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ITALIA A CORTO DI STRATEGIE SUL CLIMA

Dopo la conferenza di Copenaghen sul clima, i ministri europei tornano a dividersi sulle strategie per combattere i cambiamenti climatici. O meglio, il disaccordo è più precisamente sugli impegni quantitativi di riduzione delle emissione dei gas ad effetto serra nel 2020. Ma è davvero rilevante discutere sui numeri? Quanto al governo italiano, non ha mai esplicitamente riconosciuto che le attività umane contribuiscono ad aumentare la temperatura del pianeta e non ha una visione strategica su come affrontare il problema.

I GAY CHE NON CONTANO

Non è semplice studiare le caratteristiche socio-economiche della popolazione lesbica, gay, bisessuale, transgender attraverso indagini campionarie. Per questo il censimento decennale è un’occasione unica: include un numero molto elevato di osservazioni e nello stesso tempo le stime basate su di esso sono per definizione rappresentative dei valori corrispondenti all’intera popolazione. Anche l’Italia potrebbe così impostare le sue politiche sulla base di dati invece che di opinioni precostituite. Il ruolo fondamentale dell’Istat.

TREMONTI È UN MAESTRO. DI SCI

Continua a mietere riconoscimenti il ministro Giulio Tremonti. Dopo essere stato insignito del nuovo titolo di “uomo dell’anno nell’economia italiana” dal direttore del Sole 24 Ore Gianni Riotta, il ministro dell’Economia verrà incoronato sabato 30 gennaio Maestro di sci ad honorem dal presidente dell’Associazione nazionale maestri Luciano Magnani. Non sono note al momento le motivazioni del premio e non sappiamo se i meriti di Tremonti siano da ascriversi allo slalom, alla discesa libera (specialità che paiono ispirarlo anche in politica) o semplicemente al nome evocativo  di bianche vette alpine come le Tre Cime di Lavaredo. Sappiamo invece che la cerimonia si svolgerà a Sestola (Monte Cimone) a conclusione del primo Criterium sulla neve dei parlamentari italiani che nell’occasione si misureranno con i membri del Gis, Giornalisti italiani sciatori. Qualche giornalista vecchio stile, di quei pochi che preferiscono fare i cani da guardia dei politici anziché organizzare con loro gite sociali, arriccia il naso davanti a questa inattesa iniziativa del presidente dell’associazione sciistica Mario Sensini, prestigiosa firma del Corriere della Sera. Difficile immaginare i reporter del New York Times o della Cnn in gita con i congressmen di Washington. Ma da noi le cose stanno diversamente. Da anni i cronisti parlamentari frequentano a Roma le palestre e i club di deputati e senatori e la cosa non fa scandalo, anche perché nessun giornale la racconta. E poi, a Sestola, i tre giorni di vacanza non saranno soltanto a base di discese, cene e vin brulé ma sono previste anche attività molto serie. Come recita il programma, alle 18.00 di sabato 30 “Convegno La montagna italiana, l’Italia della montagna, Cinema Belvedere di Sestola, con la partecipazione del Ministro degli esteri Frattini, Ministro dell’Economia Tremonti, Consulente per la montagna On. Manuela di Centa e tante altre autorità”. Ne sentivamo tutti il bisogno.

QUANDO L’IMMIGRATO È IMPRENDITORE

La rappresentazione pubblica dell’immigrazioneè generalmente dominata da una percezione negativa: illegalità, irregolarità, dissonanza culturale, chiusura comunitaria sono i temi più discussi. Sappiamo come queste visioni incidano pure sulla scena politica.
 
