Ringrazio tutti i lettori dei commenti ricevuti.
Nessuno mette in dubbio l’opportunità di identificare univocamente i soci delle società . Questa, però, è attività che potrebbe essere fatta a basso costo (per esempio) in sede di iscrizione nel registro delle imprese, né più ne meno di quanto accade dinanzi a un altro ufficio pubblico. Un controllo di questo tipo risponderebbe sia alle generali esigenze di tutela di corretta tenuta dei registri pubblici, sia a finalità di lotta al riciclaggio o a fini di polizia. D’altronde, anche oggi i notai certo non rifiutano, né ovviamente potrebbero, di rogare atti in cui parti siano società fiduciarie, italiane o estere, o società estere a loro volta formate senza le “garanzie” notarili nei rispettivi Paesi d’origine. Rispondo qui incidentalmente anche a chi afferma che le direttive prescrivano l’intervento del notaio. Non è così: l’art. 10 della I direttiva (art. 11 dell’attuale versione, 2009/101) richiede alternativamente il controllo amministrativo o giudiziario oppure  la forma dell’atto pubblico.
Quando invece si parla di “controllo di legalità ” si parla della generale conformità dello statuto ad un “tipo” di società predeterminato dalla legge. Il controllo notarile ha il merito storico di aver consentito l’abolizione del controllo giudiziario, come ricorda un lettore, che a sua volta fu una grande conquista di libertà , perché sostituì quello governativo, erede della “concessione” sovrana. Questo controllo, tuttavia, è nella stragrande maggioranza dei casi una mera formalità : nelle operazioni più semplici le parti adottano statuti assolutamente standardizzati (i cui modelli potrebbero essere offerti anche dalle camere di commercio), in quelle più complesse gli statuti non sono che uno dei tasselli di una complessa serie di contratti negoziati con l’aiuto di avvocati, commercialisti e altri consulenti. D’altro canto, molte importanti deliberazioni societarie sono prese senza intervento del notaio: per esempio, l’approvazione del bilancio (che viene poi reso pubblico) e la determinazione dei compensi degli amministratori.
La distinzione – che un lettore mette in dubbio – circa l’intervento in materia di società e la circolazione della ricchezza resta a mio parere essenziale. In particolare, i diritti reali immobiliari fanno caso a sé per (almeno) due motivi: nel caso delle compravendite immobiliari il notaio garantisce sostanzialmente che chi compra, compri bene, funzione molto, ma molto più importante rispetto alla verifica di astratta legalità dell’atto rogato (com’è per le competenze propriamente “societarie”). In secondo luogo, per la stragrande maggioranza degli italiani la casa è un investimento in cui si concentra la grandissima parte del risparmio familiare, e che ha un rilevante valore sia di scambio, sia d’uso. Di conseguenza, la sicurezza dell’acquisto è di importanza fondamentale, e giustifica l’intervento di un soggetto che offra questa certezza, in mancanza di sistemi pubblici affidabili. Se il costo dei servizi notarili in questo ambito sia congruo è un problema aperto che non può certo essere liquidato con un “troppo caro”. Il sistema a tariffa fissa su base territoriale (di fatto, a quanto mi è stato possibile capire, sono i Consigli notarili a stabilire i criteri applicativi della tariffa) che è invalso finora fa sì, a livello del singolo utente il costo del notaio può essere, in relazione allo specifico atto rogato, molto variabile. Poiché si paga in base al valore, e non alla complessità dell’atto e all’attività di fatto svolta dal notaio, il notaio costa poco (talvolta troppo poco, dal punto di vista del notaio) per quello che offre nelle transazioni di piccolo valore, e troppo per quelle di grande valore (specie se semplici). Ma, ripeto, questo è un altro problema, che non tocca la questione del se un notaio debba intervenire nelle compravendite immobiliari: a ciò risponderei, allo stato attuale del sistema, positivamente, pur non avendo mai approfondito la questione.
