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VOTO DI PROTESTA E LEGGENDE METROPOLITANE

Circolano molte voci, soprattutto sul web, sull’espressione del voto di protesta e sulle sue conseguenze nella ripartizione dei seggi. Facciamo chiarezza. Il voto nullo, il “voto in bianco”, la mancata consegna della scheda o il suo mancato ritiro, nonché l’astensione hanno esattamente lo stesso peso nella determinazione dei seggi spettanti a ciascuna lista: nessuno. E nessun presidente o segretario di seggio potrà mai verbalizzare una espressione di voto, qualunque essa sia.

 

 

FEDERALISMO FISCALE

Di federalismo fiscale nei programmi dei partiti per le elezioni del 2008 si parla relativamente poco, eccetto come ovvio in quello della Lega Nord, in cui non si parla di altro. Non si tratta certo del tema centrale di questa campagna elettorale, nonostante una riforma costituzionale rimasta a metà. Ma nella vaghezza degli slogan, alcuni spunti interessanti emergono. C’è solo da chiedersi se c’è davvero consapevolezza nei partiti principali di quello che si scrive e della applicabilità delle proposte .

PARTITI MINORI

Nei programmi dei partiti minori il federalismo fiscale o non è citato per niente – la Sinistra Arcobaleno – o se ne parla en passant assieme a molti altri temi e spesso in modo così vago da rendere difficile individuarne i contenuti concreti (La Destra, Partito socialista).

C’è però da aggiungere che questi partiti sanno che comunque non governeranno e non hanno l’esigenza di proporre un programma completo e credibile. I programmi qui servono essenzialmente per riaffermare valori e richiamare voti: sarebbe per certi versi ingeneroso pretendere completezza o anche sensatezza.

LEGA NORD

Diverso il caso della Lega Nord, che è sì un partito piccolo, ma concentrato territorialmente e già dimostratosi in passato essenziale per la vittoria della coalizione di centrodestra. Dunque, capace di esercitare un’influenza concreta. Per questo partito, il federalismo fiscale è l’elemento fondante. Di conseguenza, il programma è radicale.

Non ha dovuto firmare un programma comune con gli altri partiti della coalizione di centrodestra, quindi la Lega Nord ritorna nel 2008 al proprio disegno istituzionale “storico”. Propone di suddividere lo Stato nazionale in tre macroregioni, di attribuire totale autonomia delle Regioni sul piano tributario, di lasciare fino al 90 per cento dei gettiti dei tributi erariali nei territori che li generano, di introdurre la perequazione orizzontale tra le macroregioni e così via.

Inutile dire che gli effetti dell’attuazione di un tale programma sarebbero esplosivi, probabilmente incompatibili con il mantenimento di uno Stato unitario e sicuramente incompatibili con il suo attuale funzionamento. Difficile dire in che misura i proponenti credano davvero nel loro programma: nelle concrete esperienze di governo, la Lega Nord si è poi mostrata molto più “ragionevole”, anche sul tema identitario del federalismo. Certo che su questa base qualche difficoltà di governo ci sarà di sicuro, se la coalizione di centrodestra, forte anche al Sud, vincerà le elezioni.

POPOLO DELLA LIBERTÀ

La medesima tensione è già presente nello stesso programma del Pdl. Il federalismo fiscale è la “sesta missione” , ma si presenta in tono minore, una paginetta scarsa a fronte delle ben più corpose missioni che lo precedono.

Il programma si articola in alcuni principi, tanto condivisibili quanto generici:“attuare lÂ’articolo 119 della Costituzione (…) trovando il giusto equilibrio tra autonomia, equità e efficienza”, garantire la “massima trasparenza ed efficienza nelle decisioni di entrata e di spesa” e così via. Si fanno anche affermazioni contraddittorie, per esempio quando si dice che la perequazione non deve essere tale “da annullare interamente le differenze di capacità fiscale” tra territori, salvo poi affermare subito dopo “fermo il principio costituzionale di giusto equilibrio tra solidarietà ed efficienza”, che di per sé non significa nulla, se non che la prima parte della frase non deve essere presa troppo sul serio.

La vera bomba nel programma del Pdl è però l’impegno, esplicitamente preso, di fare approvare dal Parlamento nazionale la proposta di legge sull’articolo 119 approvato dal consiglio regionale della Lombardia nel 2007. La cosa buffa è che non si dice minimamente di che si tratta e l’estensore del programma sembra ignorare che la proposta rende vacue tutte le proposizioni precedenti. Infatti, la proposta lombarda è tutto tranne che vaga e generica. Prevede, tanto per dire, che sia attribuito alle Regioni (con possibilità di modifiche regionali nelle aliquote e detrazioni) il 15 per cento della base imponibile Irpef, l’80 per cento del gettito Iva, tutto il gettito delle accise sulla benzina, l’imposta sui tabacchi, quella sui i giochi eccetera. A spanne, si tratta di circa 15 miliardi di euro di entrate in più per la sola Lombardia. Applicarla a tutte le Regioni, significherebbe trasferire ai territori circa il 5 per cento del Pil in un botto solo. Significherebbe anche minori risorse da destinare allo Stato e alla perequazione territoriale. Oltretutto, la proposta è silente sul lato della spesa, per cui non si capisce se questa ingente devoluzione delle risorse dovrebbe avvenire a competenze date o dovrebbe finanziare una maggiore devoluzione delle risorse (forse l’istruzione?). (1)

In ogni caso, la logica, simile a quella della proposta della Lega, è “prima le risorse e poi le funzioni”. Lasciamo i soldi ai territori e poi vediamo cosa si fa con la spesa, la stessa logica delle attuali Regioni a statuto speciale.

Una proposta radicale dunque, soprattutto per gli equilibri territoriali. C’è da chiedersi se nel Pdl c’è qualcuno che ha fatto i conti e si è chiesto che cosa la sua attuazione implicherebbe per l’equilibrio finanziario del paese e la redistribuzione territoriale delle risorse.

PARTITO DEMOCRATICO

Il programma del Pd non presenta proposte di legge così radicali e dettagliate, ma introduce qualche idea innovativa.

