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MENO VALORE ALLA LAUREA E PIÙ ACCESSO ALLE PROFESSIONI

La consultazione del governo sul valore legale del titolo di studio chiede come favorire la competizione al rialzo tra le università sul modello anglosassone e così superare la cultura del “pezzo di carta”. C’è però il rischio di incagliarsi su meccanismi tecnici pericolosi, come il ripesamento dei titoli e voti di laurea. La priorità invece è aprire ai giovani l’accesso a concorsi e professioni, valorizzando la varietà dei percorsi individuali di studio.

QUANDO I TITOLI DI STATO ZAVORRANO LE BANCHE

Nei mesi scorsi la Bce ha effettuato due operazioni per immettere liquidità nel mercato. Le banche italiane l’hanno utilizzata per acquisire titoli obbligazionari. E infatti siamo uno dei pochi paesi che ha mostrato un aumento dell’incidenza dei titoli in portafoglio, mentre nel complesso dell’area euro è diminuita. Anche il rapporto tra titoli in portafoglio e capitale delle banche è cresciuto di quasi 40 punti percentuali, fino a toccare il livello del 220 per cento nel febbraio 2012. Ecco perché l’Eba ha chiesto alle banche italiane una iniezione di capitale.

IL REALISMO SECONDO MONTI

Il Documento di Economia e Finanza aggiorna al ribasso il quadro macroeconomico e di finanza pubblica 2012 e rinvia al futuro eventuali revisioni più cospicue della crescita 2013. Corregge anche al ribasso  le stime degli effetti dei decreti concorrenza e semplificazione sulla crescita. Nel complesso è un utile bagno di realismo. L’incertezza sulle stime anche a breve suggerisce di non adottare nessuna manovra correttiva. Anche perché non è dallo sforamento del deficit che vengono i problemi di finanza pubblica dell’Italia, ma dal debito pubblico. Ma sul debito il Def tace.

MA IL LAVORO DEI NOTAI È UTILE PER IL PAESE *

“Quei notai che lavorano gratis per il bene del Paese” di Andrea Zorzi sulla nuova srl per i giovani, è imbarazzante. A parte che lÂ’atto notarile non sarà “apparentemente gratis” ma veramente gratis, la forma libera per costituire una srl, avrebbe smentito i moderni modelli statuali che per proteggere la sicurezza pubblica economica delegano a pubbliche funzioni guardiane nel ruolo di “sensori avanzati” sul territorio, il monitoraggio delle migliaia di operazioni che la pubblica amministrazione non è più in grado di controllare. Vero che la Germania con la riforma delle s.r.l. nel 2008 prevede uno statuto su modulo standard. Ma Zorzi non ricorda che: “Inizialmente si era pensato di eliminare la necessità dell’atto notarile. Ma poi si è deciso di soprassedere data l’importante funzione della consulenza e dell’avvertimento notarili.” (1). Senza controllo pubblico notarile si sarebbe aperta una voragine nel sistema antiriciclaggio: il conservatore del Registro Imprese non ha obblighi di verifica della clientela, né di due diligence su scopo e natura dellÂ’operazione e sul suo profilo di rischio (2). Senza questi controlli svolti dai notai, avremmo affrancato la società semplificata a responsabilità limitata dal sistema antiriciclaggio, varando vascelli fantasma, ottimi per ogni finalità opaca o illecita, vere società off-shore di diritto italiano! E adieu sicurezza pubblica economica, salvaguardia del mercato e tutto ciò che mette a repentaglio valori collettivi di rilevanza pubblicistica, essendo risaputo che questo tipo di società raccoglie ricchezze enormi che sarebbero state rese assai “volatili” e sostanzialmente anonime. Cosa ci sarebbe voluto a usare documenti di un under 35 rubati, o di un morto?
Questa petulante richiesta di abolizione del notariato, tocca il tema delle modalità dell’immissione delle vicende giuridiche nel circuito della legalità economica: l’ordinamento italiano prevede la verifica ex ante per mezzo di una autorità pubblica quale “organo di validazione” terzo e neutro. In termini economici, questo è una completa “infrastruttura di certezza” che consente la libera azione degli interessi delle parti, in un contesto regolato e arbitrato da chi interessi propri non ha.

