All’art. 15 (commi 1 – 3) del decreto si prevede l’istituzione di pedaggi sui raccordi autostradali e sulle autostrade gestite direttamente dall’Anas. E così, anche chi percorrerà l’autostrada Salerno – Reggio Calabria (in ristrutturazione da oltre vent’anni) o il grande raccordo anulare di Roma (sul quale i lavori durano da che ho memoria) dovrà pagare un pedaggio.
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Lo spettro delle frequenze radio è un bene di proprietà pubblica. Quando arriva nelle mani di operatori che sanno come utilizzarlo, si ottengono benefici collettivi per i cittadini, risparmi per le tasche dei consumatori e incassi per lo Stato. Non in Italia. Come mostra anche l’ultimo esempio delle reti digitali riservate da Agcom a emittenti regionali. Se solo un terzo di quello spettro venisse usato per la telefonia mobile, il governo potrebbe incassare circa 4 miliardi di euro. Gli ostacoli alla tv via cavo, concorrente agguerrito per la banda larga.
E’ finalmente disponibile il testo della manovra. Abbiamo così scoperto che un provvedimento presentato come quasi interamente di riduzioni alle spese è composto in realtà al 40 per cento di maggiori entrate, che molti tagli sono di carta, di dubbia praticabilità. Serve più che altro a dare un segnale ai mercati. Non è detto che sia credibile perché rinvia ai posteri gli aggiustamenti strutturali di spesa ed entrate. Ben poco rimarrà in vigore dopo il 2012. E chi paga davvero sono, una volta di più, i giovani.
Il confronto internazionale suggerisce che l’alfabetizzazione finanziaria di un paese dipende dall’investimento in istruzione e dalla struttura dei mercati finanziari. L’Italia si trova in fondo alla graduatoria internazionale in materia perché investe poco in istruzione, perché il sistema previdenziale pubblico è molto esteso e perché non ha approfittato delle riforme delle pensioni degli anni Novanta per ampliare le conoscenze economiche e finanziarie dei lavoratori.
I dati Istat confermano il quadro a tinte fosche della condizione dei giovani nel nostro paese e la loro dipendenza dalla famiglia di origine. Mentre un rapporto Eurostat mostra che non solo sono una risorsa scarsa, ma anche più sprecata e meno valorizzata che altrove. Sono oltre due milioni gli under 30 che non studiano e non lavorano: sospesi in quel tempo morto che separa episodi di lavoro precario da brevi corsi di formazione, appaiono come un esercito immobile. La conseguenza è un’economia che non cresce e una società che non si rinnova.
La manovra 2010 prevede, tra gli altri provvedimenti, l’introduzione delle finestre mobili sia per pensioni ordinarie di vecchiaia che per pensioni di anzianità, con uno slittamento di dodici mesi per i lavoratori dipendenti e di diciotto mesi per i lavoratori autonomi.
Ringrazio i lettori dei molti commenti, la cui numerosità, peraltro, non stupisce, visto che di evasione fiscale si discute di frequente nel nostro Paese. Si dovrebbe forse riflettere sulle ragioni per cui tali discussioni scadono spesso (e non mi riferisco ai commenti dei lettori) in chiacchiere da salotto televisivo. Una di queste è la mancata conoscenza dei dati, ed è questa la motivazione che mi ha spinto a concentrarmi sui dati, piuttosto che sulle politiche. Comunque, condivido alcune delle osservazioni fatte in proposito, anche se l’inversione dell’onere della prova è qualcosa di giuridicamente delicato (lo dico da non giurista, ma non credo che il contesto normativo-istituzionale possa essere ignorato). Provo di seguito a condensare per filoni di argomenti alcune risposte sollecitate dai commenti. Per quel che riguarda la questione dell’(in)efficienza della spesa pubblica, è certamente vero che (anche) nel nostro Paese l’evasione dipende dalla percezione che i soldi pubblici siano spesi male e che questa percezione ha basi piuttosto solide. Altra questione, sulla quale non sono in grado di soffermarmi, è quella della differenza tra l’importanza simbolica e quella quantitativa di queste inefficienze. Tornando al punto, non credo comunque che questo sia sufficiente a spiegare i livelli patologici dell’evasione italiana ed è per questo che richiamo l’attenzione sulla polverizzazione della struttura produttiva italiana. Alcuni commenti alludono ad una differenza fra l’evasione dei piccoli e quella dei grandi. Su questo bisogna essere chiari. Di per sé l’evasione dei piccoli è, per definizione, limitata, ma i) essa tende ad essere elevata in proporzione ai guadagni veri ii) è comunque la componente principale dell’evasione italiana a causa della struttura produttiva del tutto peculiare del nostro Paese. Non sono così sicuro che nessun negoziante sotto casa che non emette lo scontrino sia tra coloro che hanno portato i soldi all’estero. È invece vero che una parte del problema sta nel fatto che il nostro sistema di tassazione tassa in linea di principio nello stesso modo la grande società di capitali e la piccola srl. Sull’accenno all’importanza della pressione fiscale, certamente anche questa può contribuire, ma va ricordato che i) gli italiani evadevano tanto anche quando la pressione fiscale era più bassa ii) vi sono paesi (quelli del Nord Europa) dove l’economia sommersa, per quanto ne sappiamo, è meno sviluppata che da noi, pur in presenza di una pressione fiscale superiore. Questi ragionamenti ci riportano all’importanza dei fattori nostrani di cui sopra, cioè la qualità dei servizi pubblici, la tax morale del nostro paese e, soprattutto, la struttura produttiva.
La febbre dei tagli di bilancio si sta diffondendo rapidamente in tutti i paesi europei. E’ un esperimento politico-sociale senza precedenti: l’Europa nel suo complesso riduce la spesa pubblica anche a fini sociali. Ma se i tagli di oggi non si traducono in riforme strutturali avranno solo effetti temporanei sulla spesa. Se invece diventano riforme strutturali, potrebbero essere meno recessivi di quanto temuto.
Una proposta di legge affronta due temi finora trascurati nel nostro sistema di welfare: le necessità di cura delle persone non autosufficienti e la conciliazione con il lavoro remunerato. Ma la norma riesce a essere contemporaneamente vecchia, ingiusta e inefficace. Perché lo strumento scelto è il pre-pensionamento, che favorisce l’uscita dal mercato del lavoro e non la conciliazione. Perché non adotta un approccio universalista e garantisce condizioni più vantaggiose ai lavoratori pubblici. Perché scarica ancora una volta sulle famiglie l’onere del lavoro di cura.
Dell’evasione in Italia si sa praticamente tutto. Il problema di fondo consiste nel fatto che vi sono redditi completamente tracciabili e tracciati e altri che non lo sono. Se si ritiene che la riduzione dell’evasione sia utile, andrebbero reintrodotte integralmente le misure varate dal governo Prodi e subito abrogate dal governo Berlusconi. Con un passo ulteriore: grazie all’anagrafe dei conti bancari è possibile oggi richiedere agli intermediari finanziari la trasmissione al fisco dei saldi finali annuali di tutti i contribuenti, come avviene in altri paesi.