Intanto, prevede una “revisione delle materie del Titolo V” e lÂ’introduzione di una “clausola di supremazia” trasversale alle materie, che tradotto, significa la possibilità per lo Stato centrale di legiferare anche sulle materie regionali, sia pur con “il consenso del Senato”, che dovrebbe diventare un “Senato delle autonomie”. Naturalmente, se la clausola si rivelerà una tagliola per lÂ’autonomia regionale, oppure un semplice principio di coordinamento tra Stato e Regioni, dipende da come verrà implementato, cos’è e qual è il ruolo del Senato delle autonomie, quali procedure per la attivazione della clausola, eccetera. Ma su questo, il programma è silente. Sposa però una particolare interpretazione dellÂ’articolo 119. E prevede che i “2/3 del paese siano liberati dal coinvolgimento dello Stato nel finanziamento delle loro competenze”, che tradotto significa Regioni del Centro Nord autonome e autosufficienti sul piano fiscale, attraverso vere “compartecipazioni dinamiche al gettito dei grandi tributi erariali”, “limitando lÂ’intervento dello Stato alla perequazione dei territori con più basso reddito e (…) svantaggiati nella distribuzione delle risorse pubbliche”.

Si prevedono poi tributi propri per il finanziamento dei servizi pubblici aggiuntivi ai “servizi di base espressamente definiti dalla Costituzione” e garantiti dallo Stato. Insomma, un modello di decentramento costruito, a differenza di quello del centrodestra, sull’attuale Titolo V, ma con un’accentuazione molto forte dell’autonomia finanziaria, e potenzialmente in grado di sostenere un ampio grado di differenziazione territoriale nei servizi.

Bisognerà vedere se davvero si avrà la capacità di attuarlo, visto che su questo le opinioni all’interno del Pd sono assai differenziate.

Ci sono infine due proposte più immediate. La prima è l’estensione a tutte le Regioni del “federalismo infrastrutturale” sperimentato in Lombardia, con la cogestione Stato-Regione delle grandi opere pubbliche. Forse è una buona idea, ma sarebbe stato meglio vedere prima se l’esperimento lombardo funziona davvero. La seconda è la promessa che si elimineranno finalmente le province, laddove si introdurranno le citta metropolitane. Su questo si poteva essere ben più coraggiosi.

(1) Nell’aprile del 2007 la Lombardia ha presentato una proposta di legge, in linea con quanto previsto dell’articolo116 della Costituzione, che prevede la delega di 12 funzioni da parte dello Stato alla Regione. Si tratta tuttavia di funzioni legislative (ambiente, beni culturali, i giudici di pace eccetera) con effetti finanziari minimi e certo non in grado di giustificare da sé una tale devoluzione delle risorse.

PENSIONI

PARTITO DEMOCRATICO

La proposta principale del Pd in tema di pensioni è successiva alla presentazione del programma e prevede:

– Bonus medio annuo di 400 euro annui per le pensioni sotto ai 25mila euro; dai 250 ai 100 euro per pensioni tra 25mila e 55mila euro. Si effettua attraverso lÂ’applicazione di maggiori detrazioni fiscali.

Non ci sono provvedimenti per coloro che hanno pensioni inferiori agli 8.675 euro (età maggiore 64 anni) perché il governo Prodi ha già previsto una somma aggiuntiva tra 336 e 504 euro dal 2007, denominata quattordicesima.

– Estensione della quattordicesima alla fascia dagli 8.675 ai 25mila euro.
– Indice del costo della vita calcolato dallÂ’Istat per le famiglie di pensionati per monitorare lÂ’adeguamento al costo della vita delle pensioni. Adeguamenti sulla base di un indice “di sostenibilità” dato dal rapporto tra monte salari dei lavoratori dipendenti e numero dei pensionati.

Per l’invecchiamento attivo: agevolazioni alle imprese che assumono gli over 50 a tempo indeterminato, incentivi ai lavoratori che prolungano l’attività lavorativa oltre l’età pensionabile, abolizione del divieto di cumulo tra pensione e retribuzione

Il costo è di 2,5 miliardi di euro l’anno; la copertura si dovrebbe avere attraverso la riduzione della spesa primaria e la valorizzazione del patrimonio.

POPOLO DELLA LIBERTÀ

Il programma si riassume nella dichiarazione di Silvio Berlusconi del 25 marzo 2008: “Interverremo sulle pensioni più basse e le adegueremo al carovita”.

UDC

– Recupero potere dÂ’acquisto delle pensioni dei dirigenti, dei quadri dellÂ’industria del commercio e trasporti eccetera e dei dirigenti pubblici.
– Abolizione del provvedimento che azzera la perequazione delle pensioni nel 2008 (dellÂ’ultima finanziaria), recuperando nel tempo lÂ’importo dovuto
– Abolizione completa divieto di cumulo tra salari e pensioni
– Possibilità di versare volontariamente la contribuzione ordinaria per dirigenti che a causa di ristrutturazioni aziendali restano senza lavoro
La copertura si ha con il recupero di risorse attraverso risparmi dovuti, ad esempio, all’abolizione delle province.

SINISTRA ARCOBALENO

– Garantire una pensione netta non inferiore al 65 per cento dellÂ’ultima retribuzione e comunque non inferiore ai 600 euro mensili (dal 2008). Tale cifra andrà rivalutata annualmente sulla base dellÂ’inflazione reale.
– Incrementare attuali pensioni minime e basse fino a 800 euro netti.
– Rivalutare tutte le pensioni collegandole alla crescita della ricchezza del paese e calcolo dellÂ’inflazione di riferimento sulla base di un paniere di beni essenziali.

– Tenere conto dellÂ’anzianità e non solo dellÂ’età nei criteri di accesso alla pensione.
– Riconoscimento di pensione anticipata ai lavori usuranti.
– Versamento volontario del Tfr allÂ’Inps per tutti i lavoratori. Conferimento del Tfr ai fondi pensione reso reversibile.

COMMENTO

Il Pd, la Sinistra Arcobaleno e l’Udc hanno toccato un fenomeno importante: la progressiva erosione del potere d’acquisto delle pensioni che sono indicizzate al costo della vita, ma non alla crescita salariale. Problema, questo, particolarmente sentito per le pensioni più basse. Non ci sono chiare indicazioni sulla copertura della spesa addizionale.
In merito alle proposte, il Pd propone da una lato di dare dei bonus alle pensioni più basse e dall’altro di legare l’andamento delle pensioni, al rapporto tra monte salari e spesa pensionistica, correggendo per gli andamenti demografici.
Anche l’Udc si preoccupa degli adeguamenti al costo della vita, ma stranamente solo per alcuni gruppi di lavoratori, mentre la Sinistra Arcobaleno si spinge a riconsiderare la formula stessa del calcolo della pensioni proponendo l’inserimento di elementi “retributivi” nel sistema contributivo.
Ci sembra molto pericoloso reintrodurre elementi di spesa addizionali (come proposto dalla Sinistra Arcobaleno) che non sono necessariamente perequativi e che minano alla base lÂ’equilibrio sostenibile del sistema contributivo che lentamente sta andando a regime.
Occorrerebbe anzi fare menzione dell’adeguamento più diretto alla accresciuta longevità, come previsto dalla legge del 1995.