IL RISCHIO DEGLI ABUSI NEL SISTEMA DI AUTO-CERTIFICAZIONE

La forma autentica è cruciale nel mondo moderno anche ai fini della certezza dell’identità delle parti e della filiera rappresentativa nelle persone giuridiche. Lo dimostra negli USA il boom di truffe, di identity frauds e identity thefts. Un rapporto Fbi (3) parla di una crescita del 71 per cento dal 2008 al 2009 delle frodi, e di prestiti fraudolenti per 14 miliardi di dollari. E’ la dimostrazione che un sistema di auto-certificazione si presta ad abusi, fino a falsificare documenti.
Negli USA si sta sviluppando l’idea che ci debba essere un soggetto terzo e imparziale che certifica chi sia l’utente: un sistema di controlli molto simile a quello notarile italiano. Sta passando quindi anche negli Usa lÂ’idea che nelle “società aperte” siano necessari dei pubblici soggetti intermediari che diano garanzie specifiche e con responsabilità ben determinate. Poter commettere furti di identità è un potente “mantello di anonimato” per criminali e terroristi e un pericolo per la sicurezza nazionale. La Federal Trade Commission (Ftc) nel 2006 stima che 8,3 milioni gli utenti americani (3,7 per cento della popolazione adulta), sono rimasti vittime di furto di identità nel 2005. Questo, a prescindere dal fatto se sia preferibile un ordinamento a matrice legale inquadrata in valori generali di giustizia e di ordine pubblico, che pretende di validare una nuova situazione giuridica, prima che entri nel circuito della legalità con effetto di verità legale verso tutti: un ordinamento che sia “spazio di giustizia” può consentirla solo se supera un preventivo test di legalità, svolto da un organo sovrano di validazione, terzo super partes.

L’AFFIDABILITÀ DEL SISTEMA NOTARILE

Andiamo pure ai luoghi comuni sul notaio. Chi dice di non aver bisogno che qualcuno gli dica che lui è lui, dice un’ovvietà, che capirà quando qualcun altro gli ruberà la casa perché nessuno verificava chi fosse. In Italia questo problema sociale è inesistente. Si chieda a un italiano se è sicuro di essere proprietario di casa sua; risponderà di sì perché possiede il rogito. La risposta sarà la stessa se si chiede ad un italiano se ha timore che qualcuno usi il suo nome per ipotecargli casa per prendersi un mutuo e sparire lasciandogli il debito. Ma il rogito non è un prodotto naturale del mercato, che non lo produce affatto, perché anzi produce i fallimenti allÂ’americana (subprime; esecuzioni immobiliari sospese in 23 stati per l’incertezza sui  proprietari e per un’infinità di frodi anche da parte delle banche che firmavano per conto dei clienti con il pantografo c.d. robo-signing). Il sistema notarile della certezza della titolarità dei beni e della loro circolazione è, in Italia, così affidabile, da far sembrare che esso sia nella natura delle cose, mentre è il frutto di un fortunato equilibrio sostenuto dal sapiente modello legale infrastrutturale fra notai e pubblici registri.
Maggiore è la certezza giuridica, più sono tutelati i rapporti economici e la sostenibilità sociale. Perciò, se si guarda all’intero arco di vita di un rapporto giuridico, e non solo all’istante della firma davanti rogito, il costo del controllo notarile preventivo di legalità sostanziale è efficiente, perché è minore della spesa a posteriori per ricostruire altrimenti la certezza del diritto. Invece, vedo solo luoghi comuni, e mai la seria analisi costi/benefici di un modello alternativo al notariato. Forse perché i servizi legali di certezza del diritto fanno gola a certe strutture di stampo anglosassone; o perché un mercato ormai compulsivo deve sbarazzarsi della dellÂ’infrastruttura di civica sussidiarietà che da secoli ha il compito sociale di riempire con i propri saperi gli spazi di protezione dei cittadini, altrimenti soli alla mercè dei poteri “forti”. Il pubblico guardiano non è fattore di distorsione del mercato, ma garante del level playing field della concorrenza. Allora, vogliamo cominciare ad affrontare seriamente la questione, almeno?

