore di Napoli Est sia inutile?

(1) Bowles,S., 2010. Policies Designed for Self-interested Citizens May Undermine “The Moral Sentiments”: Evidence from Economic Experiments. Science 320, 605-609.
(2)E’’ istruttivo visitare il sito del Sottosegretario di Stato per l’’emergenza rifiuti in Campania , dove, tra le altre cose, si legge: “Questo sito è aggiornato al 31 dicembre 2009, data di conclusione del mandato del Sottosegretario di Stato per l’Emergenza Rifiuti in Campania e della fine dell’emergenza.”
(3)Un’’ulteriore questione, più generale, riguarda la necessaria quanto urgente riforma dell’’assetto normativo. La legge 26/2010 ha di fatto esautorato i comuni, attribuendo a costituende società provinciali competenze esclusive circa la raccolta dei rifiuti, lo smaltimento e la tariffazione a carico degli utenti. Vi sono motivi per ritenere dubbia la bontà del disegno normativo, soprattutto perché la presenza di un’’unica società a livello provinciale non consente che vengano adeguatamente premiati i cittadini (e le amministrazioni) dei comuni più virtuosi nell’’effettuare la raccolta differenziata; la presenza di un’’unica società provinciale espone poi il sistema ad un maggior rischio di infiltrazione della criminalità organizzata.

L’emergenza continua dei rifiuti campani *

A meno di due anni dall’approvazione del piano Bertolaso che avrebbe dovuto risolvere definitivamente l’emergenza rifiuti in Campania è scoppiata una nuova crisi. Perché? Non sono state individuate soluzioni condivise sulla localizzazione degli impianti. La realizzazione dei tre inceneritori e delle dieci discariche previste è in forte ritardo. I politici locali hanno interesse a cavalcare il malcontento dei loro elettori. Ora anche il presidente del Consiglio ha sconfessato il piano originario. Prevedibile che l’emergenza rifiuti si ripresenti entro breve tempo.

 

Come vengono utilizzati i soldi rimasti della legge 488/92?

Come noto, le risorse per finanziare gli “storici” strumenti di incentivo alle imprese (legge n. 488, legge “Sabatini”, crediti d’imposta per occupazione e investimenti, ecc.) sono da tempo finite. Rimangono solo quelle derivanti dalle revoche dei vecchi incentivi già accordati, per rinuncia o decadenza dal diritto dei destinatari. Fino a pochi anni fa, nessuno sapeva nemmeno a quanto ammontasse questo “tesoretto”. Una norma della Finanziaria 2008 (governo Prodi), aveva disposto l’accertamento annuale di tali risorse e la loro destinazione ad un apposito fondo destinato a finanziare una pluralità di interventi soprattutto nel Mezzogiorno.(1)
Il governo Prodi è caduto prima di poter dare attuazione alla norma, avendo avuto solo il tempo di accertare – con il previsto decreto ministeriale annuale – l’ammontare delle risorse liberate per il 2008 (785 milioni di euro). Il governo successivo (Berlusconi), prima ancora di adottare il decreto annuale di accertamento delle economie per il 2009, con il decreto-legge n. 5 del 10 febbraio 2009 ha dirottato quelle risorse – valutate in ben 933 milioni di euro – a copertura dei nuovi incentivi alla rottamazione e a correzione dei saldi. Il decreto annuale di accertamento delle economie per lo stesso anno è stato poi adottato solo il 28 febbraio, segnalando l’importo di 375 milioni di euro per il 2009. Nel luglio 2009, con la legge n. 99 il governo ha poi prescritto nuovi vincoli di utilizzo, soprattutto legati a interventi nel Centro-Nord.(2) Tutte scelte legittime, comunque, che riflettono cambiamenti di priorità in gran parte dal Sud al Nord.
Il 4 maggio 2010 si è però prodotto un fatto grave sul quale non ci risulta sia sin qui intervenuto il sistema istituzionale dei controlli, a presidio della legittimità e legalità dell’azione del Governo, a partire dalla Corte dei conti e dal Parlamento.

Il quasi-dimissionario ministro Scajola con un decreto pubblicato in Gazzetta ufficiale oltre quattro mesi dopo, il 17 settembre 2010 a ministero ancora “decapitato”, ha destinato le risorse disponibili a due finalità estranee a qualunque prescrizione vigente di legge. Dei 152 milioni di euro accertati, infatti, 48 milioni di euro sono stati attribuiti alla programmazione negoziata nelle aree del Centro-Nord e 50 milioni sono stati addirittura destinati all’industria bellica degli armamenti, attraverso il rifinanziamento di una legge del 1993 (legge n. 237/93) per la quale il legislatore aveva previsto una copertura finanziaria solo fino al 2001. Dei restanti 54 milioni di euro non si fa menzione esplicita, ma a questo punto è facile supporre che siano andati ai soli interventi – tra tutti quelli contenuti nei lunghi e vani elenchi compilati dal legislatore – che erano associati a precisi importi: 50 milioni all’emittenza televisiva locale, 2 milioni ai sistemi di illuminazione del Veneto e 2 milioni ai “sistemi delle armi” di Brescia (forse raggiunti anche dall’altro finanziamento).

CHIEDIAMO PERTANTO AL NUOVO MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO PAOLO ROMANI:

Può darci un rendiconto completo di come sono stati utilizzati i risparmi della legge 488 in questa legislatura? Ed è possibile che un decreto ministeriale rifinanzi una legge statale, in carenza assoluta di fondamento normativo?

 

(1) Programma nazionale per l’inserimento lavorativo dei giovani laureati meridionali; la riduzione del costo del lavoro per tecnici e ricercatori in favore delle imprese innovatrici in start up; il sostegno alla ricerca nel settore energetico; il riutilizzo di aree industriali nel Mezzogiorno; la costruzione di centri destinati a Poli di innovazione.
(2) Tra questi compaiono obiettivi generici – quali il sostegno all’internazionalizzazione e al Made in Italy, la “valorizzazione dello stile e della produzione italiana”, gli incentivi ai distretti industriali, ecc. – assieme a interventi puntualmente specificati, come il sostegno ai “sistemi produttivi locali delle armi di Brescia” e ai “sistemi di illuminazione del Veneto”, per i quali la legge indica addirittura gli importi (2 milioni di euro per ciascuno).

IL FAS? MEGLIO ABOLIRLO

L’unificazione della politica regionale comunitaria finanziata attraverso i fondi strutturali con quella nazionale finanziata dal Fondo per la aree sottoutilizzate non ha dato i risultati sperati. Occorre prendere atto che la capacità programmatoria e progettuale delle amministrazioni è limitata. E gli stanziamenti pluriennali non sono più un incentivo ad accelerare il processo di programmazione. Semmai contribuiscono a dirottare le risorse verso altre destinazioni. Meglio quindi rinunciare al Fas, nell’interesse delle stesse Regioni meridionali.

Pagina 7 di 12

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén