Lavoce.info

Categoria: Argomenti Pagina 665 di 1090

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Credo che la BCE abbia fatto il massimo per allentare la crisi dell’euro. Essa si trova al centro di una situazione oggettivamente conflittuale: ad esempio, per la Germania sarebbe opportuna una rivalutazione dell’euro mentre per gli altri paesi (Francia inclusa) una svalutazione aiuterebbe a recuperare competitività. Se la BCE intervenisse acquistando valuta estera, indebolendo così il cambio e creando nuova base monetaria, i rapporti già difficili con la Bundesbank potrebbero diventare incendiari. E’ difficile poi negare che esistano notevoli rischi per i saldi Target 2. Non si vede come le banche irlandesi o greche (o italiane?) potranno riuscire a rimborsare, tra meno di tre anni, i prestiti ricevuti dalla BCE. In via di diritto eventuali perdite dell’eurosistema devono essere coperte pro quota da tutte le BCN azioniste della BCE. Tuttavia, nella sostanza, la Bundesbank si trova con un credito di 500 miliardi verso gli altri paesi dell’UME e chi può dire cosa succederebbe a questo credito se qualche “grosso” paese fosse costretto ad uscire dall’euro?

L’AUTOGOL DEL CALCIO ITALIANO

Ennesima puntata dal calcioscommesse. Andrea Masiello, ex capitano del Bari, si è autoaccusato di avere venduto la il derby con il Lecce del maggio scorso per circa 300mila euro (da dividere con alcuni compagni di squadra), contribuendo attivamente alla sconfitta della sua squadra con un autogol intenzionale. Una delle domande più ovvie è: perché in Italia? Perché non ci sono partite truccate in Premier League o in Bundesliga?
Una possibile spiegazione viene dalle parole di Masiello, il quale, per giustificare la combine, ha detto che il Bari non pagava più gli stipendi e pertanto i giocatori dovevano arrangiarsi. C’è dunque una connessione tra le partite truccate e lo stato economico disastrato del calcio italiano emerso recentemente da un rapporto di Figc, Arel e Pricewaterhousecoopers. Per quanto si pensi che tutti i calciatori siano super-ricchi, in realtà molti di essi lo sono solo sulla carta, dato che le società pagano spesso in ritardo gli stipendi e non sempre interamente. Non è un caso che i nomi implicati siano quelli di giocatori di secondo piano o vicini alla fine dell’attività agonistica, cioè coloro per cui è più pressante il problema di cosa fare dopo il calcio giocato. Nessuno deve piangere per i problemi dei calciatori, che restano mediamente dei privilegiati, beninteso, ma mettere sullo stesso piano Masiello e Ibrahimovic è solo populismo.
Cosa si può fare allora per evitare altri casi Masiello? In primo luogo sarebbe bene che il controllo sui conti delle società, fatto dalla Covisoc, fosse più rigoroso in modo tale da evitare che i calciatori rimangano senza stipendi per mesi. Saranno anche pagati troppo, ma se c’è un contratto esso va rispettato per tutti, anche per i calciatori. Bisognerebbe inoltre riflettere sulla possibilità di ridurre il numero di squadre ammesse alla serie A e alla serie B. Alcune di esse sono palesemente inadeguate dal punto di vista finanziario alla sfida. Il Bari lo scorso anno era di fatto retrocesso dopo poche giornate, come il Cesena quest’anno. Anche senza che le partite siano vendute, il campionato risulta ugualmente falsato. In terzo luogo, dobbiamo penalizzare severamente i protagonisti delle combine. Platini, presidente dell’Uefa, propone una radiazione a vita, che impedisca ai corrotti anche di diventare allenatori o dirigenti. Bene. Ma bisogna ricordare che truccare una partita di calcio non è quasi mai un’attività individuale. Ci vuole che ci sia l’accordo di un gruppo di giocatori per essere certi di indirizzare il risultato. Questo implica che nella squadra interessata da una combine ci siano delle voci che girano (il portiere del Bari Gillet aveva forti sospetti sull’autogol di Masiello, come si vede dal filmato diffusissimo ormai sulla rete). La vera domanda è allora: possibile che le società coinvolte non sapessero nulla? Nessun dirigente parlava con la squadra? Nessuno aveva dei sospetti sui calciatori implicati? Se così fosse le società sarebbero responsabili quanto meno di mancato controllo dei loro tesserati. Sta a loro fare in modo che le squadre vadano in campo per cercare di ottenere, nei limiti delle loro possibilità, il miglior risultato sportivo. In altre parole, occorre riflettere sulla possibilità di sanzionare le società per le loro omissioni nella sorveglianza dei calciatori. Certo, è una strada non priva di controindicazioni perché non è mai semplice accettare il principio del “non poteva non sapere” come base per una sanzione, ma non è nemmeno tollerabile che gli spettatori, dopo un autogol, debbano chiedersi se c’è dietro una combine.

