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L’ISEE DIECI ANNI DOPO

L’Isee ha appena compiuto dieci anni. E’ uno strumento in grado di fornire indicatori di benessere più veritieri del solo reddito personale. Ma i più recenti provvedimenti di natura sociale non vi fanno riferimento per la selezione dei beneficiari. Tuttavia, una politica di welfare slegata dalla prova dei mezzi contribuisce a elargire benefici anche a individui con una condizione economica che non giustifica il trasferimento. Con pessimi risultati rispetto agli obiettivi di contenimento e di efficienza della spesa e rispetto ai più elementari criteri di equità.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringrazio dei commenti. Per brevità, provo a fornire una replica complessiva, senza rispondere singolarmente a ciascuno.
Sono d’accordo sul fatto che le banche non sono tenute a fare beneficenza. Non dovrebbero però neppure fare finta di farla, propagandando come “a favore delle famiglie” un’iniziativa che di fatto non lo è, dato che i vantaggi immediati sono compensati dai costi futuri della rinegoziazione. Si noti che il meccanismo previsto dalla convenzione è particolarmente insidioso: il rischio di tasso (dovuto alla rata variabile) viene sostituito con un rischio sulla durata del mutuo, che può allungarsi anche di alcuni anni in modo imprevedibile, poiché la durata viene a dipendere dal futuro andamento dei tassi d’interesse di mercato. Questo aspetto è stato completamente “oscurato” nella presentazione dell’accordo fatta dal governo e dall’ABI, che hanno invece sottolineato il beneficio legato alla immediata riduzione della rata. 
Tuttavia l’aspetto più negativo dell’iniziativa è la limitazione della concorrenza che ne consegue. Di fronte alla potenziale concorrenza creata dalla “portabilità”, le banche hanno reagito stipulando un accordo collusivo, in cui si determinano in dettaglio le condizioni uniformi alle quali offrire alla clientela la rinegoziazione dei mutui. Nei prossimi mesi, le banche invieranno ai propri clienti proposte di rinegoziazione tutte uguali tra di loro. Questo introdurrà un forte disincentivo per un mutuatario a cercare condizioni più favorevoli presso un’altra banca. E così le banche hanno ottenuto il risultato che volevano: evitare di farsi concorrenza.    

UNA GRANDE OPERA. TUTTA DA VALUTARE

L’opportunità di stabilire le priorità di intervento in infrastrutture, sulla base di valutazioni di standard internazionale, è ampiamente riconosciuta. Tanto più in una situazione di risorse scarse. Per esempio, una valutazione della linea alta velocità Roma-Napoli evidenzia una clamorosa perdita di benessere collettivo, per il grandissimo squilibrio tra costi e benefici sociali che emerge dai calcoli. Quanto ai benefici ambientali, la gran parte dipende da quanto traffico sarà sottratto al trasporto stradale. Che non potrà essere molto.

