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LAVORO

PROVVEDIMENTI

Un merito non da poco è stato il coraggio di riconoscere lÂ’utilità della tanto odiata legge Biagi, utilizzandola per combattere, anche se non troppo severamente, l’abuso delle collaborazioni autonome nei call center (circolare Damiano n. 17/2006): nel contesto normativo dato – cioè senza aggredire il problema del precariato alla radice, riformando radicalmente il sistema della protezione del lavoro ‑ per la repressione delle frodi era difficile fare di più e meglio.
Qualche passo avanti è stato fatto nel memorandum del gennaio 2007 con i sindacati confederali sul lavoro nelle amministrazioni pubbliche, anche se qui permangono alcune debolezze e ambiguità.
Il risultato più brillante sul piano tecnico è stato ottenuto dal ministro Damiano con la mediazione per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Peccato che l’abilità del mediatore sia stata spesa qui per tenere in vita un dinosauro.

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

Nel settore privato, il dualismo del mercato del lavoro e del tessuto produttivo resta sostanzialmente inalterato. Nel settore pubblico, l’accesso delle nuove generazioni sarà tanto più difficile quanto più la “stabilizzazione dei precari” e le restrizioni alle forme di lavoro non standard, perseguite con le leggi del dicembre 2007, avranno corso. Già oggi molti precari del settore pubblico rischiano di essere messi fuori a causa di queste nuove norme. Qui non sarà più dualismo tra inamovibili e precari, ma dualismo tra inamovibili ed esclusi.

OCCASIONI MANCATE

Male nella gestione dei rinnovi dei contratti collettivi per i dipendenti statali. Ha dimostrato una incapacità grave di impostare una destinazione selettiva seria ed efficace degli aumenti salariali in funzione di incentivo al recupero di efficienza e produttività.
Ha dato risultati molto scarsi, nella Finanziaria 2007 (dicembre 2006), il meccanismo del "ravvedimento contrattato" col sindacato, combinato con un sostanziale condono previdenziale per il riassorbimento delle collaborazioni autonome false e l’emersione del lavoro nero.
Viceversa, la stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione (Finanziaria 2008) è stata disposta in modo sostanzialmente indiscriminato, dando per scontata l’incapacità delle amministrazioni di valutare e distinguere.
Per quanto riguarda il protocollo del 23 luglio 2007 e la sua recezione in legge, vanno riconosciute le buone doti di mediatore di Damiano, ma è mancata l’idea-forza capace di condurre le parti a una intesa veramente riformatrice; malissimo il ritorno indietro sull’età pensionabile; bene la sostanziale conferma dell’impianto della legge Biagi contro chi voleva abrogarla; male, con l’aggravante del cedimento alla faziosità, la contropartita pagata alla sinistra radicale con la stupida abrogazione dello staff leasing, che con il lavoro precario non c’entra nulla (e che, anzi, avrebbe potuto costituire un esperimento importante di coniugazione della stabilità offerta ai lavoratori con la flessibilità chiesta – e congruamente pagata – dalle imprese).
Infine lÂ’iniziativa per l’accordo tra sindacati, imprenditori e governo sulla riforma della struttura della contrattazione collettiva e delle rappresentanze sindacali è stata segnata da un grave difetto di visione strategica e dalla conseguente incapacità di iniziativa dellÂ’esecutivo.

LE POLITICHE PER LA CRESCITA

Per favorire la crescita occorre far aumentare le ore lavorate e la produttività per ora lavorata.

