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IL RICHIAMO DELLA FINANZA

Già nel 2000 chi lavorava nella finanza guadagnava il 60 per cento in più rispetto agli altri. E negli ultimi trenta anni è stata proprio la possibilità di compensi altissimi ad attirare verso questo settore un numero sempre più alto dei più brillanti fra i giovani laureati. Ora la crisi ha messo in evidenza che tutta questa intelligenza non è stata utilizzata in maniera molto produttiva. Speriamo almeno che una situazione così difficile incoraggi i giovani a dedicarsi a campi nei quali il loro talento potrebbe essere più utile alla società.

DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI AIUTI DI STATO

Gli aiuti al settore finanziario applicano e non derogano le regole del Trattato. Il Consiglio europeo ha sottolineato l’eccezionalità della situazione e ha previsto alcune esplicite e dettagliate condizioni. L’accesso agli aiuti deve essere non discriminatorio, ma aperto a tutte le istituzioni finanziarie costituite nel territorio, a prescindere dalla loro nazionalità. L’aiuto deve essere temporaneo e strettamente funzionale alla durata della crisi e proporzionato anche dal punto di vista quantitativo. Insomma, in questo campo le regole ci sono. E sono buone.

LA PERICOLOSA PRUDENZA DEL MINISTRO TREMONTI

Il governo non riesce a decidere come reagire alla crisi. Il programma di ricapitalizzazione delle banche, altrove già avviato, continua a essere rinviato. Tremonti conferma la manovra approvata a giugno come se niente fosse successo nel frattempo. Questo immobilismo è pericoloso. Non serve ad evitare il peggioramento dei conti pubblici e non ci permette di contrastare la recessione. Anche senza colpo ferire finiremo nel 2009 per superare la soglia del 3 per cento nel rapporto fra indebitamento netto e pil. Meglio farlo varando quelle riforme strutturali che permettono oggi di contenere la recessione e domani di tornare a crescere.

LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Raccogliendo il disagio diffuso per lo stato dell’Università italiana, gli studenti di Alternativa Democratica hanno cercato di far sentire la loro voce sull’argomento, approfittando dell’occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico in Bocconi. Il risultato della mobilitazione ha visto come soluzione la proposta, da parte dell’Università, di consegnare una lettera firmata da tutti i rappresentanti degli studenti nelle mani del Presidente della Repubblica. Questa iniziativa, che per la natura delle proposte come per i metodi messi in atto, avrebbe avuto per lo meno il merito di rappresentare una prospettiva riformista sull’argomento, è stata trattata dalla stampa con una certa superficialità. Invitiamo tutti i lettori al workshop che si terrà all’Università Bocconi il 14 novembre.

QUALE LEGGE PER LE EUROPEE

La legge elettorale per il parlamento europeo dovrebbe garantire una rappresentanza universale e al contempo efficace in una complessa dinamica politica in cui si incrociano la dimensione di appartenenza partitica con quella nazionale. L’attuale sistema italiano assicura il massimo della universalità nella scelta, ma in termini di efficacia lascia a desiderare. Va dunque rivisto. La lista bloccata, abbinata a collegi su base regionale, è stata adottata da molti paesi. Potrebbe funzionare anche da noi, se accompagnata da un adeguato meccanismo di selezione dei candidati.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Mi sembra ci sia poco da aggiungere.
Ringrazio coloro che sono intervenuti civilmente, dando dimostrazione che si tratta di una questione di grande importanza per il futuro della nostra società.
Mi sembra anche che la maggior parte degli intervenuti siano d’accordo con le posizioni che ho espresso. Qualche precisazione sulle divergenze.

1) La formazione di classi in cui 25 bambini su 30 non parlano italiano è un’esagerazione. Se accadono, le concentrazioni abnormi dipendono:
1) da scelte dei responsabili scolastici;
2) dalla formazione di ghetti urbani (in Italia comunque al momento ancora rari).
La soluzione non sono le classi separate.