TREMONTI, FAISSOLA E IL MUTUO CREATIVO

LA RISPOSTA AI COMMENTI

I numerosi commentatori si sono espressi  in maggioranza in termini favorevoli alle mie tesi. Ne sono confortato, anche perché  tra di essi stanno noti studiosi della materia come il prof. Petretto e il prof. Tramontana. Il commento di Petretto va sottolineato. Esso ricorda, a ulteriore sostegno, che l’efficienza economica induce a privilegiare le imposte caratterizzate da bassa reattività dei contribuenti , come appunto l’ICI, rispetto alle probabili imposte sostitutive che colpiscono i  redditi e i  consumi e  generano contrazioni dell’imponibile  e distorsioni nell’economia.
Ma veniamo ai commenti sfavorevoli. Alcuni contestano l’equità di un’imposta  su un patrimonio improduttivo qual è l’abitazione propria, affermando che solo l’imposta sul reddito o sul consumo è equa. La replica è che, come ampiamente noto, il reddito figurativo della residenza è tassabile quanto il reddito monetario dell’edificio locato; e questo incontestato principio tributario non è intaccato dalle possibili agevolazioni che si vogliano concedere, magari per finalità extratributarie ( diffusione della proprietà  a scopo di stabilizzazione sociale). Occorre poi ricordare che l’ICI sulla prima casa, mentre appare compatibile con il criterio della capacità contributiva,  è in ogni caso ampiamente  giustificata nella finanza locale dal criterio del beneficio.
Un altro commento invoca il ritorno alla vecchia imposta locale sul reddito ( Ilor, abolita nel 1998). A prescindere dai problemi applicativi di tale imposta nella sua configurazione effettiva, che a dispetto del nome la condannarono ad essere unÂ’imposta erariale, va detto che per la casa di abitazione lÂ’Ilor, depurata dalle esenzioni temporanee concesse sugli immobili di nuova costruzione, sarebbe del tutto equivalente allÂ’Ici.
Più fondamento teorico avrebbe l’ipotesi, avanzata in altro  commento, di ripristinare l’Invim, che tuttavia, per vari motivi non analizzabili in questa sede, è improponibile  nell’attuale contesto.
In termini  più aderenti alla situazione presente, viene da alcuni invocato un inasprimento dell’Ici sullo sfitto a compenso del gettito perduto con l’abolizione dell’Ici sulla prima casa. Incidentalmente va osservato  che non è  affatto ovvio il fondamento etico  della penalizzazione dello sfitto (bisognerebbe chiedersi perché il proprietario rinuncia al guadagno della locazione); ma  ai fini del tema in discussione basta sottolineare la vistosa differenza  tra i due imponibili, quello delle case sfitte e quello delle prime case, per concludere  che non c’è possibilità che un inasprimento sul primo compensi la scomparsa del secondo.
Su altro piano è stato sostenuto che si può configurare  una manovra sull’Irpef  tale da rendere il prelievo più progressivo rispetto all’attuale sistema con l’Ici. E’ tesi astrattamente  valida, ma non si tratta di configurare possibili combinazioni aritmetiche , bensì di ragionare  sulle probabili manovre di questo  governo dal lato delle entrate e su quello delle spese; e allora resta  valida la mia tesi che non ci si deve aspettare alcun guadagno in termini di efficienza o equità. Senza contare che simili esercizi  non intaccano comunque le ragioni del federalismo che militano a favore dell’Ici.
Termino riconoscendo molto lucida l’osservazione di Mario Data sui possibili guasti provocati dall’Ici sulla politica urbanistica. La tesi, che  anch’io avevo avanzato su queste colonne, è che i comuni,  in perenne crisi finanziaria, sono tentati di svendere il territorio e “ cementificare l’impossibile” per incassare in futuro l’Ici ( in aggiunta  all’incasso immediato degli oneri di urbanizzazione e costruzione). Ma la soluzione sta nel garantire  una più efficace tutela  del territorio e un maggiore ruolo delle compartecipazioni comunali al gettito delle  imposte erariali, non già nell’abolire l’Ici sulla prima casa.

MASSIMA SPESA, MINIMA RESA?

L’indennità dei parlamentari italiani è fino a quattro volte superiore al reddito annuale di un manager del settore privato. E i redditi totali dei deputati nel primo anno alla Camera aumentano in media del 77 per cento. A questo si somma il reddito di eventuali attività professionali esterne: in media un ulteriore 38 per cento dell’indennità. Ma le stime suggeriscono che 10mila euro di reddito guadagnato in attività al di fuori del Parlamento riducono il tasso di partecipazione del parlamentare dell’1 per cento. Nasce da qui la proposta di abolire la possibilità di cumulo.