Circa, invece, la circolazione delle quote, si dimentica sovente che le azioni di s.p.a. circolano senza bisogno di notaio, con sottoscrizione autenticata dalla banca o, per le azioni dematerializzate, mediante mera annotazione in conti tenuti dagli intermediari con modalità informatiche.
Il tema del capitale sociale – toccato in modo del tutto incidentale – è ampiamente dibattuto; le direttive sul capitale minimo, comunque, non si applicano alle s.r.l. Il capitale sociale non è certo il metro del merito creditizio; e non fa alcuna differenza, dal punto di vista di una banca, che il capitale sia di 1 euro o 10.000.
Il notaio, poi, non svolge proprio alcuna funzione in relazione all’esistenza del capitale, limitandosi a constatare che è stato versato (per almeno il 25%) in banca. Ma, appena dopo la costituzione, l’amministratore è libero di prelevare quel denaro e spenderlo come desidera, che sia un euro, diecimila, o un milione; se lo spende male, ne risponderà ai soci e ai creditori.
Più in generale, il problema della responsabilità limitata è sovente mal posto. Nessuno costringe un contraente a entrare in affari con una s.r.l. e, di conseguenza, chi lo fa deve valutare se è il caso di erogare credito, o no; di vendere a credito, o no; ecc. Dubito che una decisione del genere possa essere influenzata dal fatto che la società sia costituita con atto notarile o, invece, mediante atto depositato nel registro delle imprese con sottoscrizione autenticata da un funzionario.
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L’iter di approvazione dell’opera ricorda da vicino quello del “Civis”, il filobus a guida ottica in cui è presente il CCC, al centro di un ciclone giudiziario (http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2012/7-marzo-2012/civis-sequestrati-77-milioni-beni-bloccati-ccc-irisbus-2003577591534.shtml). Sulla informazione dei cittadini sull’opera ho opinione diversa. Chiedete per strada quanti sanno cos’è il PM, chi lo paga e quanto costa. Un referendum cittadino in coincidenza con altre elezioni no?
La specializzazione delle infrastrutture è deleteria: introdurre una rottura di carico invece di eliminarla è un modo elegante di uccidere il trasporto pubblico. L’automobile fa porta-a-porta.
Che gli utenti del SFM non siano interessati ad andare in Aeroporto si avvicina all’inverosimile, superato affermando che il PM sia più veloce: farà 4 km in 7’20”, cioè 35km/h, i treni del SFM sono tra 50 e 60 km/h. I Regionali Veloci Piacenza-Ancona sono sopra gli 80 km/h: vedere l’orario. Alcune relazioni sui 35 km/h (come il PM) sono per l’uso di veicoli diesel causa scarsità di elettrici, ora in corso di fornitura (FLIRT di Stadler). Il Comune di Bologna ha rinunciato alla metropolitana per il solito problema del Patto di Stabilità che colpisce i virtuosi (incommentabile), ma che i denari del Governo siano re-indirizzati per opere già finanziate da altri Accordi è una sconfitta del trasporto pubblico, la strategia da polli di Renzo.
La ferrovia proposta supera alcune preesistenze in più rispetto al PM. La Cintura NO, è stata sotterrata proprio per volere dell’Aeroporto (26 milioni per allungare la pista di 300m e far decollare un 747 Cargo la settimana…). La AV e la Bologna-Verona sì, la Bologna-Venezia NO. Non so chi sia FER Infrastrutture, a Bologna esistono FER Srl, TPER SpA e RFI SpA che gestiscono infrastrutture di trasporto pubblico. Chiunque altro che ne avesse la capacità tecnico-economica può farlo, forse con costi inferiori. Il collegamento punto-punto va bene all’interno di grandi aeroporti (VAL di Charles de Gaulle), centri commerciali o grandi parcheggi (Tronchetto di Venezia), o con percorso più breve possibile per raggiungere la ferrovia più vicina (Orly-Val, costruito in p-f ma con risultati economici deludenti). Una linea specializzata per passeggeri può affrontare pendenze più elevate: 25‰ ed oltre (linea ripida dei Giovi: 35‰) per cui non vedo impatti sconvolgenti.