* Di Cesare Licini, notaio

(1) Il Sole 24 ORE , 1 ottobre 2008
(2)
C.2 dellÂ’art. 10, D.Lgs n. 231/2007
(3)
Mortgage Fraud Report 2009

LA FUNZIONE DEL NOTAIO IN MATERIA SOCIETARIA

La lettera del notaio Licini è soprattutto una violenta invettiva diretta non al mio articolo, ma a chi vorrebbe abolire il notariato, tra i quali non mi iscrivo. Invito i lettori a vedere, oltre alla nota 1 dell’articolo, la mia Risposta ai commenti, in cui esprimo il convincimento della perdurante utilità del notariato nell’ambito della circolazione della proprietà immobiliare.  Non ho nulla da dire sulle frodi immobiliari americane, posto che – appunto – riguardano immobili, non società.
Ho anche già chiarito che ritengo essenziale identificare univocamente fondatori e amministratori delle società (ciò accade, peraltro, anche in legislazioni considerate “lassiste” come quella inglese). Ma non mi sembra necessario che questo ruolo sia svolto solo dal notaio.
Mi sembra invece che proprio i notai stessi, ormai, vedano la loro utilità in campo societario pressoché soltanto in funzione antiriciclaggio. La loro funzione tipica e tradizionale in ambito societario, ovvero quella della verifica della compatibilità tra le opzioni delle parti in ordine al contenuto dello statuto e il “tipo” (ovvero lo schema astratto) disegnato della legge (il controllo, cioè, che ha preso il posto della “omologazione” giudiziaria), invece, è decisamente passata in secondo piano. Faccio presente che in nessun commento, né in questo, né nei precedenti fatti su lavoce.info o in altri siti nei quali l’articolo è stato “postato”, si è sostenuta l’essenzialità di questa funzione.
Può darsi che l’antiriciclaggio sia la nuova frontiera del notariato. Ma continuo a non vedere l’utilità  di costringere senza eccezione gli operatori economici a rivolgersi a uno specifico professionista perché questi svolga la (sola?) funzione di identificazione dei contraenti e segnalazione di operazioni sospette. Se davvero lo Stato desidera delegare alcune funzioni di polizia ai notai, almeno si potrebbero selezionare le tipologie di operazioni da sottoporre al vaglio notarile. Inoltre, poiché queste funzioni sono svolte anche da molti altri soggetti (banche, intermediari finanziari, avvocati, commercialisti, ecc.), allora – se fosse questo il proprium della funzione notarile in materia societaria – allora tutti questi dovrebbero poter svolgere gli stessi compiti che oggi spettano ai notai in materia societaria.
Per una s.r.l. di persone fisiche italiane residenti in Italia continuo a credere che l’identificazione da parte del funzionario preposto al registro delle imprese sia sufficiente (e se poi hanno i documenti falsi, rubati, o di un morto, se ne occuperà la polizia).

IDEONA: IL PAREGGIO DI BILANCIO!

