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Il fisco e le donne

La riduzione fiscale a vantaggio delle famiglie con figli dovrebbe essere al centro della riforma fiscale. Più che una riduzione generalizzata delle aliquote, serve un misura permanente che incentivi la partecipazione femminile alla forza lavoro e la natalità. Per esempio attraverso una imposta negativa: una detrazione fiscale condizionata alla presenza di figli, a un reddito congiunto al di sotto di un limite da definirsi e al fatto che entrambi i componenti della coppia siano occupati.

La Scala e lo struzzo

Quanto si è speso per l’operazione di restauro e ristrutturazione della Scala? Non è dato saperlo con precisione. Dovrebbe trattarsi di una cifra tra i 100 e i 150 milioni di euro. Pagati quasi interamente dai contribuenti, mentre La Scala è utilizzata quasi esclusivamente dai ceti più abbienti. Non si poteva quindi far contribuire maggiormente coloro che fruiranno del nuovo teatro? Bene, in ogni caso, non ignorare il problema nascondendo la testa sotto la sabbia.

L’Europa e la disuguaglianza

Il processo di integrazione sociale europeo, varato a Lisbona, registra grandi progressi, soprattutto nella capacità di misurare e analizzare i fenomeni della povertà e della disuguaglianza. Timidi miglioramenti si sono avuti anche nei tassi di povertà e nei livelli di disuguaglianza. Rimane tuttavia molto lavoro da fare: ancora troppi cittadini europei vivono in condizioni di disagio. E nuovi fenomeni, come la povertà dei bambini e degli occupati, meritano di essere affrontati rapidamente e con efficacia.

L’Ire del centrosinistra

Con un onere per la finanza pubblica pari a quello dell’emendamento governativo, la proposta del centrosinistra su Ire e trasferimenti monetari alle famiglie ha effetti distributivi di segno opposto, con benefici più accentuati per i redditi bassi e decrescenti in modo abbastanza regolare all’aumentare del reddito. Ha anche effetti di incentivo al lavoro e all’emersione. Soprattutto, è ben chiaro l’obiettivo da raggiungere: liberare risorse di bilancio per curare le basi strutturali della crescita e per rafforzare il sistema di welfare.

Redistribuire: sì, ma come?

La riforma fiscale del Governo e la proposta alternativa del centrosinistra non sembrano tenere conto di tre principi fondamentali. La redistribuzione si fa anche sul lato della spesa e non solo su quello del prelievo. In alcuni casi, come quello dei più poveri, si può fare solo sul lato della spesa. Un sistema che redistribuisce fortemente sul lato della spesa, può redistribuire di meno sul lato del prelievo e viceversa. Infine, la progressività di un sistema fiscale si misura sul complesso dei tributi e contributi, non solo sull’imposta sulle persone fisiche. Vincenzo Visco commenta l’articolo; la controreplica degli autori. Il mancato commento all’articolo da parte di Ermanno Gorrieri, scomparso da pochi giorni.

La Commissione e il Patto. Ovvero il cane che non riuscì ad abbaiare

La discussione sul Patto di Stabilità non può prescindere dalla considerazione che gli attuali e futuri cambiamenti demografici rendono oggi ancor più necessario che in passato il consolidamento delle finanza pubblica. E dunque i vincoli vanno rafforzati e non allentati. Rispetto al potenziale di crescita odierno infatti il limite del 3 per cento appare fin troppo generoso. Le proposte della Commissione invece rischiano di minare la disciplina fiscale. Anche il concetto di “circostanze eccezionali” legate alla bassa crescita andrebbe rivisto alla luce delle attuali condizioni.

La golden rule che serve all’Italia

La regola aurea, invocata da molti ministri del Governo, va associata a condizioni decisamente più stringenti sulla dinamica del debito di quelle previste dal Patto di Stabilità. Richiede infatti che il rapporto debito-Pil non cresca nel periodo di riferimento, anzi decresca in modo più pronunciato per i paesi più indebitati. Forse, allora, è proprio quello di cui ha bisogno la finanza pubblica italiana: una regola sul debito che ne vincoli ogni ulteriore crescita, ne forzi una rapida diminuzione e ci metta al riparo dalla ritorsione dei mercati.

Sei priorità per il Patto

Evitare politiche pro-cicliche in fasi di alta crescita, migliorare la definizione degli obiettivi di bilancio a medio termine, rendere più “operativo” il criterio del debito, attuare riforme strutturali e migliorare la governance sono le questioni da affrontare per la revisione del Patto di Stabilità e crescita. La difficoltà sta nel coniugare due aspetti: mantenere intatto un sistema di sorveglianza multilaterale basata su “regole” e aumentare la razionalità economica delle regole stesse attraverso un maggiore esercizio della discrezionalità.

Niente di nuovo sotto il Patto

Per valutare le proposte di revisione del Patto di Stabilità e Crescita, è necessario comprender la ratio storica del Patto stesso: essenzialmente, esso fu concepito come uno strumento per eliminare le mele marce, cioè paesi con politiche economiche fuori controllo. I vincoli imposti sono certo arbitrari, e le regole hanno costi. Ma anche un innegabile vantaggio: offrono a cittadini, sindacati e aziende uno scenario stabile e prevedibile. Le proposte attualmente in discussione hanno una loro motivazione, ma in pratica aumenteranno l’ incertezza del quadro di politica economica e il contenzioso fra paesi. E allentare una regola ogni volta che qualcuno si lamenta aprirà la strada a nuove richieste di allentamento alla prossima difficoltà.

Il telefono, la tua bolletta

E’ giusto chiedersi se la liberalizzazione delle telecomunicazioni abbia arrecato effettivi benefici ai consumatori finali. Andrea Gavosto contribuisce alla discussione aperta da Carlo Cambini rilevando che i dati sulle tariffe telefoniche apparsi su lavoce.info non tengono conto dei cosiddetti “pacchetti tariffari”. Nella sua controreplica, l’autore ricorda che lÂ’analisi si proponeva di valutare lÂ’impatto del processo di liberalizzazione e non delle strategie tariffarie dei singoli operatori.

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