LÂ’allungamento dellÂ’orario dei RV Piacenza-Ancona (non vanno più a Milano dal dicembre 2005Â…) lo ha già fatto il cantiere AV della stazione sotterranea, infatti percorrono lÂ’itinerario “via sottovia buca”: 3 km a 30 km/h, perdendo nel complesso circa 5Â’. Per lÂ’Aeroporto risparmierebbero un minuto se la linea fosse da 100 km/h. I viaggiatori della linea di Verona non sono molti, per linea Venezia è possibile una bretella; per quelli dellÂ’AV, oltre alla possibilità di usare i RV, prevedo che ci sarebbe una forte richiesta per usarla, e lÂ’allacciamento a Lavino consente un agevole passaggio in entrambi i sensi, con 5Â’ di percorrenza in più. Sullo spazio per i bagagli riporto un”tecnico” del Comune: “50 persone avranno spazio sui 12,5 m² di superfice del mezzo”… Trattenendo il respiro e con le valige in braccio, giacché staranno in piedi.
La maggior parte dei Malpensa Express (guardare l’orario!) sia di “Cadorna” che di “Centrale” fanno fermate intermedie, di base Bovisa (Passante) e Saronno (linee di Como e Varese). Pochissime le corse nostop, altro che punto-punto. I treni “ad hoc” erano normali TAF ricolorati e meno sedili per i bagagli, ma i “due piani” erano sovrabbondanti e si sono acquistati i “Coradia” di Alstom (versione a 5 casse dei noti Minuetti da 3 casse…): rispetto a quelli di serie spazi bagagli in più.
Di nuovi soci nel capitale di Marconi Express si sente parlare da anni. Da vedere se sono privati o società a capitale pubblico.
3,5 milioni di viaggiatori/anno presuppone un esercizio h24? Ma la notte ci son pochi voli…, meglio vedere qualche fascia di punta; e perché limitarsi al 20% della domanda? L’espandibilità del sistema, di cui non ho trovato traccia nei documenti ufficiali (banchine delle stazioni corte…) è più che auspicabile, altrimenti ci vorrà l’eliminacode con numerino.
Mi preoccupa l’affidabilità : come si fa a garantire il cadenzamento a 7’30” con una percorrenza di 7’20”? Le 50 persone con valige a capolinea scendono in 5” ed altrettante salgono in altri interminabili 5”? Con cassone ribaltabile e tramoggia di carico tipo ghiaia.
Intravvedo anche una contraddizione: prima l’interesse dell’utenza è nell’area Provinciale (cioè SFM) e perfino in Toscana grazie all’AV Bologna-Firenze, poi solo intorno a stazione Centrale e Fiera (nelle 3 o 4 occasioni di richiamo internazionale…).
La zona del Lazzaretto di Bologna e del Campus universitario che vi sta nascendo aggraverà i problemi: la stazione intermedia dove “incrociano” le cabine (via di corsa a binario unico!) dovrebbe aumentare l’accessibilità di una zona interclusa. Se nella cabina di 12,5 m² ci sono già 50 persone (4/m², con valige!), dove salgono quelli della fermata intermedia? Sul tetto?
E’ un vecchio slogan degli anni Settanta. Segnò l’irrompere della politica in territori fino ad allora esclusi, dalla sessualità ai rapporti di coppia all’impegno come progetto complessivo di vita. Deve essere tornato in mente a Francesco Belsito, un uomo alla cui vista proviamo un naturale moto di stima per Cesare Lombroso. Belsito, amministratore della Lega Nord, Sottosegretario alla Semplificazione, Consigliere di Amministrazione di Fincantieri, una delle maggiori imprese italiane a proprietà pubblica, un curriculum costellato di incidenti, dal diploma conseguito (forse) a Fratta Maggiore con firme dubbie del preside alle due Lauree estere da istituzioni non riconosciute, una scalata politica degna di un oro olimpico, da autista di Biondi agli albori di Forza Italia alle attuali e ben remunerate responsabilità pubbliche, una disinvoltura nei rapporti che lo vede in pericolose prossimità con personaggi della ‘ndrangheta, una naturale attrazione per gli investimenti in luoghi esotici e discreti, dalla Tanzania a Cipro. Il privato è politico, dicevamo, deve essere tornato a mente dell’ottimo Belsito quando ha pagato la fattura per il rinnovo del tinello di casa Bossi con i soldi del rimborso delle spese elettorali. Non destasse orrore, si potrebbe dire: un uomo del nostro tempo.