I NUMERI DELLA IMPRENDITORIA IMMIGRATA
 
Ci sono però anche altri aspetti dei processi migratori che cominciano ad attrarre attenzione e contribuiscono a disegnare un profilo più articolato della popolazione straniera e del suo rapporto con l’economia e la società dei paesi riceventi. Uno di questi è l’ingresso nel lavoro autonomo, un fenomeno in crescita in tutti i paesi occidentali. In alcuni di essi, soprattutto nell’area anglosassone, il tasso di lavoro indipendente degli immigrati ha superato quello della popolazione autoctona, in altri si sta avvicinando. Anche in Italia, malgrado la severa recessione in corso, sono sempre più numerosi gli immigrati che prendono la strada dell’auto-impiego e della micro-imprenditoria. Secondo l’ultimo Dossier immigrazione di Caritas/Migrantes, si tratta di 187.466 titolari di attività (maggio 2009), disposti in una graduatoria che vede al primo posto i marocchini (30mila), seguiti da rumeni (28mila), cinesi (25mila), albanesi (20mila). (1) 
Malgrado la crisi, il fenomeno è cresciuto del 13,5 per cento in un anno, che seguiva un incremento del 16,7 per cento nell’anno precedente (2007-2008). Quanto a distribuzione territoriale, si verifica una concentrazione nelle regioni più sviluppate, con la Lombardia al vertice (circa 44mila ditte), seguita da Emilia-Romagna (22.400), Toscana (22mila), Piemonte (21.300), Lazio e Veneto (circa 20mila in entrambi i casi).
 
TRANSNAZIONALISMO IMPRENDITORIALE
 
Va precisato che gli immigrati intraprendono soprattutto in ambiti con basse barriere all’ingresso e ridotta necessità di investimenti: i due settori dominanti sono le costruzioni (39,4 per cento delle ditte con titolare nato all’estero) e il commercio (34,1 per cento). Non mancano dunque casi di auto-impiego di rifugio, come alternativa alla disoccupazione, né forme di para-imprese, dall’autonomia meramente formale. Anche in questi settori, tuttavia, gli immigrati alimentano il ricambio del fattore imprenditoriale, prendendo il posto degli italiani che lasciano. Nel caso del commercio, contribuiscono alla persistente vitalità dei mercati rionali, delle panetterie artigianali, dei chioschi di fiori, delle pizzerie e di varie forme di street food. A partire dal settore alimentare, tra ristoranti, kebab, piccoli negozi specializzati, oltre che nella vendita di prodotti artigianali più o meno originali, gli operatori economici provenienti all’immigrazione sono protagonisti di un ampliamento dell’offerta commerciale che rende più cosmopolite e culturalmente “meticce” le nostre città. Sotto questo profilo, gli immigrati rinverdiscono antiche tradizioni di minoranze intermediarie e commerci transfrontalieri, che hanno visto nei secoli molte città contraddistinguersi come crocevia di scambi e intrecci culturali.
A queste esperienze è stata dedicata una ricerca, recentemente pubblicata, che ha indagato in modo specifico le attività economiche degli immigrati in cui si sviluppano rapporti transnazionali, materiali oppure simbolici. (2) Troviamo qui in primo luogo le attività che comportano uno spostamento fisico frequente attraverso i confini, con viaggi ripetuti tra madrepatria e luoghi di insediamento. Si può parlare in questo caso di transnazionalismo circolatorio, esemplificato in modo particolare dalle figure dei corrieri che, formalmente o informalmente, collegano i migranti con familiari e parenti lasciati in patria: in primo luogo, sulle rotte terrestri verso l’Europa dell’Est. Le loro imprese servono soprattutto i bisogni di famiglie e comunità separate dall’emigrazione, che lottano per rimanere legate attraverso lo scambio di doni e l’invio di rimesse
Una seconda forma di transnazionalismo imprenditoriale consiste nelle attività economiche che non implicano uno spostamento fisico degli operatori, ma fanno viaggiare denaro o messaggi. Si tratta di servizi come i phone center o gli sportelli di money transfer. Si può parlare in questo caso di transnazionalismo connettivo: è transnazionale il servizio che rendono, dissociato dalla mobilità geografica degli attori.
In terzo luogo, l’attività economica transnazionale può passare attraverso le merci comprate e vendute. Siamo allora in presenza di un transnazionalismo mercantile. Di nuovo, non è strettamente necessario uno spostamento fisico degli operatori per dare forma a questi commerci, mentre quasi sempre, affinché la dimensione culturale dello scambio acquisti autenticità, è richiesto che l’operatore provenga dai luoghi da cui importa le merci. I legami transnazionali consentono di realizzare in modo efficiente e vantaggioso le transazioni, che riguardano sia merci ricercate dai consumatori italiani attratti dall’esotico, sia prodotti richiesti dagli immigrati per sentirsi meno lontani da casa, per riprodurre sapori, profumi, usanze dei luoghi di origine, attivando quello che è stato definito “nostalgic trade”.
Possiamo infine individuare un transnazionalismo simbolico, che non importa merci, o lo fa soltanto in modo accessorio, al fine di ricostruire atmosfere, ambienti, significati. Offre un repertorio di consumi culturali e di rappresentazioni di identità nazionali, etniche, religiose. Forma e anima luoghi di incontro e di aggregazione, specialmente nel settore del loisir (per esempio, locali e scuole di ballo latino-americano; centri di meditazione yoga; bagni turchi, eccetera), prestandosi anche all’ibridazione e all’imitazione. In tal modo, gli scambi transnazionali si incontrano con le domande dei consumatori post-moderni, contribuendo a forgiare nuove pratiche sociali, nuove modalità di identificazione e nuovi sincretismi culturali.
 
