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NON BASTA LA CASA PER RESISTERE ALLA CRISI *

I dati pubblicati dalla Banca d’Italia indicano che il valore medio di ricchezza netta detenuto per famiglia si è ridotto nel 2009 e prevedono una diminuzione di ricchezza netta complessiva delle famiglie nel 2010. Circa il 15 per cento delle famiglie italiane possono essere definite in difficoltà finanziarie in termini di ricchezza netta accumulata. E quelle che si trovano in questa condizione, tendono a rimanervi. Ciò è più vero per le famiglie a basso reddito e che vivono in zone a più elevata disoccupazione.

QUELLE RICCHE FAMIGLIE ITALIANE *

Le famiglie italiane hanno una ricchezza consistente e una diseguaglianza relativamente bassa rispetto ad altri paesi. È soprattutto la proprietà diffusa delle abitazioni che ci contraddistingue, con una ricchezza immobiliare pari a oltre cinque volte il reddito disponibile. Ma la ricchezza fotografa l’oggi ed è il frutto di decisioni del passato. La nostra posizione soddisfacente si indebolirà progressivamente se l’Italia non tornerà a far crescere il reddito.

UNA RIFORMA STRABICA A FAVORE DELLE RENDITE

Il decreto milleproroghe contiene tra l’altro la revisione del regime di tassazione dei fondi comuni di investimento. Per rilanciare l’industria dei fondi italiani, rimettendo su un piano di parità la tassazione dei fondi interni con quella dei fondi comunitari armonizzati. Si tratta invece di una misura protezionistica a favore di un’industria debole. E il passaggio alla tassazione alla realizzazione per le sole gestioni collettive, senza intervenire sugli altri aspetti della tassazione del risparmio, rende il regime nel suo complesso ancora più sperequato.

CDA DELLE BANCHE: AFFOLLATI E COSTOSI

Dal 2012, gli azionisti delle società quotate dovranno esprimersi anche sui livelli delle remunerazione dei membri dei consigli di amministrazione e dei manager. Nel settore bancario, la retribuzione dell’amministrare delegato è in genere pari a trenta volte il costo medio del personale, di per sé già piuttosto alto. Ancora più elevata nei due istituti più grandi e più internazionalizzati. I consigli di amministrazione hanno molti membri: probabilmente il gran numero di consiglieri serve a garantire una adeguata rappresentanza ai diversi soci.

PIÙ DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA CONTRO I FURBETTI DEL MERCATINO

Nell’articolo “La Consob e i furbetti del mercatino”, Marco Onado richiama l’attenzione sull’elevata quantità di comportamenti illegali tenuti in anni recenti dai vertici di società quotate ai danni dei propri azionisti di minoranza e creditori. Sono giustamente sottolineate le carenze dell’attività di vigilanza: va però ricordato che questa non è solo imputata a enti e organismi esterni, ma anche agli organi endosocietari cui siano espressamente ascritte funzioni di controllo interno, talora in collaborazione con le stesse autorità di vigilanza.

LA DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA NELLE GRANDI IMPRESE

Le proposte sulla partecipazione dei lavoratori agli organi di controllo delle grandi imprese rappresentano una declinazione dei modelli di corporate governance, assurti all’attenzione pubblica a seguito del caso Mirafiori, funzionali ad assecondare esigenze affini a quelle evocate da Onado nel segno del controllo sulla trasparenza dell’attività dei gestori delle società quotate. Esse però corrispondono a una concezione neo-istituzionalista del diritto societario, secondo la quale è possibile e necessario tutelare gli interessi degli stakeholders pur mantenendosi coerenti all’impostazione contrattualista shareholder oriented. Il problema è che il diritto dell’impresa italiano non offre strumenti di diritto societario idonei a tutelare, se non indirettamente, gli interessi degli stakeholders, dal momento che l’impresa capitalista, nel nostro ordinamento, non ha come scopo necessario il perseguimento di interessi diversi da quello degli azionisti alla massimizzazione del loro profitto.
Cosa si può fare allora de jure condendo, in un contesto in cui gli interessi di una società quotata, dei propri soci e lavoratori sono necessariamente molteplici e, nella larga maggioranza dei casi, reciprocamente conflittuali? Il presupposto è che il diritto deve assumersi seriamente il compito di cercare una composizione dei trade-off di un’impresa, minimizzando i problemi (di agenzia, di azione collettiva, di riduzione dei costi di transazione, eccetera) che essa inevitabilmente fronteggia.
Date queste premesse, il consiglio di sorveglianza del sistema dualistico, ossia l’organo di controllo interno delle imprese di grandi dimensioni e plausibilmente quotate, tali da presentare conflitti potenzialmente ruvidi tra le parti sociali coinvolte, riveste un ruolo emblematico. Nell’ordinamento tedesco che lo concepì, è tuttora utilizzato espressamente come strumento di composizione degli interessi di shareholders e stakeholders, secondo il principio della cogestione (Mitbestimmung). Il sistema di amministrazione dualistico italiano rende, sì, possibili forme di pluri-rappresentanza all’interno del proprio organo di controllo interno, ma, paradossalmente, il legislatore non ha regolato espressamente – sub articoli 2409 duodecies, terdecies e quaterdecies c.c. – la partecipazione in quella sede dei rappresentanti dei lavoratori. Tra le ragioni che spiegano questo risultato non va dimenticata la tradizionale ostilità del mondo imprenditoriale, ma anche di quello sindacale, nei confronti dell’istituto della cogestione.
È quindi apprezzabile che recentemente sia stata da più parti richiamata l’importanza del contenuto delle iniziative legislative intese a favorire la partecipazione dei lavoratori alla proprietà e alla gestione delle imprese, ossia intese, più in generale, ad aumentare il tasso di democraticità interna e di trasparenza delle grandi imprese.

