Lavoce.info

Categoria: Argomenti Pagina 846 di 1091

L’ETÀ RENDE INIQUA LA CARD

La social card è attribuita non solo in base a criteri di reddito e patrimonio, ma anche di età. E le stime dicono che sono gli anziani a dominare la platea dei beneficiari. Ma non è solo in questa fascia che si trovano le situazioni di disagio. L’incidenza della povertà è altrettanto grave, se non maggiore, tra le famiglie con un solo genitore o con molti figli. Perché è il numero, non l’età dei bambini a esporre i nuclei familiari al rischio povertà. Così il requisito finisce per escludere dalla misura la maggior parte delle famiglie con redditi nulli o molto bassi.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Cari Lettori,
le vostre riflessioni hanno contribuito ad arricchire la conoscenza sullÂ’argomento stimolando un ampio dibattito.

Sui contenuti:

1)     La diffusione: In Europa il nucleare è al primo posto nel confronto del mix delle fonti per la produzione di energia elettrica con il 31%. Il carbone è al 28%, il gas al 21%, le rinnovabili sono al 14% e il petrolio al 4% (cfr. Enea Rapporto energia ambiente 2007 – Luglio 2008). EÂ’ ormai opinione comune che solo un mix equilibrato delle fonti energetiche è in grado di favorire lÂ’efficienza energetica.

2)     Le scorie: se è vero che oggi le centrali nucleari sono più sicure di ventÂ’anni fa, è anche vero che le scorie rimangono un problema e il loro smaltimento richiede tempi lunghissimi. Riguardo lo smaltimento, la gestione dei rifiuti prende in considerazione il loro isolamento dalla biosfera per il tempo necessario a consentire il decadimento della radioattività presente. Nel caso di rifiuti a bassa attività, che costituiscono circa il 95% dellÂ’intera produzione (cfr. Enea Rapporto energia ambiente 2007 – Luglio 2008), lÂ’isolamento può essere garantito anche dal calcestruzzo che ha dimostrato di avere proprietà meccaniche, idrauliche e chimiche idonee per questo fine. Nel deposito definitivo dei rifiuti a vita lunga, la soluzione che ormai viene universalmente attuata è il loro deposito in alcune formazioni geologiche profonde adatte a restare stabili e inalterate nel tempo. Hanno questi requisiti i giacimenti come i bacini salini, specie quelli di salgemma e quelli argillosi e altri particolari tipi di rocce cristalline come i graniti non fratturati. In Francia si stanno sperimentando sistemi che prevedono la separazione in appositi reattori dei prodotti a più alta attività e la loro trasmutazione in radioisotopi a vita breve.

3)     La pericolosità delle centrali: mi chiedo se siano più pericolose le “eventuali” centrali italiane sottoposte a rigidissimi controlli, oppure se dobbiamo temere maggiormente alcune centrali nucleari che sono a pochi chilometri dai nostri confini come quelle al di là dell’Adriatico. Dopo il 1987 c’è da domandarsi se ha ancora senso importare energia in dosi massicce da paesi vicini al nostro che la producono con la tecnologia nucleare: questo non ci protegge da eventuali incidenti esponendoci nello stesso modo ai rischi di dispersione sul territorio e ci fa sostenere gravosi costi di acquisto dell’energia.

4)     Energie alternative: La previsione della European Photovoltaic Industry Association (cfr. http://www.epia.org/) per il 2025 è di avere una potenza fotovoltaica mondiale installata di 433 GW con una produzione di energia elettrica corrispondente a circa il 3% della stima di consumo mondiale. In Italia l’attuale dipendenza energetica è frutto di anni di incurie: oggi dipenderemmo meno dall’estero se avessimo investito nelle rinnovabili. Siamo il paese del sole e per vedere i tetti fotovoltaici dobbiamo andare in Germania. Da noi ci sono alcune zone, soprattutto nelle Isole, fortemente battute dal vento ma i maggiori produttori di energia eolica in Europa sono la tedesca E.ON e le spagnole Gamesa e Endesa. Anche in questo caso c’è da chiedersi perché negli anni non abbiamo investito seriamente in queste tecnologie accumulando, così, un imbarazzante ritardo nella ricerca e nello sviluppo.

5)     Sviluppo sostenibile-autonomia energetica: I dati dell’International Energy Agency dello scorso anno (cfr. http://www.iea.org) indicavano l’Italia come il secondo paese al mondo per importazione di energia elettrica: acquistiamo circa l’84 per cento del fabbisogno. Non è auspicabile continuare a dipendere in modo così ampio dalle importazioni per soddisfare una crescente domanda. I nostri consumi negli ultimi anni sono aumentati enormemente, pensiamo solo alla diffusione dei condizionatori o agli impianti industriali sempre più energivori. Anche la domanda mondiale è in crescita: le previsioni contenute nel Word Energy Outlook 2008, riportano un incremento medio della domanda mondiale dell’1,6% annuo durante il periodo 2006-2030.

6)     Il piano energetico nazionale: un piano energetico dovrebbe prevedere un programma di sviluppo che tenga conto delle risorse per l’efficienza energetica, per lo sviluppo delle rinnovabili e investimenti nella ricerca in modo da non dover rinunciare alle, sempre più strette, sinergie interdisciplinari.

7)     Nucleare si o no: Una cosa è certa: il nostro Paese accusa ritardi enormi nella ricerca e non possiamo permetterci di continuare a dipendere, nelle proporzioni sopra indicate, dall’estero. E’ necessario trovare presto delle alternative, siano le rinnovabili (che da sole però non bastano) o lo stesso nucleare, che ci permettano di ridurre le importazioni di energia.

