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Pozzi di petroli a rischio dal Messico al Mediterraneo

Grande preoccupazione ha destato lÂ’’annuncio di prossime trivellazioni petrolifere in acque profonde nel golfo libico della Sirte. Il timore è che possa ripetersi il disastro del Golfo del Messico con conseguenze questa volta fatali per il nostro mare. Bene se verranno prese misure di prevenzione. Ma il vero problema è che per il Mediterraneo ogni giorno transita via nave tutto il petrolio per il nostro continente e il rischio è continuo. La vera soluzione è una sola: la transizione verso un mondo senza combustibili fossili.

Quote latte: un pasticcio nostrano

Il sistema delle quote latte, stabilito dall’UE, ha come obiettivo ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta. Nel corso degli ultimi 25 anni molti produttori italiani hanno consapevolmente superato il tetto massimo delle quote assegnategli dall’UE. Solo una minima parte delle multe sono state effettivamente pagate dagli allevatori. I contribuenti italiani hanno, invece, giá pagato 1,87 miliardi di euro per i prelievi relativi al periodo 1984-1996. I restanti 2,5 miliardi devono essere pagati dai coltivatori, a meno di non voler far scattare una procedura d’infrazione da parte dell’UE.

Quote latte: un pasticcio europeo

In Italia vi sono oggi circa 40.000 produttori di latte sparsi su tutto il territorio nazionale, ma con forti concentrazioni nella Pianura Padana.

Chi ha paura del negoziante straniero?

Cresce il numero delle imprese individuali con titolare extracomunitario. Sono soprattutto attività legate al commercio, fisso e ambulante. Che contribuiscono a mutare il paesaggio urbano delle città e per questo sono ostacolate da molti amministratori locali, in particolare lombardi. Anziché apprezzare il fatto che vetrine illuminate e negozi aperti vivacizzano anche i quartieri difficili, prevale una visione della sicurezza come rimozione dei luoghi di incontro e degli spazi di socialità dei gruppi considerati pericolosi. Anche a costo di desertificare le strade.

I test standardizzati presi tra due fuochi

Il ministro dell’Istruzione annuncia il ricorso a test standardizzati per misurare le competenze e i progressi degli studenti. E’ una decisione largamente condivisibile, nonostante le critiche degli insegnanti. Ma non certo per le ragioni indicate dal ministro. I test sono un modo per capire e tentare di risolvere i problemi del sistema scolastico sulla base di evidenza empirica su cosa funziona e cosa non funziona. Non possono invece svolgere altri compiti, come ad esempio migliorare la didattica. Né tanto meno la loro adozione si trasforma automaticamente in crescita dell’economia.

Una mezza riforma per la finanza comunale

Positiva l’enfasi data alla fiscalità immobiliare nella finanza comunale, ma attenzione agli abbellimenti lessicali spacciati per riforme. Soprattutto è bene non dimenticare che rimane aperto il vulnus dell’abolizione dell’Ici sulla prima casa che deresponsabilizza molti cittadini di fronte alla spesa pubblica del comune. Esistono inoltre problemi di equità legati all’Imposta municipale unica e di semplificazione relativi all’applicazione della cedolare secca.

Come la Fiat può svincolarsi dal contratto nazionale

1. Secondo lÂ’’orientamento oggi prevalente della giurisprudenza, per poter derogare al contratto collettivo nazionale con effetti estesi a tutti i dipendenti dellÂ’’azienda, un contratto aziendale deve essere firmato da tutte le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto nazionale.

Tutte le bandiere dell’auto italiana

La storia della Fiat è intrecciata con quella dell’industria italiana. Per questo non dovrebbero sorprendere le recenti decisioni del gruppo torinese di trasferire gli stabilimenti produttivi in paesi emergenti. In un contesto internazionale dove la produzione mondiale di veicoli è crollata, le grandi imprese -la Fiat più di altre- cercano di produrre in paesi a più basso costo con inevitabili riflessi sul nostro sistema di relazioni industriali. Iniziare il dibattito sul tema già due anni fa avrebbe aiutato a gestire meglio il problema.

Se il pensionamento è forzoso

Molto ci sarebbe da dire sullÂ’’annunciata riforma dello stato giuridico dei docenti universitari, ma un aspetto che si segnala negativamente è la proposta, ben accetta da maggioranza e opposizione e sostenuta con grande favore da qualche autorevole editorialista, del pensionamento a 65 anni. A meno di non immaginare tentazioni populiste da parte dei suoi sostenitori, è difficile trovare una ratio. In un momento in cui si è capito che, come conseguenza dell’Â’allungamento delle vite umane, è necessario prolungare il tempo di lavoro, altrimenti i conti economici saltano, e anche il nostro governo si muove in tale (giusta) direzione, che senso può avere quello di andare controcorrente per una specifica categoria di lavoratori? A parte che la attuale struttura demografica del personale universitario indurrà a breve comunque una forte ondata di pensionamenti, perché l’Â’operazione di “svecchiamento” dovrebbe servire a far entrare in servizio giovani universitari e non giovani magistrati, giovani medici o giovani qualcos’Â’altro?