FISCO

PARTITO DEMOCRATICO

Pressione fiscale e azioni di contrasto allÂ’evasione

Subito: aumento detrazione per lavoro dipendente, per alleggerire il carico fiscale sui lavoratori, specie con salario basso.
Dal 2009, riduzione graduale delle aliquote Irpef, di un punto all’anno  per tre anni
Il finanziamento deve venire principalmente dal contrasto allÂ’evasione fiscale, consolidando e ampliando i risultati ottenuti negli ultimi anni. Niente condoni

Fisco e famiglia

Dote fiscale per i figli (al posto di assegni familiari e detrazioni):

– 2500 euro per il primo figlio;
– universale (cioè rivolta tutti i contribuenti),
– crescente al crescere del numero dei figli e decrescente in funzione della condizione economica del nucleo familiare.
– riconosciuta mese per mese in busta paga o come minore imposta o come trasferimento in caso di incapienza.

Credito di imposta (o trasferimento in caso di incapienza) per lavoratrici, adeguato a sostenere le spese di cura, graduato in funzione del livello del reddito e del numero di figli. Riconosciuto in un primo tempo alle donne del Sud e poi esteso a tutto il territorio nazionale.

Fisco e casa

Tassazione dei redditi di locazione ad aliquota fissa.
Aumento della detraibilità della rata sui mutui prima casa.
Detraibilità di una quota fissa dell’affitto pagato (ampliamento della detrazione per gli affitti già introdotta dal governo Prodi).

Fisco, imprese e lavoro

Incentivi fiscali alla crescita dimensionale delle imprese, e al private equity.
Regime per i contribuenti minimi e marginali esteso, per opzione, ai contribuenti con ricavi inferiori ai 50mila euro (contro i 30mila attuali).
Abbattimento aliquota dÂ’acconto al 10 per cento.
Studi di settore: mai retroattivi, no ad accertamenti reiterati, maggior peso della dimensione territoriale.
Detassazione in capo al lavoratore degli incrementi contrattuali di secondo livello: il Ddl fiscale chiarisce che si deve trattare di una detrazione al 23 per cento e gli incrementi agevolati non possono eccedere i 2500 euro.

Costi e coperture

Per i provvedimenti che sono stati inglobati nel Ddl sul fisco è indicata una quantificazione e un’ipotesi di copertura. In altri casi la copertura è più generica. Si condiziona esplicitamente l’attuazione delle politiche all’esistenza di una copertura credibile, ricorrendo anche all’ipotesi di utilizzo dei cosiddetti fondi negativi attraverso i quali si vincola l’attuazione dei provvedimenti di maggiori spese o minori entrate all’approvazione di altri provvedimenti, in itinere, che devono garantire le risorse necessarie al loro finanziamento.

POPOLO DELLA LIBERTÀ

 Pressione fiscale e azioni di contrasto all’evasione

Pressione fiscale sotto il 40 per cento (nel 2007 era il 43,3 per cento).
Aliquota massima dellÂ’Irpef al 33 per cento.
Rafforzamento delle misure di contrasto all’evasione già contenute nella Legge finanziaria del governo Berlusconi. Giulio Tremonti ha dichiarato che non ci saranno condoni.

Fisco e famiglia

Quoziente familiare (in sostituzione delle detrazioni per carichi di famiglia): l’Irpef non grava sul reddito individuale ma su quello familiare. A parità di reddito familiare, l’aliquota media dell’Irpef decresce al crescere del numero dei famigliari.
Riduzione Iva per prodotti infanzia.
Abolizione delle imposte sulle successioni e sulle donazioni.

Fisco e casa

Abolizione completa dellÂ’Ici sulla prima casa.
Graduale e progressiva tassazione separata dei redditi di locazione.
Stabilizzazione di agevolazioni per risparmio energetico e ristrutturazioni (che già esistono) e incentivi fiscali alla costruzione per posti auto sotterranei.

Bonus locazioni per giovani coppie e meno abbienti.

Fisco, imprese e lavoro

Abolizione graduale dellÂ’Irap.
Credito per imprese che assumono giovani e che trasformano contratti temporanei in contratti a tempo indeterminato.
Sperimentazione di un periodo no tax per nuove iniziative imprenditoriali e professionali dei giovani.
Riforma degli studi di settore “dal basso”.
Versamento Iva solo dopo lÂ’effettivo incasso della fattura.
Detassazione degli straordinari.
Graduale detassazione delle tredicesime.

Costi e coperture

Il costo delle singole politiche non viene quantificato. Se ne prospetta spesso un’introduzione  “graduale”, a indicare la consapevolezza di un problema di copertura. Questo è importante specialmente per l’ipotesi di abolizione dell’Irap che, da sola, costerebbe di più di tutto il programma fiscale del Pd.

 COMMENTI

 

Pressione fiscale e azioni di contrasto allÂ’evasione

LÂ’abbattimento di tutte le aliquote Irpef di un punto percentuale, proposto dal Pd, riduce il carico fiscale per tutti i contribuenti. LÂ’abbattimento dellÂ’aliquota massima al 33 per cento, proposto dal Pdl, concentra il beneficio sui redditi alti e in special modo su quelli superiori ai 75mila euro e esclude dal beneficio i soggetti con reddito sotto i 28mila euro: le aliquote dellÂ’Irpef attualmente superiori al 33 per cento sono infatti quella al 43 per cento per redditi superiori ai 75mila euro, quella al 41 per cento per redditi compresi fra 55mila e 75mila euro e quella al 38 per cento per redditi compresi fra i 28mila e i 55mila euro.
L’intervento sulla detrazione per lavoro dipendente proposto dal Pd è esteso ai lavoratori atipici ed è pensato anche come compensazione del fiscal drag.
L’obiettivo del Pdl di portare la pressione fiscale al di sotto del 40 per cento è lo stesso enunciato nella campagna elettorale precedente.
Nel campo del recupero dell’evasione il programma del Pd si rifà ai successi del governo Prodi (stimati in più di 20 miliardi in due anni) e conferma l’impegno nella medesima direzione. Quello del Pdl richiama l’ultima Legge finanziaria del governo Berlusconi che prevedeva come misura principale di contrasto all’evasione il coinvolgimento dei comuni. A questa legge è stata data attuazione nel dicembre 2007.

