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Un anno vissuto pericolosamente

È stato un anno vissuto pericolosamente. Adesso possiamo dirlo: quando, il 4 luglio 2002, abbiamo messo in rete lavoce.info, non eravamo affatto sicuri di durare più di tre mesi. Temevamo di non riuscire a raccogliere sufficienti contributi scritti da poter aggiornare regolarmente il sito. Puntavamo a raggiungere, al massimo, un pubblico di un migliaio di lettori, ma non eravamo affatto sicuri di farcela…

La chimera del digitale terrestre

Una innovazione importante, che rappresenta il futuro della televisione. Ma rispettare l’obiettivo del 2006 per il passaggio al digitale sembra difficile e in ogni caso gli effetti sulla concorrenza nel settore meno dirompenti di quanto ipotizzato. Perché i consumatori acquisteranno i nuovi apparecchi solo se l’offerta di programmi sarà adeguata, mentre per gli operatori si prospetta un lungo periodo di transizione dai rischi elevati e i ricavi incerti.

Servizi finanziari, mancano ancora le regole essenziali

Inspiegabilmente dimenticata dal Trattato di Maastricht, l’armonizzazione delle legislazioni sull’industria finanziaria procede tra resistenze (soprattutto della City), accelerazioni e difese di interessi nazionali. Ma se l’obiettivo è assicurare una maggiore concorrenza nell’industria finanziaria a beneficio dei consumatori, diventa cruciale trovare un accordo sui requisiti di trasparenza nella formazione dei prezzi.

Perché l’università torni alla ricerca

Servono centri di eccellenza con più ricercatori e più giovani, finanziati attraverso un sistema di distribuzione dei fondi pubblici sul modello inglese. E il riconoscimento della distinzione tra “research” e “teaching universities”. Evitando le relazioni troppo strette con l’industria che impediscono l’esplorazione di opportunità radicalmente nuove. Se l’accademia fa bene il suo mestiere, sono le imprese stesse che si preoccupano di costruire con i ricercatori legami proficui per entrambi.

Ma il pubblico non ha colpe

La spesa del settore pubblico per R&S è sullo stesso livello degli altri Paesi. Mancano invece gli investimenti privati e in particolare quelli dell’industria manifatturiera. I motivi? Imprese troppo piccole, che operano in settori a scarso contenuto tecnologico, oltre al basso livello di istruzione della forza lavoro. La soluzione non è allora nei generosi incentivi ai privati, ma in una politica di valorizzazione del capitale umano. E rinunciando a proteggere le produzioni industriali più tradizionali.

I rischi della Golden Rule

Investimenti in grandi opere e ricerca fuori dalla spesa pubblica e quindi dai vincoli imposti dal Patto di Stabilità: è una ricetta che non garantisce il rilancio dellÂ’economia, come dimostra il caso-Giappone. Può diventare invece un’ottima scusa per abbandonare il rigore nei conti pubblici. Perché la “regola d’oro” funziona bene solo se la si applica come nel Regno Unito, ovvero mantenendo la sostenibilità della politica fiscale.

Imprese e formazione

Importante il ruolo degli strumenti di finanziamento pubblico nelle politiche di formazione, ma le imprese giudicano ancora troppo elevati gli oneri burocratici e scarsa l’informazione sulle opportunità offerte. E alla deducibilità fiscale delle spese, dovrebbero essere affiancati incentivi per particolari tipologie di interventi formativi.

Il bicchiere mezzo pieno dell’occupazione

Il processo di espansione del mercato del lavoro iniziato a metà degli anni Novanta non si è interrotto. Aumenta, però, il divario tra Nord e Sud, mentre dietro gli aumenti di occupati nelle costruzioni potrebbe esserci l’emersione di lavoro irregolare. Le limitazioni ai co.co.co previste dalla Legge 30 sono comunque un segno di coraggio, giustamente dimostrato in un momento di crescita occupazionale.

Gli scambi di energia vanno all’asta

Il recente regolamento europeo prevede che la gestione degli scambi di energia elettrica sia effettuata attraverso meccanismi di mercato. Una soluzione che non piace ai grandi consumatori italiani perché li priva del sussidio implicito garantito finora dal razionamento delle quantità. Ma per l’Italia potrebbe essere l’occasione per uscire dalla condizione di Paese meno competitivo in Europa in questo settore.

Gli enti locali ci regalano il black-out

Le interruzioni di corrente elettrica registrate in questi giorni rivelano un rischio “crisi californiana” per l’Italia. Dove si produce poca energia e dove i progetti per costruire nuove centrali o nuove linee per l’importazione sono bloccati da comunità e enti locali. Poco lungimiranti, questi ultimi, di fronte a opere necessarie, ma forti dei poteri che la riforma costituzionale del 2001 ha loro attribuito sull’intero sistema energetico nazionale.

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