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IMMIGRAZIONE? NON E’ TUTTO BIANCO O NERO

L’immigrazione è un tema che suscita forti divergenze d’opinione. Per questo è molto usato in campagna elettorale. Alcuni studi sono utili a sfatare diversi miti: ad esempio non è detto che un forte flusso migratorio abbia ricadute su salari e occupazione della popolazione nativa. Altre ricerche aiutano a comprendere la nostra percezione degli immigrati. E illustrano come, in Europa, il dibattito sull’argomento verte soprattutto sugli effetti sociali, mentre, negli Stati Uniti, ci si interessa maggiormente sugli effetti economici.

BANCHE, MERCATI, MA SOPRATTUTTO FIDUCIA

Una delle conseguenze più rilevanti della crisi finanziaria è la sfiducia dei risparmiatori verso le banche. Le conseguenze che ne derivanno hanno un costo che ricade sull’intera società. Un aiuto per comprendere il fenomeno viene dalle scienze cognitive. Che ci mostrano come negli ultimi anni gli investitori si sono sentiti spiazzati dalla costante mutazione di nomi e prodotti finanziari. E ci spiegano che sarà lungo il periodo di tempo necessario alle banche per riconquistare la fiducia dei clienti.

IL RICORDO DI UN NOBEL

EÂ’ unÂ’occasione triste.
Ho conosciuto Riccardo per gran parte della mia vita di adulto. Abbiamo studiato assieme al MIT. Non posso dire di averlo conosciuto intimamente: era più una conoscenza di lavoro, perché lavoravamo nello stesso campo. Non riesco nemmeno a ricordare quante volte ci siamo incontrati nei vari convegni e, anche se non abbiamo probabilmente mai parlato per più di 45 minuti consecutivi, percepivo ugualmente che genere di persona fosse: una compagnia ideale, brillante, divertente, interessante. Era anche una persona molto pacata e discreta, quindi ci si metteva un po’ a capire che egli intuiva, prima degli altri, nuove soluzioni in campo economico. Mi ci vollero anni per comprendere che il famoso paper del 1984 mi aveva dischiuso prospettive totalmente inedite della geografia economica. E mi accorgo che quei miei lavori, che oggigiorno riscuotono maggior interesse, sono proprio quelli ispirati alle idee di Riccardo. Devo molto della mia reputazione accademica alle sue intuizioni, che gli permisero di aprire un campo nuovo.
Aveva il dono di saper vedere ciò che non era evidente. All’epoca, aveva cominciato a lavorare su alcune regioni e su base geografica . Può darsi che qualcun altro avesse già iniziato ad occuparsi del caso italiano, ma non era un argomento di moda, non era considerato importante; eppure in seguito divenne enormemente importante. Poi, con l’andar degli anni gran parte del suo lavoro si concentrò sulle molteplici dimensioni della globalizzazione. Gli ultimi suoi paper, che ho letto, evidenziano come vi siano molteplici canali ricorrenti, che si rinforzano a vicenda.
Ora, se mi guardo indietro, mi accorgo che studiavamo gli stessi argomenti – e spesso era lui il primo a farlo.  Era vivamente interessato al processo di interazione economica delle nazioni – quello visibile e quello invisibile – grazie al quale alcune economie nazionali evolvono in un modo che sarebbe impossibile senza quella specifica interazione. 
Una carriera straordinaria.
Nei miei discorsi, talvolta, faccio riferimento (e non so neanche se tale accenno venga sempre capito) a quel gruppo di economisti internazionali, che negli anni ’80-90 lavoravano sui temi dei rendimenti crescenti e che tentavano di essere sempre un passo avanti agli altri. Bene, di quel gruppo di economisti della mia generazione, sempre gli stessi ad incontrarsi ai convegni, Riccardo Faini è stato il primo ad andarsene. E’ una perdita molto dolorosa.

(traduzione di Daniela Crocco)

 * Questo intervento è uno stralcio tra tto dal libro “Riccardo Faini. Un economista al servizio delle istituzioni” edito da il Mulino e curato da Alessandra Del Boca. Il testo è anche un estratto della Fifth Luca d’Agliano Lecture, presentata da Paul Krugman a Torino, il 7 giugno 2007

NON FERMATE QUELLE OPA

La crisi finanziaria ha fatto crollare il valore delle azioni di molte società quotate in borsa. E benché quelle scalabili siano in Italia davvero poche, si cercano strumenti per rendere più difficili le offerte pubbliche di acquisto. Per esempio, rimuovendo la passivity rule, la norma che impedisce al management della società bersaglio di intraprendere azioni per ostacolare il successo dell’Opa. Ma una limitazione simile non tutela i piccoli azionisti. A trarne beneficio sono in genere i gruppi manageriali oppure gli azionisti di controllo. Regole speciali per i fondi sovrani.

UN PIANO ANCHE PER I CITTADINI

Il piano europeo per uscire dalla crisi va nella giusta direzione. Ma potrebbe incontrare l’ostilità dell’opinione pubblica, per le ingenti risorse pubbliche dirottate verso un sistema bancario che negli ultimi dieci anni ha realizzato enormi profitti. Tre proposte a vantaggio dei cittadini europei: aumentare la concorrenza nel sistema bancario per ridurre i costi e migliorare i servizi. Prevedere un programma di aiuto per famiglie in difficoltà con le rate del mutuo. E riduzioni fiscali per i redditi più bassi. Servirebbe anche a rendere la recessione meno duratura.

