Ringrazio Luigi Oliveri per il suo articolo Meglio potenziare i servizi pubblici all’impiego, in quanto permette di approfondire un tema da me esposto. Prima di soffermarmi sulle proposte alternative dellautore, ritengo necessario fare alcune precisazioni riguardo la mia proposta.
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Ringraziando tutti i lettori dellattenzione, colgo loccasione per rispondere ai commenti più critici.
Il parallelo che il lettore Vincent ipotizza con la mafia, per quanto suggestivo e già segnalato nellambito della divulgazione scientifica, non mi pare possa essere traslato con successo nella corruzione. Benché infatti i due fenomeni abbiano diversi connotati comuni, ciò pare dovuto principalmente ad incidenti di percorso piuttosto che ad una vera e propria evoluzione criminale. Nella prassi, infatti, il corruttore o il corrotto sono soggetti normoinseriti, che sì rispondono di regole proprie (cc. dd. sottoculturali) come gli associati delle organizzazioni criminali, ma che hanno daltra parte scambi decisamente più rilevanti con il mondo legale. In termini prosaici, la valutazione costi/benefici del mafioso nellintraprendere la carriera criminale tiene sicuramente conto delle possibili conseguenze delle sue azioni, fino al carcere più severo. Il criminale economico invece quasi mai. Questo porta a confermare, sul solco segnato della dottrina più sensibile, che la certezza della pena, in casi come quelli corruttivi, è ben più deterrente della severità della pena. Daltra parte, sono sicuramente puntuali le osservazioni del lettore Giuseppe Moncada il quale auspica lintroduzione di norme a monte per incompatibilità ovvero di severo controllo su come lo Stato spenda il denaro pubblico (così il lettore Piero). Il lettore Nello, inoltre, giustamente richiede armi idonee. Come segnalavo nellarticolo, basterebbe mutuare istituti presenti negli altri paesi, quali lagente provocatore statunitense. Peraltro, il nostro ordinamento già conosce una figura simile per alcuni reati (quali, ad es. il terrorismo e il traffico di stupefacenti): sarebbe sufficiente estenderla ai fatti di corruzione.
Una chiosa finale, infine, sullosservazione del lettore Bob. Il problema della corruzione ha certamente una componente culturale. Addirittura, senza scomodare lampio dibattito sul familismo amorale di Banfield, alcuni eccellenti studi scientifici hanno rintracciato un legame tra prassi corruttive e aspetti più personali della collettività, quali ad esempio la religione. Con riferimento alle vicende attuali, credo che il parametro di riferimento debbano essere i mass-media: è probabilmente lì il termometro sociale della convivenza con il fenomeno criminale. Siccome linformazione è in grado di orientare lopinione pubblica, in qualche modo riuscendo anche ad introdurre scale di valori (o di disvalori), è più che mai opportuno che la funzione di watchdog for citizen rights, così come teorizzato nel mondo anglosassone, prenda sempre più piede anche in Italia.
Le probabilità di trovare un lavoro per disoccupati e soggetti in cerca di prima occupazione aumentano notevolmente dopo la frequenza di un corso professionale. Lo mostra uno studio valutativo condotto in Toscana. Non tutti gli interventi hanno però la stessa efficacia. E dunque se è improrogabile un ripensamento dei criteri di accreditamento delle agenzie formative, in modo da premiare qualità e specializzazione, va anche incoraggiata la fruizione di percorsi formativi che corrispondano il più possibile all’effettivo fabbisogno degli individui.
Studiare l’eterogeneità nelle decisioni giudiziarie è importante oltreché legittimo. Ma i dati statistici sui quali si fonda il ragionamento devono essere completi e interpretati con attenzione. Soprattutto quando si tratta di questioni delicate come l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Una certa differenza nelle decisioni dei magistrati su uno stesso argomento è inevitabile, e anche opportuna, perché riflette diverse interpretazioni della legge. E la giurisprudenza deve essere plastica ed evolversi nel tempo, per adattarsi ai mutamenti nella società.
Prosegue incessante il dibattito su politiche di austerità e politiche di stimolo per l’economia. Nella crisi di questi anni la produzione industriale e il commercio hanno avuto una ripresa più rapida rispetto a quanto accaduto durante la grande depressione, ma ora sembrano entrati entrambi in una fase di rallentamento. E allora come avrebbe detto Sant’Agostino se fosse stato il direttore dell’Fmi, c’è sicuramente la necessità di un consolidamento fiscale aggiuntivo e di una normalizzazione della politica monetaria, ma non è questo il momento.