Fisco e famiglia

Il problema principale del passaggio al quoziente familiare, proposto dal Pdl, è che riconosce un abbattimento di imposta tanto più alto quanto minore è il numero dei percettori e quanto più alta è la differenza fra i redditi da essi percepiti. Il vantaggio maggiore va quindi alle famiglie monoreddito con reddito elevato. Data questa caratteristica, disincentiva l’offerta di lavoro femminile. 
Il quoziente familiare non dà alcun sostegno alle famiglie con debiti di imposta bassi o nulli, diversamente da quanto avviene con la dote proposta dal Pd. A queste famiglie resterebbero gli assegni familiari che però non sono universali (i lavoratori autonomi non ne godono).
Unificare le misure monetarie a favore delle famiglie con i figli, come nel caso della dote, avrebbe il pregio di rendere trasparente e valutabile lÂ’aiuto che complessivamente si ottiene dallo Stato.
Il credito di imposta alle lavoratrici, proposto dal Pd, considera il costo del lavoro di cura (che si deve “comperare” da altri se si va a lavorare) come un costo di produzione del reddito. Non è pensato come sostitutivo dell’offerta di servizi (asili nido, e servizi a favore di anziani non autosufficienti). Bisognerebbe che fosse chiaro che tiene conto non solo della cura dei figli ma anche di quella degli anziani non autosufficienti.
LÂ’Iva è unÂ’imposta armonizzata, quindi il suo abbassamento sui prodotti per l’infanzia è una decisione che non può essere presa da un singolo Stato. E lÂ’imposta di successione già oggi si applica solo alle eredità che superino una franchigia di un milione di euro per il coniuge e per ciascun erede in linea retta.

Fisco e casa

La parte fiscale della politica per la casa è simile fra i due programmi. La maggiore differenza è data dal fatto che il Pdl prevede l’abolizione totale dell’Ici sulla prima casa. Questa misura avrebbe però l’effetto di aumentare la dipendenza dei Comuni dai trasferimenti erariali. Sotto il profilo distributivo, essendo l’Ici sulla prima casa già stata ampiamente ridotta dal governo Prodi, la misura andrebbe principalmente a favore dei contribuenti con case più lussuose.

Fisco, lavoro e imprese

L’abolizione dell’Irap proposta dal Pdl era stata promessa anche nella precedente campagna elettorale. È difficile da realizzare perché comporta una grossa perdita di gettito (circa 38 miliardi) e perché l’Irap è la fonte principale di autonomia tributaria delle regioni.
Per quanto riguarda le altre misure, vale l’avvertenza generale che non è corretto pensare che tutti i problemi possano essere affrontati con incentivi fiscali.
Attenzione ai possibili effetti delle proposte. Per il Pd, l’ampliamento del tetto del regime per contributi minimi andrebbe subordinato all’effettiva capacità di controllare che non faciliti l’entrata nel regime di soggetti che rientrano nel limite di ricavi indicato solo perché nascondono al fisco l’eccedenza. Per il Pdl, il differimento del versamento dell’Iva al momento dell’effettivo incasso potrebbe aumentare la complessità del sistema.
Per gli incrementi contrattuali di secondo livello e gli straordinari, si veda la scheda sul lavoro.
Non si comprendono le motivazioni per cui detassare le tredicesime, come proposto dal Pdl. È un’operazione costosissima (circa 8 miliardi) che introdurrebbe una discriminazione ai danni di chi non ha la tredicesima (lavoratori atipici) e che favorirebbe soprattutto soggetti con alti redditi. A maggior ragione se la detassazione avvenisse sotto forma di applicazione di un’aliquota ridotta.

FAMIGLIA

I problemi più gravi delle famiglie italiane, come mostrano i dati recenti, sono la bassa partecipazione, la bassa fertilità e l’elevato tasso di povertà tra le famiglie con figli minori.
Tutti i partiti implicitamente o esplicitamente concordano su queste priorità, ma i programmi del Partito democratico e del Popolo della libertà si differenziano per vari aspetti sostanziali. Mentre il primo propone strumenti che favoriscono la crescita di famiglie dove si lavora in due, il secondo propone strumenti che di fatto sostengono le famiglie con figli, ma non incentivano il lavoro femminile
Molta attenzione di tutti i partiti per aspetti che riguardano libertà e diritti nella sfera privata delle unioni e della procreazione. La maggior parte dei programmi, inoltre, sono a favore di programmi di inasprimento delle pene per i reati di violenza sui minori e sulle donne.

PARTITO DEMOCRATICO

Incentivi al lavoro femminile 

Per facilitare la partecipazione femminile, il Pd propone vari tipi di incentivi: misure fiscali mirate per il lavoro delle donne, migliori strumenti di conciliazione, orari flessibili negli asili e nelle scuole, congedi parentali simili al Nord Europa e alla Francia per durata e generosità, ampliamento ulteriore della rete dei servizi per lÂ’infanzia. Propone poi uno strumento utilizzato con successo in Gran Bretagna: il credito d’imposta rimborsabile per le donne che lavorano e hanno spese di cura.
Per incentivare invece le imprese ad assumere donne, il Pd propone leggi sull’eguaglianza di genere nel mercato del lavoro, come in Spagna, e punteggi più elevati nelle graduatorie per gli appalti alle aziende che rispettano la parità di genere.

Sostegno economico delle famiglie con figli

Il Pd punta su strumenti che si basano su sgravi fiscali e servizi.
Propone una dote per i figli che sostituisce gli attuali assegni per il nucleo familiare e le detrazioni Irpef per figli a carico. La dote è di 2.500 euro annui sul primo figlio, aumenta col numero dei figli secondo parametri di equivalenza e diventa imposta negativa in quanto viene erogata come trasferimento a favore delle famiglie incapienti. Questa somma, che può interessare circa 300 mila mamme all’anno, ha un costo di circa 2 miliardi (da coprire con i tagli alla spesa pubblica previsti).

Decisioni di procreazione e diritti delle unioni di fatto

Per il Pd educare alla procreazione responsabile e alla genitorialita è un obiettivo prioritario, ma si aggiunge un giudizio positivo della legge 194, come norma equilibrata che ha dato buoni risultati.
Nell’ambito dei diritti all’interno delle unioni di fatto, il Pd promuove il riconoscimento giuridico dei diritti, prerogative e facoltà delle persone stabilmente conviventi, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.

POPOLO DELLA LIBERTÀ

Incentivi al lavoro femminile

Il Pdl propone di introdurre il quoziente familiare, che invece scoraggia il lavoro femminile e garantisce vantaggi alle famiglie con un unico reddito. Il costo va dai 6 a i 10 miliardi. Propone poi sconti fiscali alle imprese che assumono donne e crediti dÂ’imposta quelle che assumono giovani e che trasformano contratti temporanei in contratti a tempo indeterminato.