SOLUZIONI TIMIDE

Le proposte di legge sulla rappresentanza dei lavoratori avanzate più di recente sono il disegno di leggeCastro, n. 803/08(Pdl), il DdlTreu, n. 964/08 (Pd), il DdlBonfrisco, n. 1307/09 (Pdl), il DdlArdagna, n. 1531/09 (Pd), e iltesto idealmente unificante dei precedenti concepito, in una prospettiva “bipartisan”, da Pietro Ichino.
In questi progetti, per un verso, si segnala un elevato grado di convergenza verso le forme di partecipazione azionaria dei lavoratori. Per altro verso, non si registra unÂ’uguale importanza riconosciuta allÂ’istituzione di organismi interni di presenza congiunta di rappresentanti dellÂ’impresa e dei lavoratori negli organi societari.

UNA SOLUZIONE NON TIMIDA

Si può fare di più e di meglio. È cioè necessario contemplare, in forma imperativa, tanto l’obbligo di garantire la rappresentanza dei lavoratori, quanto la misura della medesima, come d’altronde avviene nell’omologo istituto dell’ordinamento tedesco a cui ci si è ispirati. Partendo da un presupposto del genere è possibile realizzare un miglioramento significativo della corporate governance delle società industriali italiane le cui azioni siano quotate sui mercati regolamentati.

1. Anzitutto si incentivano quelle imprese a costituire un organo esecutivo della società, il consiglio di gestione (contrapposto al consiglio di sorveglianza) che preservi l’unitarietà e la rapidità del proprio processo decisionale, obiettivo raggiungibile se si evitano eccessi di deleghe interne.
2. D’altro canto si creano i presupposti per realizzare forme di condivisione delle decisioni imprenditoriali, grazie all’apporto del consiglio di sorveglianza, e per accrescere la produttività del lavoro, sulla base dello stimolo che si riconosce ai lavoratori di produrre di più per guadagnare di più, mediante le citate proposte di condivisione degli utili.
3. Inoltre si conseguono vantaggi ulteriori: ad esempio, razionalizzare il rapporto tra soci e amministratori, dato che assume un rilievo peculiare se parallelamente sono finalmente favorite forme di azionariato dei dipendenti.

Alla luce delle emergenze sociali che la congiuntura politica ed economica stentano a risolvere è però necessario dimostrare più coraggio nel modificare le regole di corporate governance in misura incisiva, tale da superare anche le resistenze di parte del mondo sindacale, e garantire contestualmente maggiori tutele ai risparmiatori italiani, da Marco Onado segnalati quali soggetti economici tra i più vessati sullo scenario dei mercati finanziari europei.

UN NUOVO STAGE CONTRO LA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE *

Per combattere la disoccupazione giovanile e i suoi duraturi effetti negativi servono riforme del mercato del lavoro e della formazione. Esiste però uno strumento che se usato correttamente potrebbe aiutare subito i diplomandi e i laureandi ad arrivare sul mercato del lavoro con un curriculum più adeguato: lo stage. Indispensabili, però, nuove regole. Per renderlo uno strumento riservato ai soli studenti o neolaureati, da utilizzare per un periodo di tempo limitato, con rimborso spese, tutor e progetto formativo.

Italia e Germania dopo la crisi: l’andamento del Pil

 

SE NON ORA, QUANDO?

In Italia le donne sono la maggioranza e la parte più istruita della popolazione, ma solo il 47 per cento ha oggi un lavoro. Sono sistematicamente discriminate anche sul piano dei guadagni. Ridotta al minimo la presenza femminile nei consigli di amministrazione. Il problema ha radici lontane, ma negli ultimi dieci anni la situazione è peggiorata rispetto a paesi simili a noi. Mentre i media hanno contribuito a diffondere una cultura che le umilia. Ecco perché le donne chiedono un cambiamento, adesso.

GLI EFFETTI (NEGATIVI) DEL NUOVO PATTO DI STABILITÀ *

La crisi economica e finanziaria globale ha provocato un deterioramento dei saldi di finanza pubblica dei paesi europei. E per questo la Commissione europea ha proposto nuove e più stringenti regole di bilancio. Una simulazione sui possibili effetti mostra che la loro meccanica applicazione porterebbe la Grecia al fallimento e avrebbe conseguenze negative su Italia e Spagna. Ma anche nei paesi più virtuosi i costi economici potrebbero essere elevati. Accanto alle misure di disciplina fiscale, sono necessarie azioni di politica economica per sostenere la crescita.

TRE PAROLE SU LAMPEDUSA

La crisi nordafricana bussa alle porte dell’Europa. E a quelle dell’Italia in particolare, con il ministro Maroni che prevede l’arrivo di 80mila migranti. Mentre nelle cronache risuonano tre parole: clandestini, emergenza, Europa. Utilizzate a sproposito, come spesso accade. Perché ancora una volta messaggi propagandistici, speculazione politica, impreparazione voluta e retorica dell’emergenza prendono il posto di politiche serie e lungimiranti. Nel breve periodo, rendono di più.

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