SUL MUTUO LA FINANZA SI RISCOPRE CREATIVA

Davvero le banche si sono commosse per i debitori in difficoltà con la rata del mutuo? Non sembra. Chi aderirà alla rinegoziazione avrà un beneficio immediato, ma un maggiore onere futuro. Gli istituti di credito non fanno nessuno sconto, semplicemente consentono di rinviare il pagamento di una parte degli interessi. E su quelli dilazionati matureranno altri interessi. Più conveniente cercare di sfruttare la portabilità introdotta dal decreto Bersani. Solo dalla concorrenza tra le banche si può sperare di ottenere veri e duraturi benefici per le famiglie.

TROPPA CONFUSIONE SUI LAVORATORI AZIONISTI

Dare rappresentanza ai lavoratori nel governo dell’impresa è utile soprattutto se si guarda al loro interesse a conoscere e controllare la gestione, ad esempio attraverso la possibilità di nomina di membri del collegio sindacale. La partecipazione finanziaria dei lavoratori, invece, può portare a confusione dei ruoli. Un contributo potrebbe invece derivare dal rafforzamento delle forme di investimento collettivo. EÂ’ questo uno dei tanti aspetti del tema “Mercato e democrazia”, titolo del Festival dellÂ’Economia che si tiene a Trento dal 29 maggio prossimo al 2 giugno.

AGENZIE DI RATING E CONCORRENZA

Non è facile indicare soluzioni al problema del ricambio delle agenzie nel mercato nel rating, quando si verifichino diffusi errori di valutazione. Non si può lasciare libero accesso a nuovi operatori confidando in una naturale selezione operata dal mercato. Ma non si possono neanche limitare fortemente le nuove iniziative imprenditoriali in nome di un iniziale accertamento della professionalità. La concorrenza, se contenuta da argini tecnici e normativi, può e deve rappresentare un utile sprone alla maggiore efficienza anche in questo settore chiave dell’economia.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

LE QUESTIONI SOLLEVATE DAI COMMENTI DEI LETTORI.

Regime della tutela dei dati personali e natura dei dati tributari, rilevanza delle modalità di divulgazione rispetto alla tutela della privacy, valenza del controllo sociale come espressione di un rapporto tra i consociati fondato sulla corresponsabilità condivisa nei confronti del bene comune, in corrispondenza ad una concezione democratica e partecipata del vincolo sociale, o invece incentivazione di un deprecabile voyeurismo di massa e (peggio ancora) strumento odioso di delazione, alla stregua, come dice un lettore, di quanto praticato da “tutte le dittature per controllare ogni respiro dei propri cittadini”. Queste, per sommi capi, le questioni su cui, nella varietà degli accenti e delle posizioni, si sono principalmente soffermati i numerosi commenti seguiti alla pubblicazione del contributo Contribuenti fra trasparenza e privacy. Una vera e propria risposta richiederebbe uno spazio di cui non si dispone, si cercherà quantomeno di fornire qualche elemento ulteriore di analisi e riflessione.

REGIME DELLA TUTELA DEI DATI PERSONALI E NATURA DEI DATI TRIBUTARI.

I dati oggetto della pubblicazione effettuata dallÂ’Agenzia delle entrate rientrano, certo, tra i dati personali, come qualunque informazione riconducibile, anche indirettamente, a una singola persona, ma, va sottolineato, non sono dati sensibili. In base al Codice della privacy, infatti, i dati personali non sono posti tutti sullo stesso piano, ma sono protetti con diversa intensità in relazione al loro diverso contenuto. La tutela è massima per le informazioni in materia di salute o di vita sessuale della persona, mentre invece è ridotta per le informazioni di natura economica. Basti ricordare che per il trattamento dei dati riguardanti l’attività economica dei soggetti (fatto salvo il segreto industriale e aziendale) non è necessario il consenso dell’interessato (art. 24, c. 1, lett. d). Da questo differenziato regime della tutela dei dati personali non si può prescindere quando si opera il confronto tra le ragioni della trasparenza, che hanno guidato il provvedimento di pubblicazione adottato dallÂ’Agenzia delle entrate, e le ragioni della privacy, che gli sono state contrapposte: la riservatezza dei dati economici non è nel nostro ordinamento un valore assoluto, ma al contrario risulta, nello stesso Codice della privacy, di portata circoscritta, in conformità peraltro con la Costituzione repubblicana, che non include più le situazioni a contenuto economico  nellÂ’area  dei diritti fondamentali inviolabili. La tutela della riservatezza va ponderata con gli altri valori fondamentali affermati dalla Costituzione. Nel bilanciamento tra valore della riservatezza dei dati economici, dalla Costituzione e dal Codice della privacy considerati comparativamente meno meritevoli di tutela rispetto ai diritti fondamentali, e valore della trasparenza come strumento per garantire unÂ’opinione pubblica adeguatamente informata rispetto a interessi pubblici fondamentali quali lÂ’adempimento del dovere dÂ’imposta (fin dalla nascita dello Stato democratico legato a filo doppio alla titolarità dei diritti politici) e lÂ’eguaglianza fiscale (art. 53 Cost.), non può essere che questÂ’ultimo il valore destinato a prevalere.