La riforma dell’università è stata approvata più di un anno fa. Ma la legge 240 prevede un complesso intreccio di norme, già approvate o ancora da approvare, che rendono impossibile per ora un qualsiasi giudizio sui suoi effetti. Servono almeno altri tre o quattro anni perché entri a pieno regime. E dunque per capire se, come e dove il disegno riformatore inciderà effettivamente sul funzionamento del sistema universitario. Una lunga attesa sia per chi ha accolto con favore la legge Gelmini sia per chi ne ha rilevato fin dall’inizio alcune evidenti problematicità.
Cari Lettori,
Grazie di avere commentato così numerosi il mio articolo sulla scelta della facoltà universitaria. Rispondo brevemente, e in maniera collettiva, per ragioni di tempo e spazio.
Il titolo e il riassunto iniziale che non ho scelto: è responsabilità degli editori suggeriscono impropriamente che larticolo riguardi la crescita dellItalia. Non era questo il mio intendimento. Larticolo era diretto al singolo individuo e riguardava lopportunità economica per questo individuo di scegliere una facoltà universitaria piuttosto che unaltra. Gli effetti sociali delle singole scelte non erano il tema di questo articolo. In particolare, non credo che semplicemente cambiando la distribuzione delle facoltà universitarie scelte dalla popolazione si risolverebbe il problema della crescita. Mi dispiace del fraintendimento.
Il paragone con Singapore ha forse contribuito a questo fraintendimento. La mia intenzione non era di suggerire che lItalia debba diventare tale e quale a Singapore in ogni suo aspetto. Il punto era solo di mostrare che ci sono società avanzate e di successo che hanno una allocazione dei talenti molto diversa da quella italiana. E che, per queste società, il capitale umano è la base del modello economico. Questo mi sembra un punto importante. E interessante anche comparare con modelli diversi. Gli Stati Uniti, dal punto di vista di scelta delle materie alluniversità, assomigliano più allItalia umanistica che al Singapore tecnico. Di conseguenza gli USA producono pochi cervelli autoctoni in materie tecniche, e devono importarne dallestero.
Alcuni lettori hanno forse interpretato larticolo come una mancanza di rispetto nei confronti della cultura umanistica. Nulla di più lontano dalle mie intenzioni. Sono un appassionato dellarte, della musica, ecc. E ritengo che le arti e le scienze umane e sociali siano un patrimonio importantissimo. Soltanto osservo che si può apprezzare la cultura senza farne una professione. Si può anche farne una professione, beninteso, ed è importante che qualcuno lo faccia. La questione è: quanti, in percentuale.
Alcuni lettori rivendicano il patrimonio culturale Italiano che tutto il mondo ci invidia a sostegno della tesi che va bene laurearsi in discipline umanistiche. Sono daccordo che il turismo sia una risorsa importante per lItalia. Non ne segue necessariamente che laurearsi in discipline umanistiche sia una scelta di carriera vincente (in media).
Un aspetto importante che non ho toccato nellarticolo è la vendibilità allestero di un profilo professionale. Mi pare che discipline scientifiche ed economiche siano più trasportabili, in media, e quindi offrano un ulteriore vantaggio rispetto a discipline meno trasportabili (legge, per fare un esempio). Un lavoro allestero, sebbene dal punto di vista dellItalia sia una perdita (abbiamo speso soldi per istruire una persona che poi non produce in Italia), dal punto di vista individuale è spesso un ottimo lavoro.
Grazie dellattenzione.
La Tav è diventata il simbolo di un intervento percepito come “inaccettabile” non solo dagli abitanti della Val Susa, ma anche da una fascia molto più ampia di cittadini. Eppure, proprio da lì si può partire per sperimentare un nuovo modello di intervento, basato sul confronto pubblico anticipato sulle grandi opere e sulle principali strategie nazionali per le infrastrutture. Esempi positivi esistono già: il caso della Gronda di Genova. Una scheda illustra tutti i numeri del progetto originario e di quello attuale dellalta velocità in Val Susa.