Il Senato ha approvato in seconda lettura e con la maggioranza dei due terzi dei parlamentari (dunque senza richiedere un referendum confermativo) la legge che introduce nella nostra Costituzione l’obbligo del bilancio in pareggio. A distanza di meno di 24 ore il governo ha varato il Documento di Economia e Finanza (Def) che sancisce che l’obiettivo del pareggio di bilancio non verrà raggiunto nel 2013, come il nostro Paese si era impegnato a livello europeo, ma, nella migliore delle ipotesi nel 2015. Secondo il Fondo Monetario dovremo attendere addirittura fino al 2017 per centrare questo obiettivo. Abbiamo perciò introdotto nella nostra Costituzione  un principio per violarlo fin dall’inizio? Non si rischia in questo modo di ulteriormente indebolire la Costituzione che dovrebbe invece racchiudere norme non facilmente derogabili e modificabili dal Parlamento? In realtà, la tabella sugli obiettivi di finanza pubblica contiene una nota che sostiene che non solo “l’obiettivo sarà raggiunto, ma anche ampiamente superato in termini strutturali (corsivo nostro)”. In altre parole, ci sarà un deficit ma solo perché il livello del Pil sarà molto basso a causa del ciclo economico sfavorevole. Il bilancio aggiustato per il ciclo sarà in attivo già nel 2013. Tutto bene, dunque? Il problema è che, come scriveva Martin Wolf sul Financial Times, nessuno sa cosa precisamente sia il bilancio aggiustato per il ciclo o il disavanzo strutturale. Ad esempio, nel 2007 il Fondo Monetario Internazionale accreditava la Spagna di un surplus strutturale consistente e l’Irlanda di un bilancio strutturalmente in pareggio. A quattro anni di distanza, il Fondo aveva rivisto le stime del bilancio strutturale per questi stessi paesi concludendo che entrambi i paesi nel 2007 erano in deficit di bilancio e l’Irlanda addirittura di più dell’8 per cento. Come è possibile dare forza di legge a stime che sono, per la loro stessa natura, fortemente aleatorie? E chi farà tali stime? Sarà il governo stesso a stabilire l’entità dello scostamento ciclico? O dovremo chiedere alla Corte Costituzionale di imparare l’econometria? A inizio agosto 2011, nel commentare l’intenzione del Governo Berlusconi di introdurre il bilancio in pareggio in Costituzione, citavamo un proverbio turco “Se stai annegando ti aggrappi anche a un serpente”. Per fortuna, grazie al Governo Monti, ci siamo un po’ allontanati dal rischio di annegamento. Proprio per questo pensiamo sarebbe meglio trovare modi più convincenti nel rendere credibile il nostro impegno di rientro del debito. Invece di imitare il Ministro Tremonti il quale, per stimolare la crescita, voleva cambiare l’articolo 41 della Costituzione, sarebbe meglio iniziare facendo sul serio la spending review, a partire dai capitoli di spesa che sono oggi sotto gli occhi di tutti gli italiani perché contornati di episodi di corruzione: la spesa sanitaria e i costi della politica, in primis rivedendo le norme sul finanziamento pubblico ai partiti. Parafrasando il Ministro Passera, crediamo possano venire maggiori benefici dall’attuazione di ideuzze concrete su come tagliare la spesa che dall’ideona del pareggio di bilancio in Costituzione.

PER LA CURA DEI BAMBINI NON BASTANO I NONNI

Il ruolo dei nonni è sempre più spesso ripreso dai media (ma negli ultimi giorni anche dalla politica) per il contributo che danno all’organizzazione della vita familiare. Diverse ricerche dimostrano che l’aiuto dei nonni aumenta la probabilità che una madre lavori ma anche la probabilità che abbia un altro figlio. In entrambi i casi, però, l’effetto risulta più forte  in paesi come l’Italia, la Spagna e la Grecia, dove la disponibilità di servizi pubblici per la prima infanzia è molto bassa o, come dicono molti, dove la famiglia è molto presente. Senza togliere nulla all’importanza della famiglia nel nostro contesto culturale, occorre sfatare il mito che sia importante solo nei paesi del Sud Europa. In particolare, la percentuale dei nonni che aiutano i figli prendendosi cura dei nipoti è relativamente alta in molti paesi Europei: in Germania il 43 per cento dei nonni aiuta, in Svizzera il 37 per cento, in Svezia il 21 per cento, mentre in Italia e in Grecia il 48 per cento. La ragione per la quale i nonni italiani (o greci) sono differenti risiede nell’intensità dell’aiuto che danno, aiutando quasi tutti i giorni full-time piuttosto che qualche volta a settimana o in situazioni improvvise (malattie del nipote, per esempio).