MODALITÀ DI PUBBLICAZIONE E TUTELA DELLA PRIVACY.

Il punto centrale della questione di illegittimità del provvedimento dell’Agenzia delle entrate sollevata dal Garante per la protezione dei dati personali riguarda la modalità della pubblicazione dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi, effettuata su internet. La legge, che risale ad anni antecedenti alla diffusione di internet, prevede la pubblicazione di tali dati nella forma del deposito degli elenchi dei contribuenti “per la durata di un anno, ai fini della consultazione da parte di chiunque, sia presso lo stesso ufficio delle imposte, sia presso i comuni interessati” (art. 69 del d.p.r. n. 600/1973). Il provvedimento del Garante ritiene prescritti dal legislatore, con tale disposizione, un limite territoriale e un limite temporale alla diffusione dei dati in oggetto. Il primo, costituito dalla delimitazione di ciascun elenco ai soli contribuenti della singola circoscrizione territoriale comunale alla quale soltanto l’elenco stesso è poi trasmesso e presso la quale soltanto è depositato. Il secondo, costituito dal limite di durata di un anno del deposito. Entrambi i limiti appaiono, evidentemente, scardinati dalla pubblicazione degli elenchi su internet, che travalica la delimitazione per circoscrizioni comunali e, consentendo a chiunque di “scaricarli” sul proprio computer, vanifica altresì il limite temporale. Il Garante lamenta che “l’Agenzia non ha previsto “filtri” nella consultazione on-line” e che ha posto in essere “una modalità di diffusione sproporzionata in rapporto alle finalità per le quali l’attuale disciplina prevede una relativa trasparenza”. Affermare questo, però, significa non considerare che la disposizione che prevede la pubblicazione degli elenchi, ossia l’art. 69 cit., la prescrive “ai fini della consultazione da parte di chiunque”. Consentire la consultazione a chiunque significa non prevedere alcun filtro per la conoscibilità degli elenchi. La norma non richiede per la consultazione degli elenchi né il requisito della residenza nel comune corrispondente né la titolarità di alcun specifico interesse ad acquisire tale conoscenza. La previsione del “chiunque”, in altre parole, è di per sé incompatibile con il limite territoriale configurato nel provvedimento del Garante e che a suo dire sarebbe stato violato dalla pubblicazione su internet. Quanto al supposto limite temporale, in realtà l’art. 69 cit. prevede la durata di un anno del deposito non come termine massimo, per garantire il cd. diritto d’oblio dei dati, ma come garanzia della loro effettiva consultabilità, fino a che i dati di ciascun anno non siano sostituiti con quelli dell’anno successivo. Appare pertanto fondata la tesi dell’Agenzia delle entrate, che ha ritenuto andasse applicata anche a questo tipo di pubblicazione, prevista dal legislatore in una fase in cui non si era ancora avuta la diffusione di internet, la disposizione che oggi richiede allo Stato e alle altre amministrazioni pubbliche di assicurare la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale (art. 2, c. 1, d.lgs. n. 82/2005, Codice dell’amministrazione digitale).
Va ribadito dunque che il ricorso alla pubblicazione su internet non è illegittimo per contrasto con l’art. 69 cit., in quanto, al contrario, consente una piena attuazione di tale norma, in cui è stato fissato dal legislatore, in termini generali, un ordine di priorità tra interesse alla trasparenza e interesse alla riservatezza, con riguardo ai dati fiscali, assegnando la prevalenza al primo, per le considerazioni di interesse pubblico già richiamate.
Sulla base di queste stesse considerazioni vanno affrontati anche gli ulteriori quesiti, emersi nel dibattito, relativi alla necessità di accompagnare la pubblicazione su internet con l’introduzione di soluzioni informatiche rivolte a consentire la tracciabilità degli accessi e impedire il trasferimento di file per evitare che siano costituite banche dati improprie e siano effettuati usi illeciti dei dati. A ben vedere: la tracciabilità degli accessi è in realtà incoerente con l’apertura della consultazione a chiunque, nel senso prima chiarito; bloccare la possibilità di “scaricare” il file è un rimedio solo apparente a fronte delle tecnologie attuali, in grado comunque di superare un tale impedimento. Va osservato peraltro che in realtà gli elenchi sono già da tempo disponibili sulla rete, attraverso gli archivi on line dei giornali che li hanno pubblicati, quantomeno in parte, anno per anno, e, ancora, va considerato che con le tecnologie attuali la stessa consultabilità degli elenchi cartacei nelle modalità testuali dell’art. 69 cit. apre potenzialmente la possibilità della loro registrazione. Quanto alla trasferibilità all’estero, la Corte di giustizia della Comunità europea ha statuito che l’inserimento di dati su internet non costituisce un trasferimento verso paesi terzi, anche se questi dati sono così resi accessibili per la consultazione da persone di paesi terzi, considerato il carattere ubiquitario delle informazioni su internet (sent. del 6 novembre 2003, Causa C-101/01). Quanto sin qui affermato non implica tuttavia che qualsiasi uso dei dati tributari così pubblicati sia da ritenere ammissibile, ma, in corrispondenza a quanto più volte sancito dalla giurisprudenza in materia di accesso ai dati, comporta invece che gli usi illeciti dei dati vadano perseguiti nel momento in cui si verifichino senza che per prevenirli si debbano soffocare le esigenze di trasparenza.