L’ABC DELLA RIFORMA ELETTORALE

I partiti che sostengono il governo Monti sembrano aver trovato l’accordo su una riforma della legge elettorale. Prevede sostanzialmente il ritorno al proporzionale e cancella l’obbligo di formare coalizioni pre-elettorali. Il rischio è rendere ancora più frammentato il quadro politico, portando all’ingovernabilità del sistema e alla moltiplicazione dei poteri di veto. Per evitarlo, servono soglie di sbarramento effettive. E va mantenuta una leva maggioritaria che spinga comunque all’aggregazione delle forze politiche. Come migliorare la qualità del personale politico.

La risposta ai commenti

Desideriamo ringraziare i lettori per l’interesse dimostrato nell’articolo e per i commenti inviati. Abbiamo cercato di riassumere i molti commenti in tre categorie. Tuttavia rimandiamo il lettore interessato al lavoro originale, che include una molteplicità di controlli di robustezza dei principali risultati dell’analisi che, per ovvi motivi di spazio, non hanno potuto essere discussi nel nostro intervento su LaVoce.info.

1) Grafico illustrante la correlazione negativa tra adozione di pc pro capite e grado di rigidità del mercato del lavoro. Innanzitutto ci preme sottolineare come il grafico riporti una correlazione e non necessariamente un rapporto di causa-effetto. In particolare, ci sembra utile notare due punti. A) L’evidenza che riportiamo costituisce una delle motivazioni/premesse del nostro lavoro, che trae spunto da una letteratura già abbastanza matura che riporta l’esistenza di robuste correlazioni negative tra rigidità del mercato del lavoro e tasso di adozione di nuove tecnologie, come ad esempio la spesa in ICT. Nel nostro working paper citiamo alcuni di questi lavori, e ad essi rimandiamo i lettori interessati. Lo scopo del nostro lavoro, lo ricordiamo, è quello di verificare se il grado di rigidità del mercato del lavoro influenzi la crescita nei settori ad alta intensità di capitale umano.  B) La correlazione tra adozione di pc ed epl è statisticamente robusta, ed è stata ottenuta da una regressione nella quale abbiamo tenuto conto del diverso grado di sviluppo economico dei paesi (pil pro capite), del capitale umano medio della popolazione (anni medi di istruzione) e di ogni possibile variabile non osservata costante nel tempo (es: istituzioni, cultura imprenditoriale del paese, composizione settoriale, etc.) che influenza sia il tasso di adozione dei computer che il grado di rigidità del mercato del lavoro.

2) Specializzazione produttiva in settori maturi e altre determinanti della crescita: riteniamo che occorra favorire la specializzazione del paese verso settori più dinamici, tenuto conto del fatto che i settori maturi e tradizionali non garantiscono una crescita adeguata della produttività e sono anche maggiormente esposti alla concorrenza dei paesi in via di sviluppo: per fare questo occorre, tra le altre cose, favorire la mobilità dei lavoratori, fornendo loro, nello stesso tempo, una rete adeguata di protezione, sia in termini di sostegno temporaneo del reddito  che di formazione continua. Infine siamo d’accordo con chi ha sostenuto che al fine di accrescere lo sviluppo dei settori più dinamici sia imprescindibile accrescere il livello medio di istruzione della popolazione: infatti, nel nostro working paper, in linea con risultati già consolidati in letteratura, teniamo conto adeguatamente di questo effetto ma mostriamo anche come possa essere altrettanto importante accrescere la mobilità del lavoro di cui abbiamo parlato sopra.  Abbiamo inoltre controllato per tutta una serie di variabili a livello di paese che potrebbero spiegare l’espansione dei settori ad alta intensità di capitale umano, tra cui gli investimenti in capitale fisico, gli investimenti in ricerca e sviluppo, il capitale umano medio della forza lavoro e la sua crescita nel periodo, la forza sindacale, il reddito pro capite, lo sviluppo finanziario (fondamentale per favorire il finanziamento dei settori più innovativi), la qualità del sistema giudiziario.

3) Forme contrattuali precarie e regimi di protezione dell’impiego: il fatto che in Italia, ancora più che in altri paesi, la maggior parte delle nuove assunzioni siano a tempo determinato, co.co.co., etc., e caratterizzate da bassi salari, potrebbe essere un effetto collaterale di una eccessiva regolamentazione di una parte del mercato del lavoro, che è quella catturata dal nostro indice di protezione dell’occupazione. Nel working paper (a cui rinviamo per una discussione più dettagliata) discutiamo la robustezza dei nostri risultati alla luce di queste considerazioni utilizzando diversi indici proposti in letteratura, sia OCSE che non-OCSE, con l’obiettivo di  tener conto della presenza di lavoratori precari e della regolamentazione dei licenziamenti collettivi. In particolare, l’indice riportato in figura è derivato dall’indice OCSE ed è stato utilizzato in precedenti analisi empiriche a cui rimandiamo per approfondimenti. Vogliamo sottolineare come nessuno dei risultati principali dipenda dal particolare indice di regolamentazione del mercato del lavoro utilizzato.