COMPORTAMENTI DA FREE RIDER

E’ noto che, considerando lÂ’’economia nel suo insieme, non esiste conferma dellÂ’’idea che lÂ’’anticipo dei pensionamenti favorisca lÂ’’occupazione (Fenge e Pestieau, Social security and early retirement, MIT Press, 2005). Il carico ulteriore sul sistema pensionistico può far aumentare le aliquote contributive e, dato il meccanismo a ripartizione, alzare il costo del lavoro e quindi indurre maggiore disoccupazione. Brugiavini e Weber, proprio su lavoce.info spiegano che lÂ’’abbassamento della pensione danneggerebbe gli stessi giovani, anziani di domani che si vedrebbero ridurre la pensione perché verserebbero meno contributi. Certo, se un solo settore riduce lÂ’’età della pensione mentre gli altri la aumentano, si comporta da free-rider perché trasferisce sul resto della popolazione i costi generati, e può nell’Â’immediato realizzare lÂ’’obiettivo di assumere nuovi lavoratori al posto degli espulsi. È altrettanto certo, però, che tale comportamento è socialmente inefficiente, e, come negli esempi che facciamo agli studenti, può scatenare una sequenza imitativa per cui anche gli altri settori puntano alla riduzione dellÂ’’età pensionabile, con conseguenze facilmente immaginabili: si sa che ciò che è razionale per un individuo o un gruppo (ammesso che possa esprimere una qualche volontà collettiva), non sempre lo è per la società nel suo complesso.

UNA QUESTIONE DI CIVILTÀ

Si è detto che il pensionamento anticipato libererebbe lÂ’’università da persone improduttive. Senza negare che queste persone esistano, non si capisce perché l’Â’età debba essere un criterio per individuarle. Ad Harvard quasi il 10 per cento dei professori “in servizio attivo” ha più di settantÂ’’anni; e di Harvard non si può certo dire che vi abbondino persone improduttive. La via maestra per limitare le difficoltà che abbiamo nell’Â’incentivare la produttività è quella di concepire un sistema di retribuzione e avanzamento di carriera che premi lÂ’’impegno nella ricerca e nella didattica (binomio inscindibile). Su questo, le proposte di riforma di governo e opposizione tacciono (o sono quantomeno carenti e confuse).
La teoria economica non fornisce dunque appiglio alcuno per giustificare anticipi del pensionamento. (Si consideri anche che i professori anziani svolgono le loro attività di ricerca e di insegnamento a costo quasi zero per lo Stato, essendo il loro stipendio di poco superiore alla loro pensione.) Ma questa non è solo una questione economica, non è solo una questione di teoria. EÂ’ una questione di civiltà, di organizzazione della vita associata, di rispetto e di valorizzazione delle persone, di promozione della cultura e del sapere. È del tutto insensato e, lasciatecelo dire, richiama un sinistro eugenismo, pensare che eliminare da unÂ’’aula di insegnamento o da un laboratorio scientifico chi continui a dimostrare entusiasmo e capacità possa essere una cosa positiva, e non un impoverimento netto per un paese. Quando la durata media della vita era settantÂ’’anni, i professori di università andavano in pensione a settantacinque; oggi che la durata media è ottantacinque anni, si vogliono mandare in pensione a sessantacinque. Oltre che palesemente assurda e incoerente, la proposta Gelmini-Meloni risulta anche incompatibile con una qualsiasi concezione di società veramente aperta, colta e liberale.

Nota degli autori: AB ha 48 anni (molto distante dall’Â’essere anziano), FR 61 anni (quasi anziano, ma non ancora).

E Bruxelles mette il tappo al vino

L’Unione Europea è intenzionata a ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta di vino agendo sui diritti d’impianto e reimpianto e premiando l’estirpazione dei vigneti. Non stiamo però parlando di un’economia chiusa e oltretutto l’Europa non detiene più l’esclusiva nella produzione di vino. Il problema principale risiede nel calo strutturale dei consumi domestici e nella crescente concorrenza dei paesi del cosiddetto Nuovo Mondo. La spesa per incentivare l’estirpazione dei vigneti ammonta a oltre un miliardo di euro. Ma sarà del tutto inutile.

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