Oscar Wilde diceva che “il non fare nulla è la cosa più difficile del mondo”. In questi anni noi ci siamo riusciti.

IL TRENO VA VELOCE. QUANDO NON RALLENTA

Entra in funzione la linea ferroviaria ad alta velocità tra Milano e Bologna, con un risparmio di 37 minuti. Ma anche i costi dell’opera sono alti: 7 miliardi per 188 chilometri. Così come il prezzo del biglietto, più caro che in Francia. E non mancano i disagi: il rallentamento degli Intercity e, a Milano, lo spostamento dei treni regionali da Centrale alle stazioni di Porta. Sono dovuti alle norme restrittive sulle velocità di approccio e di avviamento, introdotte dopo il disastro di Piacenza del 1997. Modificarle non comporterebbe alcun pregiudizio alla sicurezza.

E SULLA MILANO-VENEZIA I CONTI NON TORNANO

Il comitato promotore della nuova linea alta velocità Milano-Venezia ha presentato una dettagliata analisi costi-benefici del progetto. E’ una buona notizia perché l’iniziativa rende più trasparente il dibattito politico-decisionale, cosa assi rara in Italia. Se però si va più in profondità, si scoprono un errore di calcolo e alcune ipotesi indifendibili, tutte a vantaggio del piano. Ma più in generale emerge, ancora una volta, la necessità di analisi comparative, neutrali e fondate su parametri univoci e condivisi. Soprattutto quando le risorse pubbliche sono scarse.

A SCUOLA D’INVESTIMENTI

Per l’edilizia scolastica, e più in generale per l’istruzione, risorse scarse e mal distribuite. Ma dove trovare i soldi per gli investimenti? Le scuole italiane sono in cattivo stato anche perché sono troppe. Si potrebbe cominciare a chiudere i plessi inefficienti. Non con le imposizioni, ma attraverso una più corretta gestione dei rapporti finanziari tra livelli di governo. Parte dei risparmi dovrebbe rimanere all’ente locale per essere reinvestiti nel settore scuola. Necessaria una mappa efficiente dell’organizzazione del servizio scolastico sul territorio.

 

COSI’ L’ITALIA AIUTA LE BANCHE

Il piano italiano di salvataggio delle banche è molto più ampio di altri adottati in Europa, ma sembra anche più vago e con requisiti meno stringenti. Il rischio è un circolo vizioso in cui lo Stato è incentivato a rimanere nel capitale finché non ha recuperato il suo investimento mentre la banca non ha alcun interesse a chiedere la dismissione della partecipazione: gli azionisti non ne sono economicamente danneggiati e senza diritti di voto in assemblea ordinaria, lo Stato non può intervenire nella governance. Si indebolirebbe però l’autonomia decisionale dell’istituto.

QUANT’E’ LONTANA L’ARGENTINA?

Agli analisti del mercato interessa non tanto la dimensione del debito pubblico, quanto la capacità di un paese di rimborsarlo. Ora, il problema dell’Italia è per l’appunto la scarsa crescita. E la vera debolezza della politica del governo è proprio la mancanza di una strategia per superare la recessione e rimetterci su un sentiero di sviluppo sostenuto. Serve un percorso di riduzione della pressione fiscale e della spesa, accompagnato da un piano di investimenti pubblici. L’attuazione può essere graduale, ma le misure devono essere certe, permanenti e ben strutturate.

SE IL BANCHIERE CENTRALE METTE MANO AI SUOI ATTREZZI

La Banca Centrale Europea ha abbassato il tasso di riferimento dello 0,75 per cento. Un taglio consistente che tuttavia lascia ancora un buon margine di discesa senza trascurare la stabilità macroeconomica. Negli Stati Uniti, invece, il tasso della Fed si avvicina pericolosamente allo zero. Con il rischio che si rendano inefficaci i diversi strumenti strategici del banchiere centrale, dalle operazioni di mercato aperto al manovrare correttamente le aspettative. Come si stanno comportando, in concreto, i governatori degli istituti di Francoforte, Washington e Londra?

E CATRICALA’ PORGE L’ALTRA GUANCIA

L’Autorità antitrust ha dato il via libera al decollo di Cai. Stupisce che dopo essere stata esclusa da una valutazione della concentrazione Alitalia-Airone, l’Autorità abbia voluto offrire l’altra guancia accettando un ruolo di controllore del tutto formale rispetto all’evidente problema di monopolizzazione del trasporto aereo italiano. E stupisce la scelta di accontentarsi della tutela di una minoranza di consumatori deboli, abbandonando la maggioranza agli effetti negativi di un aumento generalizzato delle tariffe. Intanto Confindustria tace.

LA MISTERIOSA STRATEGIA DELL’ON. TREMONTI

La strategia anti crisi dell’Italia è ispirata alla massima cautela: misure dell’ordine dello 0,3 per cento del Pil contro il 7 per cento di altri grandi paesi. Si dice per tener conto del debito pubblico. Ma altrettanto rigore non è stato dimostrato in altre vicende. E’ una situazione paradossale in cui il governo non ha né una politica fiscale proporzionata alla recessione che stiamo attraversando né una di stabilizzazione strutturale del debito. Ci guadagna solo il ministro dell’Economia, che dall’ambiguità vede aumentare il suo potere.

Pagina 846 di 1091

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén