Perchè l’Antitrust sia efficace, deve essere autorevole e indipendente. La nuova Antitrust nasce debole in partenza. Cosa di cui si avvanteggerà chi detiene posizioni di monopolio nei servizi. Sono molti i segnali che fanno ritenere conclusa la stagione che ha visto l’Italia protagonista a livello internazionale nella tutela della concorrenza. Dato che sono in scadenza altre autorità , bene affrontare subito il problema. E’ un problema di regole di nomina e di competenze. Il potere di nomina potrebbe essere affidato al Parlamento, per garantire nomine condivise da maggioranza e opposizione. Gli interventi di Gustavo Olivieri, Roberto Perotti, Michele Polo e Francesco Silva.
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In Italia la difesa della concorrenza non è un principio sancito dalla Costituzione, come è invece il caso nell’Unione europea. Il principio è garantito dall’indipendenza attribuita all’Autorità di vigilanza con legge ordinaria. Ma perché questa indipendenza venga tutelata, il valore della concorrenza dovrebbe essere assunto come principio condiviso dalla politica. Questo non accade nel nostro paese e si spiegano così molte delle difficoltà attuali dell’economia. Non esistono soluzioni tecniche. Piuttosto, si deve ricorrere all’arte della persuasione.
L’agenda di eventi importanti in materia di cooperazione internazionale e di aiuti allo sviluppo si presenta molto ricca per il 2005. Al centro il dibatitto sulle sorti del continente africano, come ha ripetutamente dichiarato il governo di Tony Blair che vuole porre il tema della povertá e dello sviluppo dellÂ’Africa in cima ai temi del prossimo G8. E lÂ’Italia come si colloca all’interno dei dibattiti che si stanno alimentando a livello internazionale? Non molto bene, sia a livello intellettuale che nella pratica dei fatti.
In un recente passato negli Stati Uniti erano i repubblicani a ritenere un valore il pareggio di bilancio. Oggi lÂ’ortodossia fiscale è una bandiera dei democratici. E infatti il risultato dei tagli alle tasse dei più ricchi voluto da Bush è un deficit altissimo. Il problema però non è tanto la spesa in disavanzo, ma la forma scelta dall’amministrazione americana, che indebolisce la forza economica del paese nel lungo periodo. Mentre altre e più costruttive alternative avrebbero messo le basi per una più solida crescita futura.
La necessità di aumentare i contributi allo sviluppo ha aperto il dibattito sulle cosiddette fonti innovative di finanziamento. Accanto alle tradizionali “tasse globali”, la proposta più interessante è quella britannica della International Finance Facility, basata su un meccanismo di cartolarizzazione dei flussi futuri di aiuto. Ma non mancano i dubbi. Soprattutto, perché i paesi industrializzati dovrebbero impegnarsi di più, se le difficoltà politiche non sono poi molto diverse da quelle che frenano gli aiuti diretti?
Le nomine all’antitrust suscitano indignazione. Hanno sancito che il termine “professionalità ” è svuotato di ogni significato. E dobbiamo chiederci come le istituzioni di questo paese possono essere difese da interpretazioni sconcertanti delle norme.
Le fluttuazioni nei tassi di cambio determinano trasferimenti di ricchezza tra paesi impensabili fino a qualche decennio fa e il riequilibrio della bilancia corrente americana richiede un deprezzamento del dollaro che appare solo iniziato. Quale politica dovrebbero adottare le autorità monetarie? Interdipendenze finanziarie di così grande scala suggeriscono un coordinamento delle politiche monetarie e di cambio. Ma interventi sistematici sembrano difficili in mercati finanziari altamente reattivi. Luca Paolazzi commenta l’intervento; la controreplica dell’autore.
In democrazia è cruciale sapere se esiste una distorsione nel sistema dei media perché è attraverso questi che i cittadini ricevono le informazioni che contribuiscono poi a formare le loro opinioni e il loro voto. Negli Stati Uniti una metodologia elaborata per misurare questa distorsione mostra che, a parte rare eccezioni, grandi giornali e network televisivi hanno un “pregiudizio” più o meno pronunciato pro-liberal. Sarebbe interessante applicare questo metodo al sistema dellÂ’informazione in Italia. Ma per importarlo anche da noi, mancano del tutto i presupposti. Riccardo Puglisi propone un altro metodo per misurare le distorsioni dei media.
La coesione tra le parti del sistema può costituire la risorsa decisiva per uscire dalla crisi. Mentre nuvoloni neri si addensano sull’economia italiana già provata da anni di declino, lÂ’unica via di salvezza sembra essere quella di una intesa tra i protagonisti del sistema basata su regole condivise e sulla fiducia reciproca. L’augurio è che Confindustria e sindacati sappiano ritrovare la spinta per una grande scommessa comune sul futuro del paese.
La riforma fiscale rafforza la tendenza a utilizzare la via fiscale come strumento principale di politica della famiglia e di sostegno ai redditi più modesti, mostrando tutti i limiti di questa scelta. E tra nuova Ire e Finanziaria, niente si dice della riforma degli ammortizzatori sociali, che avrebbe dovuto accompagnare la legge Biagi. Né del Rui, reddito di ultima istanza. L’Italia rimane così, con la Grecia, l’unico paese dell’Europa a quindici a non avere una misura di garanzia del reddito per i poveri, tra i quali ci sono anche molti minori.