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Premierato e poteri di veto

Si discute molto dei poteri attribuiti al primo ministro, ma i veri difetti della proposta del governo non sono nei pesi, quanto nei contrappesi, nel mancato rafforzamento delle garanzie e nello statuto dell’opposizione. Se al premier non viene riconosciuto il potere di scioglimento anticipato, si rafforzano, invece di ridurli, i poteri di veto dei partiti minori all’interno delle coalizioni. Tanto più che la norma antiribaltone li rende determinanti per la sopravvivenza della maggioranza. Seri problemi anche per il Senato, che sembra orientarsi verso una composizione mista.

Patto di Stabilità, i risultati del sondaggio

Molti gli iscritti alla newsletter che hanno risposto alle nostre domande sul futuro del Patto di Stabilità e crescita. La grande maggioranza propende per una modifica delle regole fiscali dell’Unione. Che dovrebbe escludere le spese per investimento dal vincolo del deficit oppure concentrare l’attenzione sul debito piuttosto che sul disavanzo anno per anno. E ad applicare le nuove regole dovrebbe essere la Commissione.

Al ritmo del flamenco

Risolta, forse, la questione del numero dei membri della Commissione, resta il problema delle regole di voto per le decisioni a maggioranza qualificata nel Consiglio. La Spagna si oppone con forza alla soluzione proposta dalla Convenzione. Ma un fallimento della Conferenza intergovernativa non sarebbe un vantaggio per nessuno, tanto meno per l’Europa intera. Per uscire dall’impasse perché non considerare l’ipotesi di far valere la minaccia di una Unione a due velocità? Un’integrazione più forte tra i paesi disposti a firmare subito la Convenzione e una più blanda per gli altri.

Libertà di scelta per ridurre l’incertezza

Per molte carriere retributive è prevedibile che la riforma del 1995 comporterà una drastica diminuzione del tasso di sostituzione tra pensione e ultima retribuzione. Ma il lavoratore italiano non dispone oggi di alcuna informazione sulla sua situazione contributiva ed è abbandonato all’incertezza. Una condizione da risolvere al più presto, altrimenti il passaggio al contributivo sarà traumatico. In realtà, sarebbe possibile eliminare l’incertezza sul grado di copertura della pensione futura consentendo ai lavoratori di integrare volontariamente la contribuzione al sistema pubblico.

Un portafoglio diversificato per la pensione

L’impatto delle riforme previdenziali degli anni Novanta è analizzato attraverso proiezioni aleatorie e focalizzate principalmente sulla riduzione del tasso di sostituzione del primo pilastro. Mentre il futuro previdenziale dei lavoratori dipenderà dall’andamento del Pil italiano e dai rendimenti dei fondi pensione integrativi. E se gran parte del reddito è investito in Italia nel primo pilastro, il principio della diversificazione suggerisce che per il secondo sarebbe meglio pensare a investimenti sui mercati esteri.

La strada dei prestiti contributivi

I problemi del sistema previdenziale italiano non saranno risolti dall’intervento proposto dal Governo. È invece possibile seguire una strada diversa, in grado di affrontare due questioni cruciali: completare il processo avviato negli anni Novanta e ridare coerenza all’intero sistema, dopo le riforme del mercato del lavoro. Senza intaccare l’impianto contributivo, se ne potrebbe sfruttare la flessibilità. Ad esempio, per continuare a garantire la possibilità di anticipare la pensione o per integrare la storia contributiva di lavoratori con carriere discontinue.

Ciò che manca al confronto

Le simulazioni effettuate da di Tito Boeri e Agar Brugiavini  indicano che una riforma delle pensioni più graduale, ma che partisse subito, sarebbe più equa e otterrebbe risparmi maggiori dell’ultima proposta governativa. 

Un provvedimento “inflessibile”

L’emendamento governativo tende a vietare, piuttosto che a scoraggiare, le pensioni di anzianità. A compromettere gli equilibri del sistema previdenziale non è tuttavia il pensionamento flessibile in quanto tale, bensì la mancata previsione di correttivi attuariali che consentano di far pagare il pensionamento anticipato a chi lo sceglie. Mantenere la flessibilità del pensionamento avrebbe oltretutto permesso alle imprese di conservare un importante strumento di gestione degli esuberi.

Il mercato e le sanzioni

I mercati non hanno punito le violazioni al Trattato di Maastricht da parte di Francia e Germania. Ma non si tratta di unÂ’autorizzazione generalizzata a interpretazioni flessibili delle regole. Perché a non rispettarle sono stati due paesi dai fondamentali fiscali storicamente stabili, la situazione è percepita come transitoria e l’avversione al rischio sui mercati è in questa fase particolarmente bassa. LÂ’atteggiamento dei mercati sarebbe probabilmente diverso se protagonisti e situazioni fossero altri.

Non c’è euro senza Patto

Il dibattito post-Ecofin dovrebbe concentrarsi esclusivamente sulle ipotesi di riforma del Patto di Stabilità e non metterne in discussione l’esistenza e la filosofia. È infatti un architrave della costruzione monetaria e alterarne la credibilità significa assumersi la responsabilità di mettere in discussione il futuro stesso della moneta unica. Come dimostrano anche le preoccupazioni espresse dalla Bce.

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