CONCORSO ESTERNO E STATO DI DIRITTO

In attesa delle motivazioni che hanno indotto la Cassazione ad accogliere il ricorso di Marcello Dell’Utri contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo che lo condannava per concorso esterno in associazione mafiosa, è utile ripercorrere brevemente la storia di questo istituto. E riassumere le posizioni più autorevoli sulla domanda centrale: è possibile indagare il cono d’ombra che collega criminalità e mondo legale della politica, degli affari, della giustizia, senza condannare prassi, magari di malcostume o eticamente inopportune, ma penalmente irrilevanti?

IL CERCHIO MAGICO DEGLI ADVISOR DELLE COSCHE

Nella diffusione della presenza criminale nelle attività economiche, svolgono un ruolo cruciale figure professionali non affiliate alle cosche e tuttavia strategiche nel consentirne la penetrazione nei gangli dell’economia legale. Se non si può ricorrere alla nozione di concorso esterno, sono comunque necessari altri istituti giuridici che permettano di colpire i consulenti delle organizzazioni criminali, pur non affiliati. Anche perché superato questo passaggio diviene molto più difficile rintracciare l’origine delittuosa delle attività lecite.

NON C’È SOLO LA TAV

Non c’è solo la Torino-Lione. Il governo è in procinto di decidere su un certo numero di grandi opere. L’attenzione mediatica è concentrata sul tunnel della Val di Susa, ma c’è il forte rischio che anche questi altri interventi possano rivelarsi, nel complesso, un cattivo affare per il paese e per gli equilibri di finanza pubblica del prossimo ventennio. È urgente un ripensamento che porti a scegliere progetti meno costosi, più rapidamente realizzabili e perciò più utili alla crescita.

SE IL LAVORO È PROTETTO, LA CRESCITA RALLENTA

Gli effetti dei regimi di protezione dell’occupazione sul mercato del lavoro in termini di efficienza per imprese e lavoratori sono oggetto di studio e di dibattito approfondito. Meno attenzione è dedicata agli effetti sulla crescita di lungo periodo. Modificando gli incentivi delle imprese all’adozione di tecnologie più innovative nei settori con forza lavoro più qualificata, elevati costi di assunzione e licenziamento rallentano l’espansione di questi settori e la crescita della produttività, favorendo una specializzazione basata su settori maturi e tradizionalmente meno innovativi.

DACCI UN ARTICOLATO!

Il Governo insiste che non cambierà una virgola della riforma del lavoro. Ma la riforma ancora non c’è. Due lettere inviate ai quotidiani nei giorni scorsi dai ministri Fornero e Patroni Griffi hanno chiarito che non è affatto chiaro ciò su cui politici, tecnici e parti sociali “si stanno scazzottando” (l’espressione è di uno dei pugili, Pierluigi Bersani). La prima lettera ci informava del fatto che il Governo deve ancora definire il regime che si applicherà alle partite Iva e che “le proposte saranno messe a punto entro pochi giorni”. La seconda lettera sosteneva che la riforma comunque non si applicherà al pubblico impiego, contravvenendo al testo licenziato solo due giorni prima dal Consiglio dei Ministri e aprendo conflitti fra dipendenti pubblici e privati nonchè possibili problemi di costituzionalità della riforma.
Non si tratta certo di aspetti secondari. Coinvolgono milioni di lavoratori. Questi “chiarimenti” che intervengono dopo settimane di tira e molla nella cosiddetta concertazione, riunioni Abc che annunciano accordi sul testo elaborato dal tavolo e, infine, un Consiglio dei Ministri che ha approvato la riforma ci pongono alcuni quesiti inquietanti. Di cosa hanno mai discusso al tavolo? Di cosa si è parlato in tutto questo tempo se nodi così essenziali non sono ancora stati definiti? Su cosa ci si è confrontati nei tavoli tecnici? E come è possibile che il confronto politico possa aspirare ad una sintesi, fondata su soluzione pragmatiche anziché contrapposizioni ideologiche, se non c’è una base di proposte ben definite da cui partire? Attorno a cosa bisogna aspirare a raccogliere il consenso? Ancora, perché alimentare ansie di lavoratori e datori di lavoro annunciando provvedimenti ancora non ben definiti? Perché creare cosi tanta inutile incertezza attorno al modo con cui verranno regolati in futuro i rapporti di lavoro?
Mai forse come in questo caso il diavolo è nei dettagli. Per definire questi dettagli bisogna scrivere un testo di legge e simulare gli effetti, i costi, di diverse alternative. Invece di molti richiami di circostanza ad un confronto civile e meno ideologico, dovremmo tutti chiedere al governo: per favore dacci un articolato!

DOVE FINISCE LA LIQUIDITÀ *

Il largo ricorso alla deposit facility presso la Bce non è segno dell’inerzia delle banche a erogare credito. È il corrispettivo dell’eccesso di liquidità presente nel sistema, l’unico modo per garantire l’equilibrio del bilancio della banca centrale. Il problema non è tanto che la liquidità torni nei forzieri della Bce. Quanto il fatto che, per le particolari dinamiche della crisi finanziaria, alcune banche hanno necessità di chiedere fondi in eccesso alla Bce. E questo eccesso, dopo tutte le transazioni giornaliere sui mercati, finisce sistematicamente presso altre banche.

Pagina 665 di 1090

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén