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sommario 5 giugno 2003

Governo, sindacati e Alitalia si incontrano mentre il traffico aereo non si è ancora normalizzato, a causa dellÂ’”effetto trascinamento” degli oltre mille certificati medici presentati nei giorni scorsi dagli assistenti di volo. La crisi delle compagnie aeree è un problema europeo, che andrebbe affrontato liberalizzando il settore, permettendo a compagnie a basso costo di accedere ad aeroporti e rotte più accessibili. I certificati medici artefatti sono un problema italico. Contrariamente a quanto spesso sostenuto in questi giorni, possono essere contestati dal datore di lavoro in un’ampia gamma di casi. E i sindacati farebbero bene a prendere decisamente le distanze da queste forme di malcostume che incrinano l’immagine delle organizzazioni dei lavoratori.
A livello europeo non vale, invece, la pena di regolamentare le pensioni pubbliche. Chiudiamo il nostro forum sulla “Maastricht delle pensioni”. Promettendo di continuare a seguire le riforme, paese per paese, il livello giusto a cui queste riforme vanno condotte. Torniamo sul caso tedesco e l’agenda 2010, un tentativo di allungare l’orizzonte dell’azione di Governo. Presto parleremo di pensioni francesi.

Lavoratori e certificati medici

Gli assistenti di volo Alitalia si sono ammalati in blocco dopo il taglio degli equipaggi. Ma è possibile per un datore di lavoro contestare un certificato medico presentato da un lavoratore? Riportiamo un estratto da “Il contratto di lavoro” di Pietro Ichino. Analizza quando e come il certificato medico presentato dal lavoratore può essere contestato.

La tassa sul macinato

L’Irap è l’imposta più odiata dagli italiani. Eppure è tecnicamente corretta e la sua introduzione ha significato una riduzione del carico fiscale per molti contribuenti. Tanta avversione nasce forse dal fatto che colpisce categorie professionali con un grande peso nella formazione dell’opinione pubblica. Ma anche da aspetti psicologici quali la sua indeducibilità dalle altre imposte sul reddito. Su questo, però, qualcosa si potrebbe fare.

sommario 3 giugno 2003

In campagna elettorale si riaffaccia prepotentemente la questione dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. Il Presidente del Consiglio promette la sua abolizione e la delega fiscale impegna il Governo in questa direzione. Ma si può fare? E’ difficile immaginare un tributo che possa sostituirla a parità di gettito. Reintrodurre i contributi sanitari rischia di far esplodere il costo del lavoro; sostituirla con l’Irpeg inasprirebbe il carico fiscale sulle imprese, usare l’Irpef andrebbe contro la stessa delega fiscale. E poi sarebbe giusto farlo? L’Irap è un’imposta regionale e in tempi di federalismo fiscale bisognerebbe trovare un tributo che desse alle Regioni altrettanta autonomia, cosa ancora più difficile. Certo che l’Irap tra i tributi nazionali ha la palma dell’impopolarità. Allora, si potrebbe forse pensare di riformarla, per esempio rendendola deducibile dalle imposte sul reddito, aumentandone nel contempo l’aliquota media. Il G8 si chiude a Evian. Rinfrescati dall’acqua minerale, i potenti del mondo hanno benevolmente discusso anche dei poveri dello stesso pianeta. Ma che rapporto c’è tra globalizzazione e povertà? Recenti ricerche empiriche mettono in luce risultati inattesi.

Irap. Abolirla non conviene

In periodi di campagna elettorale, torna in agenda l’eliminazione dell’imposta regionale sulle attività produttive. Ma la necessità di garantire comunque un gettito equivalente rischia di far crescere il prelievo fiscale sul lavoro e di generare un conflitto distributivo tra diverse categorie di contribuenti e tra Stato e Regioni.

Il difficile addio all’Irap

Eliminare l’Irap non è solo un problema di gettito. È infatti un’imposta sui redditi particolarmente adatta a finanziare un servizio generale come la sanità. E garantisce alle Regioni quel margine di manovra che i contributi sanitari non possono dare per loro natura.

Per una globalizzazione non selvaggia

L’evidenza empirica dimostra che alcuni aspetti della mondializzazione sembrano avere contribuito ad alleviare il problema della povertà nel Sud del mondo. Un risultato forse inaspettato che tuttavia non esime i governi dei Paesi ricchi da un maggior spirito di responsabilità economica e di solidarietà. Il G8 di Evian può essere un primo passo.

Pmi tradite dal nuovo diritto societario

La riforma approvata dal Governo peggiora il quadro normativo per le imprese medie e medio-piccole, costringendole a scegliere tra una disciplina delle società per azioni dai più elevati costi “vivi” e una disciplina delle società a responsabilità limitata che può rivelarsi molto problematica in caso di disaccordo tra i soci.

La riforma delle occasioni perdute

Le nuove norme su processo societario e mercato finanziario non rispondono appieno alla specificità della materia. Da criticare la scelta di rinunciare alla figura del giudice specializzato. Positiva invece la valorizzazione di forme di giustizia “privata”, anche se i costi elevati potrebbero limitare l’esercizio di alcuni diritti.

Troppi incentivi al processo lungo

La giustizia civile è penalizzata dalle inefficienze di tribunali troppo piccoli e giudici non specializzati. Ma il problema vero sono i vantaggi che il prolungarsi dei processi offre a molte parti in causa. Per risolvere la questione è necessario rivedere la formula che determina le parcelle degli avvocati.

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