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I MERCATI BRINDANO, MA I PROBLEMI RESTANO

I mercati finanziari hanno accolto molto bene i risultati del vertice europeo del 26 ottobre. I governi sono stati capaci di evitare una rottura drammatica tra di loro e con le banche, dando l’impressione di avere preso misure importanti e promettenti. A ben vedere, però, il comunicato finale desta qualche perplessità. Sulla Grecia si è arrivati a una insolvenza mascherata, che potrà avere effetti destabilizzanti. L’intervento sulle banche potrebbe provocare una stretta creditizia. La riforma del Fondo europeo di stabilità è ancora avvolta nella nebbia.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

L’articolo intende ricordare che la povertà relativa e la povertà assoluta rappresentano due indicatori concettualmente distinti. La “povertà relativa”, a dispetto di quanto suggerito dal termine, coglie la disuguaglianza della distribuzione piuttosto che la presenza di povertà. Se dunque si è interessati al fenomeno della povertà, conviene utilizzare altre misure, per esempio la povertà assoluta oppure la vulnerabilità alla povertà. Ciò non implica in alcun modo che l’andamento temporale e territoriale della disuguaglianza dei redditi sia un fenomeno privo d’interesse. In altre sedi abbiamo sostenuto esattamente il contrario (si vedano i capitoli “Disuguaglianza” e “Povertà” in “In ricchezza e in povertà” di G. Vecchi). Se l’oggetto di interesse è la disuguaglianza,  esistono strumenti appositi per misurarne l’evoluzione e studiarne la struttura, per esempio l’indice di Gini, per citare l’indicatore forse più famoso (la letteratura è riassunta molto bene nel libro di Frank Cowell, Measuring Inequality, non ancora disponibile tuttavia in italiano).
Nell’articolo si ribadisce, inoltre, che la povertà assoluta non deve essere associata a una nozione di povertà estrema. La soglia di povertà assoluta dipende dal valore di ciò che si ritiene essenziale per un’esistenza dignitosa, adeguata alla società alla quale si riferisce. Alla definizione di povertà assoluta concorrono elementi e scelte che sono spesso l’esito di un processo politico tra le parti sociali di un paese. In tal senso, e in punta di teoria, la soglia di povertà assoluta può essere anche maggiore della soglia di povertà relativa.
La dinamica divergente della povertà assoluta tra il nord e il sud del paese segnala di certo il fallimento del processo d’integrazione economica tra le due aree, ma non ha alcuna implicazione normativa in favore di un modello dualistico di sviluppo; tutt’altro, saremmo tentati di dire.
Riguardo al grado di copertura delle stime presentate è certo che vi siano segmenti della popolazione che sfuggono alla rilevazione statistica. I limiti in questo caso, sono quelli imposti dallo schema di campionamento delle indagini campionarie che, com’è noto, in Italia come altrove, non raggiungono le persone senza fissa dimora. Le indagini sui consumi e sui redditi delle famiglie condotte da Istat e Banca d’Italia estraggono le famiglie da intervistare dalle anagrafi di ogni comune campione. In questo senso sembra ragionevole immaginare che le stime campionarie tendano a sottostimare il fenomeno della povertà, anche se non è dato sapere di quanto.

SCIPPO SULL’AUTOBRENNERO

L’Anas ha pubblicato di recente il bando di gara per il rinnovo della concessione dell’autostrada A22. La gara è stata imposta dall’Unione Europea e il testo è un documento stupefacente per superficialità e carenze logiche. Disegnato in modo da favorire l’attuale concessionario. A tutto discapito non solo della trasparenza, ma anche del ricavo di circa 5 miliardi che lo Stato potrebbe ottenere. O dei benefici che potrebbero avere gli utenti in termini di minori tariffe. Incomprensibili poi cinquanta anni di concessione per una infrastruttura matura.

STUDIARE ECONOMIA? VALE LA PENA

Uno dei pochi aspetti positivi della crisi è che ci mette di fronte al fatto che la comprensione dei problemi economici è complessa, essenziale e richiede una capacità di analisi profonda. Lo studio dell’economia aiuta a sfatare luoghi comuni e pregiudizi, a vedere le conseguenze inattese delle cose. È affascinante sia per chi ama le discipline umanistiche sia per chi preferisce quelle matematico-quantitative. Serve anche per trovare un lavoro perché l’elemento che definisce il mondo di oggi rispetto a 25 anni fa è la sua crescente complessità. E l’economia ci insegna a capirla.

IL REGALO DEL RETRIBUTIVO

Le pensioni retributive sono caratterizzate da uno scarso collegamento tra contributi versati e prestazioni ricevute. Nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di un vero e proprio regalo a carico della collettività. Calcolarne l’ammontare non è semplice perché dipende da molti parametri. Se ne può ottenere una stima attraverso un indicatore della generosità dei sistemi pensionistici. Che conferma i notevoli benefici garantiti a chi è già in pensione o vi andrà nei prossimi anni. Scompariranno del tutto solo nel 2030, quando il contributivo sarà finalmente a regime.