VALENZA DEL CONTROLLO SOCIALE

Il punto cruciale, in definitiva, sotteso a tutte le questioni sollevate, attiene all’alternativa tra due concezioni diverse della privacy, corrispondenti a due diversi modi di intendere il rapporto tra il singolo e la società. L’una considera la privacy come bene assoluto e indifferenziato, indipendentemente dal contenuto delle informazioni coinvolte, sicchè rivendica per quelle di natura economica le stesse garanzie che, viceversa, la legge, nella ricerca del contemperamento tra tutela della privacy e tutela di altri valori fondamentali, riserva ai soli dati “sensibili”. In tale prospettiva l’individuo è considerato in relazione esclusiva con lo Stato, avulsa da qualsiasi legame sociale. L’altra, coerentemente con l’impostazione recepita nell’impianto stesso del Codice della privacy, parte dal presupposto che la tutela della riservatezza vada ponderata con gli altri valori fondamentali affermati dalla Costituzione e, nel caso in esame, considera come esito di tale ponderazione la prevalenza da assegnare alla trasparenza dei dati fiscali. In essa ravvisa infatti uno strumento fondamentale per una corretta informazione in ambito sociale sull’adempimento da parte di ciascuno del dovere di contribuire secondo le proprie disponibilità al bilancio pubblico, quale espressione del vincolo che lega ogni soggetto agli altri componenti della comunità sociale, a fini di equità fiscale nella copertura della spesa per i servizi erogati alla comunità medesima nella sua interezza dall’intervento pubblico.

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