2) Costano anche le classi ponte; giacché l’apprendimento dell’italiano in contesti separati sarà più lento, rischiano persino di costare di più delle misure di accompagnamento che propongo, e che in parte sono già in uso. I test di italiano si possono fare, ma come strumenti per dare sostegno didattico, non per istituzionalizzare classi distinte. Penso che forse i test si dovrebbero fare anche per i bambini italiani, allo scopo di dare sostegno a chi ne ha bisogno (senza che sia necessario diagnosticare un handicap).

3) Sbagliato a mio avviso separare l’istruzione dall’integrazione sociale: la scuola deve preparare i futuri
cittadini di una società coesa, dinamica, aperta al futuro. Che non potrà che essere multietnico, al di là delle nostre personali preferenze.

4) A me non risulta che in Germania (stato federale, quindi possono esserci differenze regionali) vi siano classi di inserimento istituzionalmente separate, soprattutto oggi. Sono certo comunque che la tendenza di gran lunga prevalente nel mondo sviluppato non è quella. Anche l’apprendimento delle basi linguistiche può avvenire, e avviene meglio, con altre modalità.

5) Ho un dato nuovo che precisa quanto affermavo nell’articolo (lo devo a Meri Salati, Caritas ambrosiana): in provincia di Milano dieci anni fa c’era un insegnante-facilitatore ogni 50 alunni immigrati; oggi ce n’è uno ogni 500. Di certo le difficoltà saranno maggiori.

6) Mi pare sintonatico che le obiezioni riflettano le posizioni dei giornali filo-governativi, senza riferimento né a esperienze straniere (a parte l’ultimo caso, impreciso), né a opinioni pedagogiche qualificate. Saranno tutti in errore i governi, i responsabili scolastici e i pedagogisti che in Europa e nel mondo hanno scelto altre strade, e sarà più competente in materia l’on. Cota?

DECALOGO PER DOTTORATI

I dottorati di ricerca sono un elemento fondamentale per il progresso scientifico e tecnologico di un paese. E la loro qualità è uno dei migliori indicatori della qualità di un sistema universitario. La situazione dei nostri è assai deludente e una riforma è ormai ineludibile. Dovrebbe passare per dieci punti fermi: dalla valutazione esterna dei programmi a nuovi criteri per la ripartizione del fondo di finanziamento ordinario alle università, da un premio per le tesi più innovative al divieto di partecipare a concorsi per ricercatore nella sede dove si è conseguito il dottorato.

SE LA SCUOLA NON HA TEMPO PER LE MAMME

Il tempo pieno è un servizio educativo importante e un punto fermo nell’organizzazione delle famiglie italiane, in particolare quando la mamma lavora. Esiste un legame stretto tra questa modalità d’orario nella scuola dell’infanzia e primaria e l’occupazione femminile. Le donne che escono dal mercato del lavoro per le difficoltà a conciliare vita lavorativa e familiare, difficilmente riescono poi a rientrare. Il tasso di occupazione delle madri italiane è già molto basso. Non abbiamo certo bisogno di politiche che disincentivino ulteriormente il lavoro femminile.

 

CHE SPAVENTO LA CRISI IN PRIMA PAGINA

L’opinione pubblica cerca i responsabili della crisi tra gli amministratori delle istituzioni finanziarie. Ma non bisogna dimenticare il ruolo giocato dai politici e dai mass media durante espansione e scoppio della bolla. Stampa e tv diffondono oggi informazioni sostanzialmente esagerate. Le banche centrali dovrebbero quindi cimentarsi in un lavoro di analisi sull’andamento reale delle variabili finanziarie che più spaventano. Perché la gestione delle aspettative passa anche attraverso un oscuro lavoro di divulgazione.

IL CREDITO CARO ALLE DONNE

In Italia micro-imprese e auto-impiego sono più diffusi che in altri paesi. E le donne rappresentano il 25 per cento di questa categoria di imprenditori. Ma le banche praticano un tasso di interesse più alto quando è un’imprenditrice a chiedere l’accesso al fido, una fonte di credito importante per le necessità di cassa di aziende così piccole. Il differenziale non è giustificato da un maggior rischio di fallimento, si rileva su tutto il territorio nazionale ed è alto all’interno dei settori. Scende se c’è un garante uomo. E se si trattasse di una forma di discriminazione?

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