LA POLITICA DEVE INCENTIVARE ALTRE SOLUZIONI

Partendo dal presupposto che ogni famiglia deve poter scegliere come curare il proprio bambino, penso sia importante, per diverse ragioni, che la disponibilità dei nonni non diventi la riposta che la politica dà alla questione della cura dei bimbi piccoli (come fatto, ad esempio, con la proposta sui congedi).
In primo luogo, non tutte le famiglie hanno i nonni a disposizione: perché lontani, perché in cattiva salute, perché non più in vita. Una politica pubblica in questa direzione tende quindi ad aumentare le diseguaglianze tra le famiglie ed ad essere iniqua. Si pensi anche ai bambini immigrati, per esempio. Una politica del genere va anche contro l’idea di mobilità dei lavoratori, che dovrebbe caratterizzare un “buon” mercato del lavoro.
Una seconda ragione risiede nel fatto, dimostrato, che per i nonni può essere faticoso e quasi impossibile seguire più bambini piccoli allo stesso tempo (ad esempio, due nipoti da due fratelli) o per molti anni. Se, quindi non si vuole rientrare nella logica del figlio unico, i nonni non possono essere l’unica soluzione. Infine, non conosciamo ancora bene quali effetti abbia la cura dei nonni rispetto alla cura materna o alla cura che un bambino riceve in un asilo. Se possiamo dire con certezza che la cura dei nonni può essere ricca di amore e attenzione, non sappiamo se – in particolare  per alcuni bambini – altre modalità di cura non siano migliori (si pensi all’asilo in questi due casi: per l’importanza della lingua italiana per un bambino immigrato; o per l’importanza di giocare per un bambino senza fratelli o cugini).

LO SPECCHIO DELLO SPREAD E DELL’INDICE BANCARIO

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PERCHÉ NON RICORRERE ALL’ARBITRATO?

La riforma del lavoro in Italia dovrebbe rispondere anche al desiderio delle imprese di limitare la dimensione giudiziaria del contenzioso sul lavoro. Negli Stati Uniti molte aziende risolvono la questione stabilendo già al momento dell’assunzione che in caso di controversie il lavoratore  ricorrerà all’arbitrato e non al giudice. Una soluzione che comporta alcuni benefici, come mostra uno studio sull’esperienza di una grande società. E, pur con le cautele del caso, suggerisce una riflessione più ampia sulla regolamentazione dell’arbitrato nel nostro diritto del lavoro.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie ai lettori per gli utili commenti che mi permettono anche di meglio specificare la mia proposta.
Prima, però, alcune considerazioni  generali e la manifestazione di risoluto dissenso  su alcuni dei temi sollevati.
Come segnalavo nel mio articolo,  le tentazioni forcaiole soddisferanno forse qualche desiderio di sangue, ma non risolvono nessun problema, anzi ne creano di più.
Giusta una riduzione dei finanziamenti e una puntuale commisurazione a ciò che realmente si è speso, ma pensare di abolire il finanziamento pubblico in queste condizioni significa di fatto regalare i partiti ad occulti condizionamenti della finanza privata ,  peggiori di quelli che già ci sono.
E’ importante, naturalmente, una  disciplina che definisca tetti massimi  e presidi di assoluta trasparenza dei contributi privati, ma pensare che questi  possano essere del tutto sostitutivi delle risorse pubbliche è pura ipocrisia (ed infatti in tutti i paesi europei questo assunto non viene messo in discussione).
Così come è pura ipocrisia pensare che  se si riducono i finanziamenti non siano più necessari i controlli. Ribadisco che gli ultimi scandali derivano dal fatto che nessuno si è preso la briga di verificare come i soldi erano spesi, dimostrando che un buon apparato di controllo  non fa certo miracoli, ma può servire.
Continuo ad avere  perplessità sulla attribuzione di un ruolo in tal senso alla Corte dei conti, poichè siamo in presenza non di soggetti pubblici, ma pur sempre di associazioni private.
Per questo l’affidamento delle risorse ad un gestore esterno può rappresentare una soluzione più equilibrata. E’ chiaro poi che non spetta al gestore decidere sulle spese, dovendo agire  in base alle richieste del partito ,ma sicuramente quelle spese avranno chiara tracciabilità con una evidente distanza tra la fase decisoria e quella di erogazione.
Questa soluzione introduce alcuni elementi di rigidità e non rappresenta certo la panacea per tutti i mali, ma quantomeno rende più spessa la barriera tra la politica e la finanza.
Concordo pienamente  con chi richiama la necessità di collegare il finanziamento pubblico ad una maggiore democraticità dei partiti, ma qui non ho niente da aggiungere perché i tanti progetti di legge presentati in Parlamento contengono già molte proposte. Si tratta adesso soltanto di attuarle.
Infine utilissime tutte le indicazioni per accentrare e semplificare tutte le forniture di beni e servizi ai partiti;  oltre che per controllare  servirebbero anche per risparmiare.

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