Credo che la BCE abbia fatto il massimo per allentare la crisi dell’euro. Essa si trova al centro di una situazione oggettivamente conflittuale: ad esempio, per la Germania sarebbe opportuna una rivalutazione dell’euro mentre per gli altri paesi (Francia inclusa) una svalutazione aiuterebbe a recuperare competitività . Se la BCE intervenisse acquistando valuta estera, indebolendo così il cambio e creando nuova base monetaria, i rapporti già difficili con la Bundesbank potrebbero diventare incendiari. E’ difficile poi negare che esistano notevoli rischi per i saldi Target 2. Non si vede come le banche irlandesi o greche (o italiane?) potranno riuscire a rimborsare, tra meno di tre anni, i prestiti ricevuti dalla BCE. In via di diritto eventuali perdite dell’eurosistema devono essere coperte pro quota da tutte le BCN azioniste della BCE. Tuttavia, nella sostanza, la Bundesbank si trova con un credito di 500 miliardi verso gli altri paesi dell’UME e chi può dire cosa succederebbe a questo credito se qualche “grosso” paese fosse costretto ad uscire dall’euro?
Se nel 2010 l’economia italiana ha dato un leggero segnale di ripresa, non altrettanto si può dire dei redditi delle famiglie, che hanno accumulato una pesante perdita del potere d’acquisto. Come era già accaduto nel biennio precedente, è soprattutto il reddito delle famiglie più povere a cadere. I dati mostrano che sono in larga parte nuclei familiari il cui il capofamiglia è donna, ha una scarsa istruzione, non ha lavoro, è single, monoreddito e risiede nel Meridione. Alla riforma del mercato lavoro va dunque chiesto di tutelare anche le fasce più deboli della società .
Ennesima puntata dal calcioscommesse. Andrea Masiello, ex capitano del Bari, si è autoaccusato di avere venduto la il derby con il Lecce del maggio scorso per circa 300mila euro (da dividere con alcuni compagni di squadra), contribuendo attivamente alla sconfitta della sua squadra con un autogol intenzionale. Una delle domande più ovvie è: perché in Italia? Perché non ci sono partite truccate in Premier League o in Bundesliga?
Una possibile spiegazione viene dalle parole di Masiello, il quale, per giustificare la combine, ha detto che il Bari non pagava più gli stipendi e pertanto i giocatori dovevano arrangiarsi. C’è dunque una connessione tra le partite truccate e lo stato economico disastrato del calcio italiano emerso recentemente da un rapporto di Figc, Arel e Pricewaterhousecoopers. Per quanto si pensi che tutti i calciatori siano super-ricchi, in realtà molti di essi lo sono solo sulla carta, dato che le società pagano spesso in ritardo gli stipendi e non sempre interamente. Non è un caso che i nomi implicati siano quelli di giocatori di secondo piano o vicini alla fine dell’attività agonistica, cioè coloro per cui è più pressante il problema di cosa fare dopo il calcio giocato. Nessuno deve piangere per i problemi dei calciatori, che restano mediamente dei privilegiati, beninteso, ma mettere sullo stesso piano Masiello e Ibrahimovic è solo populismo.