(1) D. Erminio, Immigrati e imprenditoria, in Caritas-Migrantes, Immigrazione. Dossier statistico 2009, Roma, Idos ed.
(2) M. Ambrosini (a cura di), Intraprendere tra due mondi, Bologna, Il mulino.

COME RIFORMARE IL SISTEMA FINANZIARIO

La crisi finanziaria ha dimostrato che i tradizionali strumenti di regolamentazione sono ormai insufficienti. Necessaria dunque una riforma, che permetta di affrontare il rischio sistemico. E che si fondi su due pilastri: trasparenza assoluta sulle attività di intermediazione e un nuovo disegno della regolamentazione su banche e gestori degli investimenti.

QUELLE IMPRESE CHE REAGISCONO ALLA RECESSIONE

La grande recessione mondiale, che ha determinato una contrazione violenta dei flussi commerciali e della produzione, anche per l’Italia è la più seria dal dopoguerra. L’analisi dei microdati raccolti dalla Banca d’Italia rivela che la crisi ha colpito prima di tutto i comparti manifatturieri più propensi all’esportazione e i produttori di beni strumentali, creando particolari difficoltà alle imprese più piccole. Ma chi nella prima parte del decennio aveva realizzato profonde ristrutturazioni ha saputo arginare meglio gli effetti negativi della crisi.

2010: PERCHE’ L’AMERICA FARÀ MEGLIO DI EUROPA E ITALIA

Il 2010 ci porta un’economia mondiale trainata dall’Asia emergente, un’America che riparte più velocemente dell’Europa e un’Italia che cresce poco, in linea con i paesi dell’area euro. La crescita tra Europa e Usa diverge anche perché la produttività europea e italiana è diminuita durante la crisi mentre negli Stati Uniti l’aumento della disoccupazione, con i suoi alti costi sociali, è stato almeno usato per aumentare l’efficienza aziendale nelle imprese sopravvissute.

I LIMITI DELLA VALUTAZIONE IMPOSTA PER LEGGE

Elemento cardine del decreto Brunetta è la valutazione dell’operato della pubblica amministrazione e dei suoi dipendenti. Ma le esperienze avviate a livello locale sono la testimonianza che i pur esigui processi virtuosi di valutazione emergono nel nostro paese nell’agire concreto delle organizzazioni e non come adempimento a un obbligo di legge. Integrare il sapere decentrato delle amministrazioni territoriali con la visione strategica del centro è un passaggio cruciale ai fini della programmazione delle politiche di investimento di uno Stato federale democratico.

SE LA SCUOLA VA AVANTI CON I SOLDI DEI GENITORI

Il contributo volontario versato dai genitori è da anni prassi comune nelle scuole. Serve a finanziare l’ampliamento dell’offerta formativa che ciascun istituto decide autonomamente. Ma è anche una voce di bilancio certa e prevedibile nei tempi di incasso. Tanto che il ministero consente ora di ricorrervi per colmare la carenza dei finanziamenti statali per le spese ordinarie necessarie all’erogazione del servizio scolastico base. Equivale all’imposizione di una nuova tassa, regressiva perché di ammontare fisso indipendentemente dal reddito.

L’ISTRUZIONE FA LA DIFFERENZA

Il tetto al numero di alunni stranieri per classe annunciato dal ministro Gelmini risponde anche al timore che “troppi” immigrati possano pregiudicare l’apprendimento degli italiani. Ma è una preoccupazione confermata dai dati? Utilizzando quelli delle indagini Pisa, si vede che il fattore cruciale non è la quantità, ma la qualità: nei paesi che incentivano l’ingresso di immigrati relativamente istruiti un eventuale incremento della percentuale di studenti stranieri nelle classi finisce per arricchire il contesto formativo e favorire l’apprendimento dei nativi.

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