Sostegno economico delle famiglie con figli

Il Pdl propone, come in passato, strumenti di sostegno di tipo monetario. Si tratta di riprendere l’erogazione del bonus bebè per incentivare i bassi tassi di fertilità, mentre per sostenere le famiglie con figli piccoli si propongono riduzioni dell’Iva sugli alimenti base dell’infanzia, libri gratuiti.
Per tutte le famiglie inoltre c’è l’eliminazione dellÂ’Ici sulla prima casa, la costruzione di nuovi alloggi nonché la riduzione del costo dei mutui e bonus affitti per aiutare le giovani coppie.

Decisioni di procreazione e diritti delle unioni di fatto

Nel programma di sostegno della famiglia, il Pdl si propone un rilancio della prevenzione e di assistenza dei consultori pubblici e privati per garantire alternative allÂ’aborto.

LA DESTRA

Esplicito nel programma della Destra-Fiamma tricolore, il progetto di revisione della legge 194 al fine di rendere effettiva la difesa della vita dal concepimento. Dichiara una decisa opposizione a formule Dico-Pacs.

FINANZA

PARTITO DEMOCRATICO

Il programma del Pd al punto 9 lancia lo slogan “concorrenza produce crescita” e dice che bisogna ridurre i costi dei servizi bancari, aumentare la trasparenza e la semplificazione dei contratti, la diffusione di strumenti di pagamento elettronici, le opportunità di finanziamento di famiglie e imprese “attraverso l’introduzione di forme di autoregolamentazione del settore e intese tra governo, associazioni di rappresentanza e parti interessate”.
Al punto 8 del programma si parla invece  di “imprese più forti per competere meglio”. Oltre alla opportuna revisione del diritto societario per eliminare le differenze di regolamentazione tra società quotate e società aperte e cioè quelle con capitale diffuso che non accedono ai mercati, si propone una disciplina stringente dei rapporti con parti correlate. È, questa, come da tempo denunciato anche dalle Autorità di vigilanza, una delle note dolenti del funzionamento degli italici sistemi di governo societario, dove i conflitti di interesse e i pericoli di condotte espropriative dei soci di maggioranza a danno degli azionisti di minoranza sono sempre in agguato.
Al punto 8f si chiede “più democrazia economica” e, per favorire la partecipazione dei lavoratori all’impresa, si propone, fra l’altro, di consentire la presenza dei loro rappresentanti nel consiglio di sorveglianza. Si torna (finalmente) alle originarie vocazioni del sistema dualistico, nato proprio per coinvolgere gli stakeholder nel governo societario. È una proposta destinata a suscitare contrasti, anche per la tradizionale ritrosia su questi temi delle parti sociali, compresa una larga fetta di sindacato; ma è sicuramente coraggiosa e forte.

POPOLO DELLA LIBERTÀ

Il Pdl proclama nel punto 2 della seconda missione, “una casa per tutti”, propone una “riduzione del costo dei mutui bancari delle famiglie rendendone conveniente la ristrutturazione da parte delle banche”, ma senza spiegare come, con quali strumenti e soprattutto per quali mutui.
Al punto 4 della prima missione, il Pdl propone di generalizzare il principio della portabilità a tutti i rapporti bancari. È una proposta importante, soprattutto con riferimento ai conti correnti: effettivamente può contribuire, come sostenuto anche dall’Autorità antitrust, ad “agevolare i consumatori e innescare la necessaria pressione competitiva” abbassando gli ostacoli alla mobilità.
Sempre nel punto 4, il Pdl sostiene di voler liberalizzare i servizi privati e pubblici per favorire il rapporto qualità prezzo per i consumatori, e soprattutto di voler liquidare le società pubbliche non essenziali. Impegno nobile. La curiosità, oltre a scoprire chi e come liberalizzare in un paese dove notoriamente tutti lo desiderano, ma fuori dalle mura di casa propria, è di leggere la lista delle società pubbliche pronte a buttarsi nella decrepita categoria degli ”inessenziali”.

PARTITI MINORI

Nei programmi elettorali di altri partiti la finanza non ha molto spazio se non per generiche proposte sui mutui.
La Sinistra Arcobaleno propone di istituire un fondo a sostegno della loro ricontrattazione, ma, e a prescindere dal fatto che l’ultima Finanziaria già prevede un fondo, non specifica attraverso quali modalità dovrebbe operare.
Ancora più fumosa la proposta de La Destra che fa riferimento a un mutuo sociale che consenta l’acquisto della casa senza l’intermediazione delle banche; una sorta, a quanto pare di capire, di finanziamento pubblico per tutte le famiglie che intendono acquistare una casa e nelle quali nessun membro risulti proprietario di immobili. Da sottolineare il fatto che il mutuo sociale sarebbe finanziato con una tassazione straordinaria di banche e assicurazioni.
Per quanto concerne le proposte sulle liberalizzazioni, merita una segnalazione il programma dell’Udc che prevede incentivazioni, anche se non specifica quali, agli enti locali che decidano di uscire dalle società che gestiscono i servizi pubblici locali.
Sul terreno del diritto dell’impresa, segnaliamo, infine, la  proposta dell’Italia dei valori della reintroduzione del reato di falso in bilancio, e cioè il ritorno alla disciplina anteriore alla riforma voluta dal governo di centrodestra che ha sostanzialmente depotenziato le sanzioni per le false comunicazioni sociali.