Cosa si può fare allora per evitare altri casi Masiello? In primo luogo sarebbe bene che il controllo sui conti delle società , fatto dalla Covisoc, fosse più rigoroso in modo tale da evitare che i calciatori rimangano senza stipendi per mesi. Saranno anche pagati troppo, ma se c’è un contratto esso va rispettato per tutti, anche per i calciatori. Bisognerebbe inoltre riflettere sulla possibilità di ridurre il numero di squadre ammesse alla serie A e alla serie B. Alcune di esse sono palesemente inadeguate dal punto di vista finanziario alla sfida. Il Bari lo scorso anno era di fatto retrocesso dopo poche giornate, come il Cesena quest’anno. Anche senza che le partite siano vendute, il campionato risulta ugualmente falsato. In terzo luogo, dobbiamo penalizzare severamente i protagonisti delle combine. Platini, presidente dell’Uefa, propone una radiazione a vita, che impedisca ai corrotti anche di diventare allenatori o dirigenti. Bene. Ma bisogna ricordare che truccare una partita di calcio non è quasi mai un’attività individuale. Ci vuole che ci sia l’accordo di un gruppo di giocatori per essere certi di indirizzare il risultato. Questo implica che nella squadra interessata da una combine ci siano delle voci che girano (il portiere del Bari Gillet aveva forti sospetti sull’autogol di Masiello, come si vede dal filmato diffusissimo ormai sulla rete). La vera domanda è allora: possibile che le società coinvolte non sapessero nulla? Nessun dirigente parlava con la squadra? Nessuno aveva dei sospetti sui calciatori implicati? Se così fosse le società sarebbero responsabili quanto meno di mancato controllo dei loro tesserati. Sta a loro fare in modo che le squadre vadano in campo per cercare di ottenere, nei limiti delle loro possibilità , il miglior risultato sportivo. In altre parole, occorre riflettere sulla possibilità di sanzionare le società per le loro omissioni nella sorveglianza dei calciatori. Certo, è una strada non priva di controindicazioni perché non è mai semplice accettare il principio del “non poteva non sapere” come base per una sanzione, ma non è nemmeno tollerabile che gli spettatori, dopo un autogol, debbano chiedersi se c’è dietro una combine.
I partiti che sostengono il governo Monti sembrano aver trovato l’accordo su una riforma della legge elettorale. Prevede sostanzialmente il ritorno al proporzionale e cancella l’obbligo di formare coalizioni pre-elettorali. Il rischio è rendere ancora più frammentato il quadro politico, portando all’ingovernabilità del sistema e alla moltiplicazione dei poteri di veto. Per evitarlo, servono soglie di sbarramento effettive. E va mantenuta una leva maggioritaria che spinga comunque all’aggregazione delle forze politiche. Come migliorare la qualità del personale politico.
Desideriamo ringraziare i lettori per l’interesse dimostrato nell’articolo e per i commenti inviati. Abbiamo cercato di riassumere i molti commenti in tre categorie. Tuttavia rimandiamo il lettore interessato al lavoro originale, che include una molteplicità di controlli di robustezza dei principali risultati dell’analisi che, per ovvi motivi di spazio, non hanno potuto essere discussi nel nostro intervento su LaVoce.info.
1) Grafico illustrante la correlazione negativa tra adozione di pc pro capite e grado di rigidità del mercato del lavoro. Innanzitutto ci preme sottolineare come il grafico riporti una correlazione e non necessariamente un rapporto di causa-effetto. In particolare, ci sembra utile notare due punti. A) L’evidenza che riportiamo costituisce una delle motivazioni/premesse del nostro lavoro, che trae spunto da una letteratura già abbastanza matura che riporta l’esistenza di robuste correlazioni negative tra rigidità del mercato del lavoro e tasso di adozione di nuove tecnologie, come ad esempio la spesa in ICT. Nel nostro working paper citiamo alcuni di questi lavori, e ad essi rimandiamo i lettori interessati. Lo scopo del nostro lavoro, lo ricordiamo, è quello di verificare se il grado di rigidità del mercato del lavoro influenzi la crescita nei settori ad alta intensità di capitale umano. B) La correlazione tra adozione di pc ed epl è statisticamente robusta, ed è stata ottenuta da una regressione nella quale abbiamo tenuto conto del diverso grado di sviluppo economico dei paesi (pil pro capite), del capitale umano medio della popolazione (anni medi di istruzione) e di ogni possibile variabile non osservata costante nel tempo (es: istituzioni, cultura imprenditoriale del paese, composizione settoriale, etc.) che influenza sia il tasso di adozione dei computer che il grado di rigidità del mercato del lavoro.