COSA MANCA NEL SALVATAGGIO EUROPEO

Se sono chiare le linee generali degli interventi decisi dai governi europei per contrastare la crisi finanziaria, poco ancora si sa sui dettagli del piano. Ma si tratta di dettagli molto importanti, che vanno dai criteri per decidere in quali banche iniettare capitale alla durata dell’implicita nazionalizzazione. Inoltre il piano non affronta un punto chiave: come affrontare l’eventuale salvataggio di grandi banche sovra-nazionali. Affrontare questo punto potrebbe darci finalmente l’occasione di creare un’autorità di vigilanza per l’area dell’euro, a cui affidare la tutela della stabilità di queste banche.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringrazio dei commenti alla mia proposta di estendere temporaneamente la garanzia statale ai prestiti interbancari. Prima di replicare, osservo che i governi europei sembrano essersi resi conto che il cuore della crisi di liquidità è nel mercato interbancario e che lì occorre intervenire. Coerentemente, stanno estendendo la garanzia statale ai depositi interbancari. Questo, unitamente alle altre misure adottate e alle variazioni intervenute nella politica di rifinanziamento della BCE, sta dando i primi risultati: le borse hanno reagito positivamente e i tassi d’interesse sull’interbancario hanno iniziato a ridursi. Siamo ancora lontani dal ritorno alla normalità, ma un primo passo è stato fatto. 
Non mi soffermo su coloro che sono a favore della mia tesi, mentre provo a rispondere a chi solleva obiezioni. Tra questi, qualcuno osserva che occorre proteggere coloro che hanno contratto mutui con le banche. Sono d’accordo, tanto che in un mio articolo precedente non ho risparmiato critiche alla convenzione ABI – Governo sulla rinegoziazione dei mutui, che comporta una significativa limitazione della concorrenza a danno della clientela. L’intervento da me proposto per il mercato interbancario non è incompatibile con misure che rendano meno onerose le rate dei mutui per i debitori: ad esempio l’indicizzazione degli interessi al tasso di policy fissato dalla BCE piuttosto che all’Euribor, che è molto più volatile.
Altri ritengono che sia meglio abbandonare al loro destino le banche, che non meritano alcun sostegno. In questo caso non sono d’accordo: non perché abbia particolare simpatia per le banche, ma perché una crisi del sistema bancario ha costi sociali molto alti. Il fallimento di una grande banca o di una quota consistente del sistema bancario espone i risparmiatori a perdite rilevanti e le imprese alla riduzione delle fonti di finanziamento, con ricadute negative sull’attività produttiva e sull’occupazione. Inoltre, il dissesto di una istituzione rischia di trasmettersi al resto del sistema, tramite una crisi di fiducia e a causa della rete di esposizioni reciproche. Perciò è nell’interesse di tutti mantenere la fiducia nella solvibilità del sistema bancario. Inoltre, le operazioni di salvataggio non impediscono necessariamente che i manager responsabili di cattiva gestione vengano sanzionati.

ALLA RICERCA DEL COSTO STANDARD

Il costo standard è cruciale nella finanza federale per determinare i flussi perequativi. Attenzione a non impostare complessi e probabilmente inconcludenti sistemi di valutazione microanalitica degli standard fisici e monetari in gioco. Conviene realisticamente adottare, sull’esempio della sanità, un approccio macroeconomico, con un dato monetario nazionale, scelto in sede politica, e coefficienti correttivi territoriali di natura tecnica. L’auspicio è che si cominci a ragionare in questi termini anche per assistenza, istruzione e trasporto locale.

UN PIANO B PER GLI STATI UNITI

Il piano Paulson non funziona. Serve dunque un programma alternativo, che dirotti il denaro pubblico dal sostegno diretto di Wall Street o del cittadino comune a un pacchetto di investimenti in grado di rimettere in moto l’economia. Basato su una idea: permettere una ristrutturazione efficiente dei debiti. Lo Stato dovrebbe limitarsi a definire un quadro normativo che consenta alle famiglie di rinegoziare i mutui sulle case che hanno perso oltre il 20 per cento del loro valore. E alle banche insolventi di chiedere una speciale forma di bancarotta.

BUCHI NELL’ACQUA

Alitalia insegna: anche in periferia soldi pubblici nelle società di diritto privato. L’aumento di capitale straordinario varato dalle province di Massa-Carrara e Lucca per evitare la bancarotta di Gaia, società a capitale pubblico che gestisce il servizio idrico, è un caso emblematico. Ai contribuenti lÂ’operazione costerà 20 milioni. Almeno due le lezioni che ne possiamo trarre: il settore è vulnerabile dal punto di vista finanziario ed è necessario definire regole contabili più rigorose. A maggior ragione quando a prendere le decisioni sono manager provenienti dalla politica. Perché potrebbero servirsi delle aziende per scaricare i problemi delle esangui casse comunali.

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