PERCHÉ NON POSSIAMO FARCI DETTARE L’AGENDA DA MERKOZY

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IL CONFRONTO PASSA SUL WEB

Negli Stati Uniti i blog di singoli economisti, molto spesso accademici, incidono sulla visibilità dei risultati scientifici, sulla reputazione degli autori e della loro università e sulle opinioni dei lettori. In Italia, invece, per l’informazione economica abbiamo quasi esclusivamente blog collettivi. Perché? Quattro le ipotesi: una minor cultura economica del paese; un maggior grado di concentrazione proprietaria dei media, che lascia meno spazio alle iniziative individuali; una minor propensione al rischio dei nostri intellettuali.

DIECI ANNI DE LAVOCE.INFO

Nel 2012, il 4 luglio, lavoce.info compirà dieci anni. Lettori e opinione pubblica ci riconoscono un’utile funzione nell’informazione, nell’approfondimento, nella critica della politica economica. Cerchiamo di arricchire il sito con sempre nuove iniziative. Per continuare a farlo e per vivere in futuro abbiamo bisogno dell’aiuto finanziario dei lettori. Agli amici che ci invieranno almeno 100 euro offriremo la partecipazione al nostro convegno annuale a porte chiuse.

LA LITANIA DEI CONDONI

Lunedì 24 ottobre. Il Consiglio dei ministri è terminato. Nulla di fatto. Il decreto sviluppo continua ad essere un oggetto misterioso. Una bozza è circolata nel pomeriggio, ripresa dalle più importanti testate nazionali. Conteneva una litania impressionante di condoni di tutti i tipi: riapertura dei termini per gli anni pregressi, regolarizzazione delle scritture contabili, accertamento con adesione per i periodi d’imposta pregressi, definizione dei ritardati od omessi versamenti, definizione degli atti di accertamento e di contestazione, degli avvisi di irrogazione delle sanzioni, degli inviti al contraddittorio e dei processi verbali di constatazione, definizione delle liti pendenti, definizione dei tributi locali, definizione agevolata ai fini delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni, proroga di termini, definizione degli importi non versati, regolarizzazione di inadempienze di natura fiscale, proroga di termini. Tutti cumulabili. Alcuni anonimi.
In larga parte un déjà vu: la riproposizione, con pochi aggiornamenti, della lunga lista di condoni messi in atto con la legge finanziaria per il 2003.
La notizia è rimbalzata sui siti e nei notiziari. Il Governo ha smentito.
È un giallo? È l’ennesimo ballon d’essai? Per saggiare l’opinione di chi? Dei contribuenti o della propria maggioranza?
Non lo so. Quello che è certo è che una notizia di questo tipo, lasciata trapelare e poi smentita da un governo debole, indeciso e diviso, è un’ulteriore non indifferente elemento che ne mina la residua credibilità.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Le privatizzazioni e liberalizzazioni avvenute a partire dagli anni ’90 hanno avuto anche esiti positivi: si pensi al caso delle telecomunicazioni e dell’energia elettrica, settori dotati di autorità indipendenti, e che hanno subito un aumento di efficienza accompagnato da un abbassamento delle tariffe (si veda “L’enzima della concorrenza tra slogan e equivoci” di E. Barucci). Anche la liberalizzazione delle farmacie è un ottimo esempio di liberalizzazione, come recentemente affermato dal presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà.
In alcuni settori la concorrenza non si è sicuramente scatenata, questo anche perché mancano le norme necessarie ad una ulteriore spinta all’apertura dei mercati. Bisogna poi distinguere tra concorrenza per il mercato (gare per l’affidamento nella gestione del servizio) e concorrenza nel mercato. Che i monopoli privati siano peggio di quelli pubblici è assolutamente corretto, si badi però che uno degli esempi citati, Trenitalia, è in realtà di proprietà dello Stato al 100%.
I maggiori problemi di bilancio nel TPL si riscontrano soprattutto nelle grandi città, dove i mezzi pubblici non sono utilizzati in prevalenza dalle fasce svantaggiate. Inoltre, nel nostro articolo, si sottolineava la necessità di proteggere tali fasce con misure ad hoc.
Per quanto riguarda i dati sui biglietti, si rimanda allo studio “Le tariffe del trasporto pubblico locale in alcune città europee” di F. Bianchi per un confronto tra alcune città europee dei prezzi di biglietti ed abbonamenti in percentuale al reddito medio dei cittadini. È inoltre da sottolineare il fatto che le tariffe costituiscono il solo 30% dei ricavi totali del TPL, mentre la quasi totalità degli altri introiti provengono dalle regioni e dagli enti locali.
Il fatto che la percentuale dei costi variabili sui costi totali sia minima per il TPL è abbastanza opinabile, visto che il costo per il personale raggiunge quasi il 70% dei costi totali. Oltretutto, in relazione all’inefficienza sociale, sarebbe più efficiente tassare la modalità che genera il danno (pedaggi, parcheggi…), anziché sussidiare il servizio che aiuta a ridurlo.

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