2) Specializzazione produttiva in settori maturi e altre determinanti della crescita: riteniamo che occorra favorire la specializzazione del paese verso settori più dinamici, tenuto conto del fatto che i settori maturi e tradizionali non garantiscono una crescita adeguata della produttività e sono anche maggiormente esposti alla concorrenza dei paesi in via di sviluppo: per fare questo occorre, tra le altre cose, favorire la mobilità dei lavoratori, fornendo loro, nello stesso tempo, una rete adeguata di protezione, sia in termini di sostegno temporaneo del reddito che di formazione continua. Infine siamo d’accordo con chi ha sostenuto che al fine di accrescere lo sviluppo dei settori più dinamici sia imprescindibile accrescere il livello medio di istruzione della popolazione: infatti, nel nostro working paper, in linea con risultati già consolidati in letteratura, teniamo conto adeguatamente di questo effetto ma mostriamo anche come possa essere altrettanto importante accrescere la mobilità del lavoro di cui abbiamo parlato sopra.  Abbiamo inoltre controllato per tutta una serie di variabili a livello di paese che potrebbero spiegare l’espansione dei settori ad alta intensità di capitale umano, tra cui gli investimenti in capitale fisico, gli investimenti in ricerca e sviluppo, il capitale umano medio della forza lavoro e la sua crescita nel periodo, la forza sindacale, il reddito pro capite, lo sviluppo finanziario (fondamentale per favorire il finanziamento dei settori più innovativi), la qualità del sistema giudiziario.
3) Forme contrattuali precarie e regimi di protezione dell’impiego: il fatto che in Italia, ancora più che in altri paesi, la maggior parte delle nuove assunzioni siano a tempo determinato, co.co.co., etc., e caratterizzate da bassi salari, potrebbe essere un effetto collaterale di una eccessiva regolamentazione di una parte del mercato del lavoro, che è quella catturata dal nostro indice di protezione dell’occupazione. Nel working paper (a cui rinviamo per una discussione più dettagliata) discutiamo la robustezza dei nostri risultati alla luce di queste considerazioni utilizzando diversi indici proposti in letteratura, sia OCSE che non-OCSE, con l’obiettivo di tener conto della presenza di lavoratori precari e della regolamentazione dei licenziamenti collettivi. In particolare, l’indice riportato in figura è derivato dall’indice OCSE ed è stato utilizzato in precedenti analisi empiriche a cui rimandiamo per approfondimenti. Vogliamo sottolineare come nessuno dei risultati principali dipenda dal particolare indice di regolamentazione del mercato del lavoro utilizzato.
In attesa delle motivazioni che hanno indotto la Cassazione ad accogliere il ricorso di Marcello Dell’Utri contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo che lo condannava per concorso esterno in associazione mafiosa, è utile ripercorrere brevemente la storia di questo istituto. E riassumere le posizioni più autorevoli sulla domanda centrale: è possibile indagare il cono d’ombra che collega criminalità e mondo legale della politica, degli affari, della giustizia, senza condannare prassi, magari di malcostume o eticamente inopportune, ma penalmente irrilevanti?
Nella diffusione della presenza criminale nelle attività economiche, svolgono un ruolo cruciale figure professionali non affiliate alle cosche e tuttavia strategiche nel consentirne la penetrazione nei gangli dell’economia legale. Se non si può ricorrere alla nozione di concorso esterno, sono comunque necessari altri istituti giuridici che permettano di colpire i consulenti delle organizzazioni criminali, pur non affiliati. Anche perché superato questo passaggio diviene molto più difficile rintracciare l’origine delittuosa delle attività lecite.