COMMENTO

Sulla finanza le proposte del Pd sono, a dir la verità, un po’ generiche, ma possono quantomeno essere di buon auspicio: negli ultimi due anni di travagliato governo, il centrosinistra si è effettivamente sforzato di adottare misure per rafforzare la competitività sul mercato dei servizi finanziari e bancari e quindi la speranza è legittima. Il messaggio della trasparenza coniugato con la semplificazione dei contratti, se si tradurrà in provvedimenti concreti, è importante perché l’informazione è utile se i destinatari ne possono usufruire in maniera chiara e semplice: costringere gli intermediari a fornire moduli su moduli che vengono firmati senza essere letti è costoso per loro e poco funzionale per una reale consapevolezza nelle scelte di finanziamento.
Servirebbe, accanto all’informazione, un grande progetto di educazione finanziaria e, perché no, la creazione di strutture di “indipendent face to face counselling”.
Sul terreno delle relazioni industriali si aprono nuove frontiere e soprattutto si mettono a disposizione utili strumenti di governance societaria in grado di aumentare la conoscibilità e il monitoraggio delle imprese nella loro dimensione operativa e finanziaria.
Sui mutui, lo slogan Pdl è molto attraente. C’è da chiedersi, però, perché si debba ristrutturare un mutuo prescindendo dalle sue caratteristiche e soprattutto dalle caratteristiche del prenditore: i destinatari della misura sono solo le famiglie che il Pdl ricomprende nel “piano casa” e cioè non ancora proprietarie, o tutte? Chi si compra la seconda casa, o paga regolarmente, perché dovrebbe usufruire della ristrutturazione? E bisogna ricordare che già sono operativi altri provvedimenti di agevolazione: ad esempio la Finanziaria2008 ha previsto un fondo di solidarietà relativo ai mutui per l’acquisto della prima casa. Fondo che, però, interviene solo a favore di coloro che non riescono a sostenere le rate e possono sospendere il pagamento per non più di due volte e per un periodo complessivo non superiore ai diciotto mesi. Siamo ancora in attesa del regolamento ministeriale di attuazione, ma per i mutui valgono le stesse ragioni di critica nei confronti dei provvedimenti, promossi con grande foga alla fine della passata legislatura, di rimborsi generalizzati (finora inattuali) dei possessori di titoli in default: nei periodi pre-elettorali è molto forte la tentazione di misure populistiche che corrono il rischio di introdurre elementi distorsivi nel funzionamento dei mercati con pratiche generalizzate e onnicomprensive che volendo tutelare tutti, finiscono con il tutelare poco o niente chi ne avrebbe effettivamente bisogno e diritto.
La portabilità proposta dal Pdl del numero dalla propria a un’altra banca è una misura che va attentamente valutata alla luce dei costi che potrebbe avere nella modifica delle infrastrutture informatiche. Da tempo nel nostro ordinamento vigono i principi di analisi di impatto della regolamentazione, per evitare che norme con ottimi propositi comportino svantaggi per il sistema superiori ai loro benefici. Sono principi frequentemente, e in maniera assolutamente bipartisan, dimenticati, ma quello della portabilità del numero è un terreno sul quale muoversi con prudenza: altrimenti, il rischio è che i costi per i correntisti, usciti dalla porta, rientrino dalla finestra.

ENERGIA E AMBIENTE

Nel capitolo dell’energia e dell’ambiente i programmi elettorali di Popolo della libertà (Pdl), Partito democratico (Pd), Sinistra Arcobaleno (Sa), Unione di centro (Udc), Italia dei valori (Idv), La Destra-Fiamma tricolore non sembrano essere caratterizzati da differenze significative. Le indicazioni di Idv e de La Destra sono estremamente sintetiche, mentre il Parlamento del Nord non sembra prendere in considerazione queste problematiche.
Il novero delle proposte in tema di fonti energetiche, mercati dell’energia, salvaguardia del clima, rifiuti è più o meno lo stesso, anche se spesso una formazione politica su singoli punti si diparte dal gruppo delle altre.Èbene comunque ricordare che per tutti i partiti si tratta sempre e solo di promesse, le quali, in questo ambito , tendono più spesso che no a rimanere tali da una legislatura all’altra.
Tutti i partiti si dicono a favore del ricorso allo sviluppo delle fonti rinnovabili: il solare viene particolarmente enfatizzato. Promozione di efficienza e risparmio energetico sono un altro elemento cardine delle strategie che i vari partiti hanno in mente.

PARTITO DEMOCRATICO

Il Pd propone un piano per realizzare in dieci anni la trasformazione delle fonti principali di riscaldamento degli edifici privati e pubblici. Inoltre propone di rendere permanenti gli incentivi fiscali previsti dalla Finanziaria 2008. Favorevole allo sviluppo del nucleare di ultima generazione. Il carbone pulito è una fonte menzionata nell’ambito di un generale proposito di sviluppo di tecnologie energetiche che prevedano la cattura e il sequestro dell’anidride carbonica, nonché – interessante – dell’idrogeno.
Riconosce la necessità di procedere sulla strada dei rigassificatori. Più in generale, il Pd si sofferma molto sul gas naturale, sia per l’aspetto tecnologico (trasporto, stoccaggio) che di mercato (borsa del gas, Italia hub della rete europea del gas).
Ritiene desiderabile la microgenerazione.
Favorevole agli inceneritori, chiamati pudicamente termovalirizzatori. Anche ad essi il Pd sembra riferirsi quando parla di sviluppare impianti per il trattamento dei rifiuti.
Il Pd proclama l’obiettivo di minimizzare il consumo di suolo vergine – la green land – e di riqualificare le aree già costruite – le brown lands. Dichiara poi urgente un piano di riqualificazione delle periferie.
Il Pd elabora un’articolata proposta per battere l’“ambientalismo che cavalca ogni Nimby”, che passa per la presentazione pubblica – anche sul web – dei progetti infrastrutturali, per la discussione, l’ascolto e la rielaborazione per tenere conto delle osservazioni, ma alla fine arriva alla definitiva fase decisionale.
Propone una strategia generale nella scelta degli strumenti di politica energetico-ambientale nella direzione della “sperimentazione di particolari incentivi di mercato”: da tariffe variabili di smaltimento dei rifiuti in base alla partecipazione o meno alla raccolta differenziata, a tasse di possesso automobilistiche legate alle emissioni, fino alla “previsione di una carbon tax che penalizzi processi particolarmente energivori”. Insomma: “maggiore ricorso al mercato e ai prezzi, minore ricorso a concessioni, licenze e divieti”. L’economista in genere e l’economista ambientale in particolare gongola, anche se la formula della “sperimentazione di particolari incentivi di mercato” ha più il sapore della concessione che della convinzione, del sasso tirato e della mano nascosta.
C’è nel programma Pd una frase suggestiva: “il problema ecologico ci impone una gigantesca riallocazione delle risorse di lavoro, di terra e di capitale”. Si deve perciò “accelerare la transizione da settori, processi e prodotti energy-intensive a settori, processi e prodotti energy-saving, spostare risorse dal consumo immediato all’investimento, incoraggiare l’abbandono di stili di vita consumistici fino alla dissipazione, a favore di stili di vita attenti alla eco-compatibilità dei comportamenti individuali”.

POPOLO DELLA LIBERTÀ

Il Pdl si dice favorevole oltre che alle fonti di energia rinnovabili a un impegno per lo sviluppo del nucleare di ultima generazione, anche se la stampa sembrava anticipare mosse molto più ardite da parte del centrodestra in questo ambito. Propone la conversione delle centrali elettriche a olio combustibile a favore dell’utilizzo del carbone pulito.
Sul fronte delle infrastrutture energetiche si registra il consenso a procedere sulla strada dei rigassificatori
È d’accordo con i termovalorizzatori, ma sostiene che va comunque privilegiata e promossa la raccolta differenziata.
Il Pdl propone di introdurre non meglio specificati strumenti di tutela del suolo e delle acque anche per prevenire disastri idrogeologici. E una legge obiettivo per il recupero, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale e la tutela del paesaggio.
La formazione del centrodestra, con un occhio di riguardo per i propri alleati, è particolarmente attenta al ruolo delle autonomie territoriali e alle competenze delle regioni, le cui prerogative in queste materie vengono più volte richiamate.
L’idea più originale è forse quella di introdurre il “5 per mille” a favore dell’ambiente: non ci è dato però sapere esattamente a favore di chi e di che cosa e di che somma si potrebbe trattare.

