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Alitalia: bene così, ma non facciamoci illusioni

Sembra ormai vicina ad una soluzione la crisi Alitalia. Tuttavia, non è ancora tempo per nutrire facili illusioni, come sottolinea Carlo Scarpa  (Alitalia: bene così, ma non facciamoci illusioni).  Ricostruiamo  la dinamica della crisi nel corso degli ultimi mesi con interventi di Francesco Cavalli, Francesco Gazzoletti e Daniele Nepoti  (Come si dice Malpensa in cinese?), Andrea Goldstein (Per Alitalia, guardiamo all’estero), Marco Ponti (Vola solo il deficit e Alitalia: un’Italia senza ali), Carlo Scarpa, (All’Alitalia serve chiarezza), Mario Sebastiani (Perchè Alitalia resta a terra).

Give pc a chance

Prima di rifinanziare i progetti di incentivazione alla diffusione della cultura informatica tra i giovani italiani, andrebbero valutati i risultati ottenuti con le iniziative già attuate. L’effetto di alfabetizzazione addizionale sembra infatti aver riguardato solo il 3 per cento dei sedicenni. Se invece gli incentivi fossero assegnati casualmente a persone “simili”, non solo per età, ma anche per background familiare e livello di istruzione, l’eventuale variazione delle abilità informatiche potrebbe essere ascritta più rigorosamente alla partecipazione al programma.

Una riforma in progress

LÂ’occupazione è in leggera crescita e non sembra essersi verificata la crisi delle collaborazioni autonome. Ma la normativa non sembra essere riuscita a scremare le collaborazioni fasulle. Né si sono avuti risultati nell’emersione del sommerso. Restano da definire ammortizzatori sociali e regime previdenziale adatti ai lavoratori precari e un nuovo quadro delle tutele. Va dunque perfezionato in ogni sua parte un progetto di regolazione del mercato del lavoro, adeguato alle nuove sfide della competitività e del rilancio del paese.

Un anno di Legge Biagi

La diversificazione dei modelli contrattuali non è riuscita a stimolare l’offerta di lavoro. Nella riforma gli strumenti di lotta allÂ’esclusione sociale si sono confusi con quelli finalizzati a conciliare la domanda di flessibilità delle imprese con la tutela dei lavoratori. Meglio sarebbe allora lasciare alla contrattazione collettiva la facoltà di decidere in quali casi, a quali condizioni e entro quali limiti è lecito, per i singoli lavoratori e per i singoli datori di lavoro, contrattare individualmente condizioni di lavoro adatte alla situazione specifica.

Nuovi lavori e nuovi numeri

Nell’ultimo anno il mercato del lavoro ha creato 163mila nuovi posti, un dato significativo soprattutto alla luce della bassa crescita economica. Crescono soprattutto i posti nei settori dove è concentrata la forza lavoro immigrata.  Tuttavia, ci allontaniamo dagli obiettivi di Lisbona (contano se vogliamo chiudere il divario di reddito con gli Stati Uniti) perché il tasso di occupazione è sceso al 57,5 per cento. La disoccupazione cala principalmente per fattori demografici. Nessuna informazione purtroppo è ancora disponibile sullo stato di attuazione della Legge Biagi.

L’attuazione del decreto

Il Dpcm di attuazione contiene alcuni errori e imprecisioni. Nel riparto della quota riservata a compensare le Regioni più piccole per la maggiore incidenza dei costi fissi sui loro bilanci. Nel calcolo della capacità fiscale, poi, è stato utilizzato il gettito effettivo e non standardizzato, inficiando così le proprietà incentivanti del modello. E sorge il sospetto che l’importo della spesa sanitaria riconosciuta per il 2002 sia frutto di un negoziato. Proprio quello che il decreto 56/2000 voleva eliminare.

Riflettendo sul decreto 56/2000

Molte le difficoltà nell’attuazione del decreto che istituiva un meccanismo automatico di perequazione nella distribuzione delle risorse alle Regioni. In vista del federalismo fiscale prossimo venturo, bisogna allora ricordare che il trasferimento di funzioni, la determinazione delle spese da sopprimere sui bilanci dei singoli ministeri, il computo dei finanziamenti necessari e delle regole di perequazione richiede una struttura centrale forte e tecnicamente ben attrezzata.

Attacco al metodo contributivo

Opportunamente modificato, il modello contributivo delineato nel 1995 può assicurare a regime equità ed equilibrio finanziario al sistema previdenziale italiano. Con la riforma varata a luglio, invece, il Governo ha fatto altre scelte. Gravi soprattutto la rinuncia all’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione previsto per il 2005, la perdita di flessibilità nelle scelte di pensionamento e il disallineamento nel trattamento di donne e uomini.

Gordon Brown all’italiana

Metodo inglese per la prossima Finanziaria italiana. In realtà, in Gran Bretagna si lavora con un’ottica pluriennale, e i piani di spesa non sono fatti sulla base di percentuali di crescita uniformi, che rischiano di essere inapplicabili, come invece avviene in Italia. La discussione se utilizzare come base di riferimento il bilancio tendenziale o il pre-consuntivo è poi un falso problema. Servirebbe piuttosto un approccio integrato che tenga conto di tutte le informazioni disponibili, sul passato e sul futuro.

Un prestito poco vantaggioso

Il superbonus contributivo concesso ai lavoratori dipendenti del settore privato che continuano a lavorare dopo aver raggiunto i requisiti per la pensione d’anzianità è come un prestito. Si ottiene una busta paga più pesante che dovrà poi essere ripagata con pensioni più basse di quelle cui si avrebbe avuto diritto continuando a versare i contributi. Il problema è che il tasso a cui viene concesso questo prestito non è affatto vantaggioso. E chi si rendesse conto dell’errore, non potrà tornare sui suoi passi.

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