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Categoria: Moneta e inflazione Pagina 32 di 36

PIU’ ALTI I TASSI, PIU’ FORTI LE CRITICHE

La Bce rialza i tassi nonostante le pressioni dei politici europei. Perché cedere a quelle richieste equivarrebbe a una perdita netta di credibilità. Ma anche dai tecnici sono arrivate critiche. Eppure il modo migliore di condurre la politica monetaria è muovere i tassi oggi affinché le previsioni di inflazione da qui a 18-24 mesi appaiano in linea con determinati obiettivi. A condizione, però, che la banca centrale spieghi con chiarezza come e perché le sue decisioni di oggi influiscono sulla elaborazione delle previsioni stesse. Proprio quello che la Bce non fa.

UN BEL DAZIO ANTI-INFLAZIONE?

Il ministro dell’Agricoltura Luca Zaia, di fronte ad una platea amica a Mogliano Veneto (TV), ha lanciato la sua idea: ci vorrebbe un dazio europeo per aumentare la produzione agricola interna, difendere il mercato dei prodotti agricoli e, in tal modo, combattere l’aumento dei prezzi dei cereali. Non ci posso credere, direbbe Aldo del popolare trio Aldo, Giovanni e Giacomo. L’inflazione in giugno ha raggiunto il 3,8%, mai così alta da 12 anni. Pane e pasta hanno contribuito a questo aumento rispettivamente con un +13% e +22% annuo. E il ministro, non contento di ciò che passa il mercato mondiale di questi tempi, vuole anche tassare le importazioni di cereali. E’ vero che una tassa sulle importazioni, dicono i libri di economia, favorisce i produttori interni a discapito di quelli esteri. Ma lo fa a discapito del benessere complessivo dell’economia perché incoraggia produttori forse italiani ma certamente inefficienti. E lo fa togliendo i soldi dalle tasche dei consumatori. A giudicare dai dati sull’inflazione, gli italiani con i problemi più grossi per arrivare alla fine del mese sono i consumatori, non i produttori, tanto meno i produttori di cereali che continuano a godere dei supporti di reddito garantiti dalla Politica Agricola Comune dopo la riforma del 2003. Almeno la Robin Tax di Tremonti è una tassa sui profitti che non aumenta i costi di produzione e quindi di per sé potrebbe non essere trasferita sui prezzi finali (anche se sulla benevolenza di petrolieri e banchieri sarebbe meglio non fare conto). Ma un dazio sulle importazioni di grano, no: aumenterebbe di sicuro i costi e sarebbe trasferito pari pari su più alti prezzi dei cereali, del pane e della pasta. Ministro Zaia, non sarebbe meglio ripensare alla sua idea ed evitare così di far piovere sul bagnato?

CHI PIANGE SULL’EURO FORTE*

La rivalutazione della moneta europea è un problema per gli esportatori che devono ridurre i margini. Ma è una buona notizia per i consumatori. O almeno per gli importatori dai paesi dell’area dollaro, che realizzano grandi guadagni. D’altra parte, ben più delle banche centrali sono i mercati finanziari a dettar legge sui tassi di cambio. Ed è bene che sia così. Perché nessuno sa quale sia il giusto livello del dollaro. Tanto meno quei governi che ascoltano troppo chi oggi piange e troppo poco chi ride.

BAGEHOT HA ANCORA RAGIONE*

Le banche centrali sono intervenute in modo corretto nella crisi finanziaria di questi mesi? Hanno svolto la funzione di prestatori di ultima istanza, permettendo l’accesso al credito a banche e istituti finanziari che non ne ottenevano più sul mercato interbancario. Ma gli aiuti di oggi possono provocare effetti perversi e guai maggiori in futuro. La sfida è trovare il giusto equilibrio tra il mantenimento della stabilità oggi e l’imposizione della disciplina in futuro.

2015: FUGA DAL DOLLARO

Entro dieci anni l’euro potrebbe sorpassare il dollaro quale valuta internazionale di riferimento. La moneta europea è uno sfidante credibile perché ha dimostrato di essere una migliore riserva di valore rispetto a quella americana e perché Eurolandia è grande pressappoco come gli Stati Uniti. Ma il cambiamento non avrebbe conseguenze solo economiche. Rilevanti sono anche le implicazioni geopolitiche. E fanno pensare alle vicende della sterlina nel corso della crisi di Suez.

SE IL PETROLIO ACCENDE L’INFLAZIONE

Perché il prezzo del petrolio continua a salire? La crescita economica di Cina, India e Vietnam ha determinato un forte rialzo della domanda. Non solo. Anche il mercato del greggio ha gradatamente, ma radicalmente mutato le sue caratteristiche strutturali. E le fluttuazioni dei prezzi rappresentano un’occasione di investimento finanziario. In più c’è la debolezza del dollaro. L’euro forte ha finora attenuato l’impatto sui prezzi interni. Ma i rischi di inflazione restano alti.

AZIONI PER IL LUNGO PERIODO

Si discute molto in questo periodo della crisi che sta attraversando i mercati finanziari. Proponiamo un grafico che mostra il valore attuale di un dollaro investito nel 1800 in diversi strumenti finanziari e nell’indice dei prezzi al consumo (CPI). Come si può notare un dollaro investito nel 1800 in azioni (Stocks) varrebbe oggi ben 8 milioni di dollari, mentre un dollaro investito nell’indice dei prezzi al consumo dopo 200 anni varrebbe solo 15 dollari.

Fonte: Siegel: Stocks for the Long Run, 3rd edition (New York: McGrew Hill, 2002)

TRE MOTIVI PER TEMERE L’INFLAZIONE

Sempre più insistenti in molti paesi i segnali di una ripresa inflazionistica. Con Stati Uniti e Fed accusati di soffiare sul fuoco. Ci sono almeno tre argomenti per ritenere che l’attuale fiammata sia potenzialmente pericolosa: rivendicazioni salariali, prezzi delle commodities, crisi finanziaria e reddito potenziale. In ogni caso, però, il ruolo che le banche centrali possono svolgere, nel bene e nel male, è fondamentale: per la loro capacità o imperizia nell’influenzare la relazione tra inflazione corrente e aspettative di inflazione.

ASPETTANDO UN EURO PIU’ DEBOLE *

Oggi l’euro è forte, ma tornerà a deprezzarsi. Quando? Probabilmente, abbastanza presto. L’amministrazione Bush sembra correre ai ripari sul disavanzo pubblico. E con la crisi del mercato immobiliare le famiglie americane riscoprono il risparmio. Per accelerare l’indebolimento dell’euro, la Bce potrebbe abbassare i tassi d’interesse. Ma la Banca teme a ragione l’impatto dell’aumento del prezzo del petrolio sull’inflazione. Se la recessione si espande, però, la quotazione del greggio si abbasserà. E il provvedimento sarà di nuovo all’ordine del giorno.

LA SCARSA FIDUCIA FA CRESCERE L’INFLAZIONE

Perché i consumatori percepiscono un’inflazione molto più elevata della realtà? Una recente ricerca mostra che nella media del periodo febbraio 2003-settembre 2007, quella percepita dagli italiani è stata del 23,7 per cento annuo. I consumatori sembrano aver sofferto negli ultimi anni di una sorta di disillusione monetaria, imputando una crescita insoddisfacente del potere d’acquisto, legata al più generale ristagno del reddito e della produttività, a un aumento abnorme dei prezzi. Che tuttavia non ha alcun riscontro nei dati ufficiali.

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