SINISTRA ARCOBALENO

Solo il programma della Sa menziona il Protocollo di Kyoto, quasi che gli altri dimenticassero che da lì il futuro governo dovrà partire e dovrà indicare come fare fronte agli obblighi che sono già scattati per il nostro paese il primo gennaio scorso.
Sinistra Arcobaleno propone un grande investimento pubblico per l’installazione di pannelli solari su tutti i tetti di case e condomini italiani. Suggerisce poi di proseguire lÂ’esperienza del Conto energia. Ribadisce il suo no convinto e perentorio al nucleare.
Il gas è solo il combustibile di transizione, secondo la Sa, verso le fonti rinnovabili.
No agli inceneritori e al tentativo di finanziarli con il Cip/6, una truffa da eliminare definitivamente secondo la Sa.
In tema di governo del territorio e tutela del paesaggio, la Sa invoca una legge quadro che abbia come obiettivo quello di fermare il consumo del suolo anche attraverso il bando definitivo dei condoni edilizi.
L’acqua è una risorsa che deve restare pubblica, afferma, ed è anzi necessario ripubblicizzare i servizi idrici promuovendo adeguati investimenti nell’efficienza e manutenzione della rete al fine del risparmio e dell’uso compatibile con i rischi di desertificazione del Mezzogiorno.
La Sa considera prioritaria la lotta allÂ’inquinamento acustico e luminoso.

UDC

L’Udc è favorevole alle fonti di energia rinnovabile e al nucleare di ultima generazione.
D’accordo a procedere con i rigassificatori. lÂ’Udc propone di privilegiare la ristrutturazione di impianti esistenti di produzione di elettricità e di promuovere la cogenerazione.
È favorevole ai termovalorizzatori.
Sotto il profilo delle procedure, l’Udc invoca la semplificazione della normativa vigente e il riordino delle competenze in materia di energia. Il “federalismo energetico” non può essere diritto di veto, ma assunzione di responsabilità.

PARTITI MINORI

L’Italia dei valori è favorevole allo sviluppo del nucleare di ultima generazione e alla microgenerazione. Ritiene che vada privilegiata la raccolta differenziata. E propone di finanziare le auto elettriche.
Sulla questione dei rifiuti, La Destra, pur favorevole ai termovalorizzatori, ritiene particolarmente importante puntare sulla raccolta differenziata. 

GIUSTIZIA

Molti e difformi sono i punti toccati dai vari programmi elettorali in tema di giustizia. In estrema sintesi possiamo dire che su questo argomento i diversi programmi si differenziano per grado di operatività delle proposte, per attenzione alle questioni organizzative, per interesse rivolto alla questione della separazione delle carriere, per la questione delle risorse da dedicare.

GRADO DI OPERATIVITÀ DELLE POLITICHE PROPOSTE

Tra tutti quello che fornisce indicazioni più operative è il programma dell’UDC. Non tutte egualmente ben mirate, ma molto chiare e dettagliate. Si va dalla riorganizzazione della geografia giudiziaria, alla proposta di un bonus fiscale per chi accetta di conciliare e  concorre alla “rottamazione delle cause civili”, alla riforma della Sezione Disciplinare del CSM. Segue il programma del Partito Democratico, poi quello del Popolo delle Libertà e a larga distanza quello dell’Italia dei Valori e de La Destra. Sinistra Arcobaleno e Lega Nord non dedicano al tema particolare attenzione.

ATTENZIONE ALLE QUESTIONI ORGANIZZATIVE

Obiettivi di efficienza attraverso la riorganizzazione della geografia giudiziaria sono nei programmi UDC e PD. Si tratta di un intervento che seppur da solo non sufficiente a sanare i mali della giustizia può tuttavia garantire un recupero di produttività e di efficienza. Il PD aggiunge l’accento sulla specializzazione dei magistrati e sullo sviluppo del processo telematico, che pure può portare ad un recupero di efficienza. Tutti i programmi individuano nell’incentivare forme di composizione extragiudiziale delle liti uno strumento utile per alleggerire la congestione del sistema. In realtà, però, tali forme alternative funzionano realmente solo quando la giustizia ordinaria è rapida ed efficiente.

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE

Propongono di riaprire e ridefinire la questione della separazione delle carriere i programmi del PdL e de La Destra. Vi sono, poi, proposte per l’istituzione di forme di responsabilità del giudice per inefficienze del processo nel programma dell’UDC e in quello PdL. PdL e PD evidenziano – il PdL in modo più deciso e con proposte operative – la questione del trade-off tra rilevanza delle intercettazioni e diritto alla riservatezza.

RISORSE DA DEDICARE AL SETTORE.

 Molte delle proposte avanzate nei programmi su questo tema sono a “costo zero” trattandosi di riforme della regolazione. Le modifiche di tipo organizzativo richiedono risorse, la cui quantificazione non è al momento possibile poiché dipende dall’ampiezza e dai tempi di realizzazione delle proposte. Elementi su quali tutti i programmi non danno indicazioni. Il solo PdL esprime in modo chiaro l’intenzione di accrescere l’ammontare di risorse pubbliche dedicate al settore, ma non ne esplicita la misura.

ELEZIONI: PROGRAMMI A CONFRONTO

Energia e ambiente
Famiglia
Federalismo
Finanza
Fisco
Giustizia
Infrastrutture
Lavoro
Liberalizzazioni
Pensioni

INFRASTRUTTURE

Un esame dettagliato di tutti i programmi elettorali per quanto riguarda le politiche delle infrastrutture e dei trasporti è stato condotto dal gruppo di lavoro Movitalia del Wwf.
Tutti i programmi elettorali dei partiti parlano di “infrastrutture” o di “opere pubbliche”, sia pure con diversi gradi di priorità.

