Riproponiamo per i lettori de lavoce.info i contributi già apparsi sul caso Parmalat di Giovanni Ferri (Una crisi invisibile dalla Centrale), Lorenzo Stanghellini (Cos’è il “decreto Parmalat”), Carmine Di Noia e Stefano Micossi (Come riordinare i controlli), Galeazzo Scarampi (Una Alstom Padana), Carlo Scarpa (L’11 settembre di provincia), Francesco Vella (Le qualità di unÂ’Authority), Luigi Zingales (Se l’onestà non paga)e Andrea Goldstein (Piangendo sul latte versato)
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Il ministero dell’Economia ha ceduto alle Fondazioni bancarie quote della nuova Cassa depositi e prestiti per un miliardo di euro. L’investimento ha un rendimento minimo garantito ed è previsto il diritto di recesso: le azioni privilegiate acquistate dalle Fondazioni appaiono così strumenti di debito più che quote partecipative. Quello scelto dal Governo è un modo rapido per ricapitalizzare la Cassa, in vista di una successiva privatizzazione. Ma sarebbe stato meglio vendere sul mercato parte delle partecipazioni dello Stato nelle imprese pubbliche.
Difficoltà di finanza pubblica, vincoli internazionali e innovazioni finanziarie richiedono interventi per garantire e migliorare la trasparenza dei conti pubblici. Va risolta la discrasia oggi esistente tra i principi contabili nazionali e i principi contabili europei e va disaggregata per componenti la contabilità di cassa del settore statale. I nuovi interventi sul patrimonio statale, ottenuti spostando attività e oneri di finanziamento su enti definiti come esterni al settore pubblico, richiedono invece l’elaborazione puntuale di conti patrimoniali per il settore pubblico.
La chiamano nettizzazione. Significa che di soldi nelle casse del Tesoro non ne arrivano, ma che si scambiano debito e patrimonio. I primi risultati sull’andamento dei conti pubblici nel 2003 indicano che il rapporto tra debito pubblico e Pil migliora, ma a costo della trasparenza dei conti pubblici. Mentre la sessione di bilancio per il 2004, appena conclusa, sembra aver segnato una profonda modifica dell’equilibrio dei poteri tra Governo e Parlamento. Si sta andando verso la non emendabilità della manovra di finanza pubblica? Non sembra una strada promettente per migliorare la qualità delle decisioni di bilancio e dell’informazione disponibile per l’opinione pubblica.
La promessa di portare tutte le pensioni basse ad almeno un milione al mese rischia di rivelarsi un boomerang per migliaia di pensionati. E molti altri, pur poveri, non possono ottenere l’integrazione. Qui si mostra come l’assenza di un approccio sistematico e non categoriale ai problemi della povertà crei nuove divisioni e nuove ingiustizie.
Con il decreto pre-natalizio è stata introdotta una variante accelerata alla normativa sull’amministrazione straordinaria delle grandi imprese. I pochi cambiamenti sono per lo più concentrati nella fase di avvio della procedura. Non convincono il rafforzamento dei poteri del ministro né la limitazione dell’applicazione alle grandissime aziende, ma il decreto non è di per sé un salvataggio né un aiuto di Stato. È invece il frutto della mancanza di una riforma generale e un’occasione perduta per ampliare la gamma degli strumenti di soluzione delle crisi.
Sotto l’albero di Natale abbiano trovato l’ennesima legge ad hoc varata per sanare ex-post situazioni di crisi, il decreto Parmalat, e la proroga del
condono fiscale ai redditi del 2002. Confermano l’immagine di un paese in cui le regole esistono solo per essere disattese. Per far fronte alla diffidenza degli investitori esteri spaventati dalla truffa consumatasi in quel di Collecchio e per ridurre l’incertezza servirebbero, invece, regole credibili. Per far sì che vengano rispettate bisogna cominciare a premiare chi ne denuncia le violazioni. E informare sulle situazioni in cui vi è meno trasparenza. Cercheremo di dare, con il vostro aiuto, il nostro contributo nel 2004.
La tradizionale suddivisione delle competenze di vigilanza per soggetti è poco funzionale nei mercati finanziari sviluppati. In molti paesi, la scelta è stata dunque tra il regolatore unico e la divisione dei poteri di controllo tra due distinte autorità . L’Italia ha mantenuto finora un apparato ibrido e la necessaria riforma può arrivare sull’onda della crisi Parmalat. Il modello a due autorità sembra il più adatto al nostro paese, ma non è sufficiente per tutelare i risparmiatori. Serve un ampliamento dei poteri di intervento e sanzionatori, cui deve però corrispondere una più forte trasparenza dei processi decisionali.
La Parmalat è un’ottima azienda messa in crisi dalla “speculazione finanziaria”: è il concetto che giustifica l’intervento del Governo, ma è probabilmente solo una favola. In realtà , Parmalat ha distrutto valore e ricchezza per anni ed è stata tenuta in piedi solo dalla finanza e dalle banche. Poco appetibili e certo non di interesse nazionale anche le attività industriali. Così il decreto varato alla vigilia di Natale prosegue su una pessima strada e contribuisce a minare il poco credito di cui ancora godono le imprese italiane sui mercati internazionali
Un intervento di riordino del sistema di vigilanza e controllo sui mercati finanziari non è più rinviabile. Un nuovo modello di regolamentazione coerente con il nostro ordinamento e praticabile senza eccessive discontinuità istituzionali, è quello per finalità . Deve essere garantita l’indipendenza delle diverse autorità , ma queste risponderanno al Parlamento della realizzazione degli obiettivi fissati. Passi ulteriori verso il regolatore unico non sembrano praticabili né auspicabili.