POPOLO DELLA LIBERTÀ

Il Popolo delle libertà pone il tema delle infrastrutture (insieme a energia e telecomunicazioni) nell’ambito della “prima missione” e, quindi dà a esso grande rilevanza. In realtà, non si dice molto salvo proporre “il rifinanziamento della Legge obiettivo e delle grandi opere, con priorità alle Pedemontane lombarda e veneta, al Ponte sullo Stretto di Messina e all’alta velocità ferroviaria (…) realizzazione dei rigassificatori”. Il tema ricorre ancora nella “quinta missione” (Sud) quando si parla di “un piano decennale straordinario concordato con le Regioni per la realizzazione delle infrastrutture”. Qui si menzionano i porti, le reti stradali e autostradali e, di nuovo, l’alta capacità ferroviaria e il Ponte sullo Stretto. Un cenno c’è alla necessità di valorizzare Malpensa come “hub”, in contrasto con i piani di Alitalia.
Nessun riferimento viene fatto all’esigenza di creare un preciso ordinamento dei programmi relativi alle diverse infrastrutture secondo i criteri standard internazionali di valutazione economica e finanziaria; nessun cenno all’esigenza di inserire le infrastrutture in una logica di programmazione dei servizi che dovrebbero farne uso; nessuna menzione del ruolo che la tecnologia può avere per migliorare la funzionalità delle infrastrutture esistenti, a costi assai inferiori rispetto a quelli della costruzione di nuove infrastrutture. Silenzio su come superare la “sindrome Nimby” senza innescare scontri frontali con le comunità locali e silenzio profondo sull’ammontare delle risorse da destinare alle infrastrutture. Del resto, la riproposizione della logica della Legge obiettivo è già un’indicazione piuttosto precisa della direzione che l’eventuale governo del Pdl prenderebbe in materia.

PARTITO DEMOCRATICO

Il Partito Democratico parla di infrastrutture nell’ambito dell’ “azione 5, l’ambientalismo del fare”.
È esplicitamente dichiarata la priorità al trasporto ferroviario ed è esplicitamente menzionata la Tav Torino-Lione. Il punto forte sembra essere la “cura del ferro” per le aree metropolitane, seguendo l’esperienza avviata con successo nello scorso decennio a Roma e, molto prima, nelle aree metropolitane tedesche, francesi, inglesi. In questo quadro si inserisce l’accenno al fatto che “il completamento dell’alta velocità metterà a disposizione del trasporto regionale un aumento del 50 per cento delle tratte ferroviarie”. Si tratta di una considerazione molto ottimistica e vera soltanto per poche direttrici, mentre in alcuni casi la penetrazione dell’Av nei nodi è stata progettata in modo da rendere più difficoltosa la circolazione dei treni pendolari.
Come nel caso del Pdl, le priorità menzionate dal Pd prescindono da qualsiasi valutazione dei costi e dei benefici delle opere; si propone soltanto una riforma della procedura di valutazione dÂ’impatto ambientale, al fine di superare “lÂ’ambientalismo che cavalca ogni Nimby e impedisce di fare le infrastrutture necessarie al paese”. C’è forte timore che ci voglia ben altro. Non si parla di una revisione della Legge obiettivo, né della necessità di coordinare la programmazione delle infrastrutture con una coerente politica dei servizi. Non è chiaro come tutto ciò si concili con la proposizione del “federalismo infrastrutturale” dell’“azione 2, per un fisco amico dello sviluppo”, sperimentato dal governo Prodi con la regione Lombardia.

SINISTRA ARCOBALENO

Alle “grandi opere” fa riferimento anche la Sinistra Arcobaleno, per dire che non vanno fatte la Tav, il Ponte sullo Stretto e il Mose di Venezia, ma “interventi su nodi ferroviari urbani, infrastrutture ferroviarie nel Mezzogiorno e potenziamento dei valichi alpini”, oltre a “messa in sicurezza del territorio dal rischio sismico e idrogeologico” e investimenti per migliorare la mobilità pendolare e urbana (metropolitane, tranvie e mezzi a energia pulita). Anche qui, le priorità vengono dichiarate senza neanche menzionare la necessità di un supporto di valutazione economica e un quadro di programmazione che tenga conto della scarsità di risorse per gli usi alternativi.

UDC

Il programma dell’Udc mette al primo posto “il ripristino della Legge obiettivo (eliminazione dei diritti di veto localistici)” e al secondo la realizzazione delle grandi reti su rotaia, menzionando esplicitamente la Tav e il terzo valico (Milano-Genova, per chi non sapesse). Seguono: piano dei porti e “autostrade del mare”, nonché ammodernamento e ristrutturazione della rete autostradale. Pure questo programma non fa cenno alla valutazione e alla programmazione di servizi e infrastrutture.

LEGA NORD

In una risoluzione del sedicente Parlamento del Nord, la Lega ha deciso di mettere al primo posto tra i punti fondamentali del programma il completamento della rete infrastrutturale padana; la regionalizzazione del patrimonio autostradale; il sostegno, non è chiaro se con soldi pubblici, dell’hub di Malpensa, insieme a tutto il “sistema aeroportuale padano” (la contraddizione tra i due obiettivi non viene colta); la costruzione della Tav e di ogni altra opera ferroviaria che colleghi il Nord con il resto d’Europa. Naturalmente, anche in questo caso è assente la nozione di valutazione e di priorità. Anzi una ce n’è: costruire il Ponte sullo Stretto dopo la Tav e a costo zero per lo Stato. L’intersezione tra le due condizioni identifica un insieme vuoto.

LA DESTRA

Secondo La Destra, “se non si fanno tutte le infrastrutture necessarie lÂ’Italia sarà presto fuori dai mercati europei e internazionali”. A prescindere dal fatto che l’affermazione risulta indimostrata e difficilmente dimostrabile, essa è seguita da un elenco che comprende, praticamente, tutto il pensabile. Una priorità però c’è: lÂ’infrastrutturazione del Sud, dalla rete idrica per lÂ’agricoltura (e chissà perché non quella per le assetate città), alle infrastrutture per il turismo, alla riconversione dei vecchi poli industriali dimessi. Non è chiaro come debbano essere individuate le opere “necessarie”, mancando anche in questo caso qualsiasi cenno alla valutazione. Se ne deduce che lÂ’accento (nella frase citata sopra) vada posto più sul “tutte” che sul “necessarie”.

COMMENTO

Stando ai programmi, emerge l’unanime allergia dei partiti italiani nei confronti della scelta assistita da procedure di valutazione basate su criteri scientifici nonché nei confronti dei vincoli di bilancio pubblico (almeno in campagna elettorale). Unanime è anche la tendenza a identificare infrastrutture con cemento e, in larghissima misura, con infrastrutture di trasporto. C’è inoltre una larghissima maggioranza a favore della Tav Torino-Lione e, in generale, delle opere ferroviarie (qualsiasi esse siano e qualsiasi cifra costino), un diffuso fastidio verso i localismi, senza sapere bene come incanalarli e regolarli ex ante in modo che non diventino ostacoli insormontabili ex post. Comunque vada, per la politica infrastrutturale non ci sono good news.

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