PROVVEDIMENTI

Per favorire la crescita delle ore lavorate, nella Finanziaria 2007, il governo ha ridotto il cuneo fiscale, con l’obiettivo di abbassare il costo del lavoro e quindi di aumentare l’occupazione. In effetti, le tendenze positive sul fronte dell’occupazione, presenti già dal 1998, sono proseguite nel 2006-07. Va però ricordato che la riduzione del cuneo è diventata operativa solo dall’inizio di luglio del 2007.
La produttività per ora lavorata (o produttività del lavoro) cresce per due ragioni, se si aumenta l’accumulazione di capitale e si migliora l’efficienza nel produrre.
Per favorire l’accumulazione di capitale, nella Finanziaria 2008, il governo Prodi ha ridotto le aliquote Ires e Irap, diminuendo in modo consistente le imposte sulle società. Lo ha fatto salvaguardando il gettito di queste imposte (con operazioni di “manutenzione della base imponibile”) . Si è trattato di una misura obbligata (la signora Merkel ha adottato lo stesso provvedimento), necessaria per contrastare la tendenziale perdita di appeal dell’Italia come luogo dove localizzare gli impianti delle imprese multinazionali italiane e non.
Per accrescere l’efficienza produttiva, serve che le imprese innovino. Per favorire l’innovazione la Finanziaria 2007 prevedeva l’istituzione dei cosiddetti Progetti di innovazione industriale in determinati comparti produttivi, ritenuti strategici per lo sviluppo del paese. Come tali, questi progetti non sono disegnati per produrre risultati su brevi periodi di tempo e infatti sono ancora in una fase di gestazione. È stato poi introdotto un credito d’imposta automatico per le spese in ricerca e sviluppo delle imprese per il periodo 2007-09. È dunque una misura che assomiglia molto al credito di imposta permanente richiesto da Confindustria (e dagli economisti) in passato: c’è consenso sul fatto che, per incoraggiare la R&S, sia meglio usare incentivi fiscali che finanziari.

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

I potenziali effetti positivi della riduzione del cuneo si vedranno probabilmente nei dati futuri, ma è impossibile ascrivere a questa misura la continuazione dei dati positivi del mercato del lavoro, le cui origini sono invece nelle leggi Treu e Biagi, così come nel miglioramento ciclico dell’economia nel biennio 2006-07.
Anche l’effetto della riduzione delle aliquote Ires e Irap non è visibile nei dati 2006 e 2007 perché la misura è entrata in vigore con l’inizio del 2008.
LÂ’entrata in vigore del credito richiedeva, invece, lÂ’autorizzazione preventiva della Commissione europea. Ci sono voluti tanti mesi anche solo per fare arrivare la pratica a Bruxelles, il che ha azzerato lÂ’efficacia del provvedimento. In generale, date queste premesse, non ci si può stupire che la crescita della produttività del lavoro sia rimasta – sostanzialmente e inusualmente – al palo durante questo periodo di ripresa. (vedi articolo Daveri su non è ancora ora di brindare e Produttività nei servizi: lÂ’anello mancante)

OCCASIONI MANCATE

Le lenzuolate di liberalizzazione nei servizi (taxi, farmaci, mutui, conti bancari, assicurazioni) a partire dal luglio 2006 hanno reso il governo impopolare con le categorie colpite, ma hanno anche generato entusiasmo iniziale tra gli utenti potenzialmente interessati. In realtà, i risultati ottenuti sono stati molto parziali, e si sono concentrati quasi esclusivamente nella riduzione del costo dei farmaci e del costo fisso delle chiamate da cellulare per i consumatori. Di per sé, le liberalizzazioni facilitano lo spostamento delle risorse verso gli impieghi più efficienti e quindi sono benefiche per la crescita. Ma per accrescere davvero lÂ’efficienza e la produttività, il governo avrebbe dovuto – se ne avesse avuto il tempo e la forza politica – completare le lenzuolate con misure che favorissero più direttamente il grado di competizione tra le aziende (oltre ai consumatori), promuovendo cioè una liberalizzazione più completa del mercato del lavoro e riducendo la tassa implicita che gli erogatori – pubblici e privati – di servizi pubblici e di servizi professionali impongono sullÂ’attività delle imprese che competono sui mercati globali.

QUALI REDDITI SONO RIMASTI AL PALO

I dati relativi al 2006 dell’indagine sui bilanci familiari della Banca d’Italia confermano quanto era prevedibile: gli indici di disuguaglianza e povertà per le famiglie italiane non hanno subito di recente modifiche di rilievo. Con un rischio di povertà molto superiore per i giovani rispetto agli anziani. Tuttavia, è in corso da tempo una ricomposizione interna ai redditi delle classi medie. Crescono i redditi degli indipendenti, mentre sono praticamente fermi quelli dei dipendenti, soprattutto nel settore privato. E l’euro non c’entra.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

I commenti al mio intervento del 18.01.2008 "Premiare il merito è possibile"sono il segnale di una voglia di cambiamento, di un’attesa che anche nella P.A. i meriti e le capacità professionali abbiano il giusto riconoscimento. Occorre, quindi, andare oltre le affermazioni di principi ed individuare percorsi che portano a soluzioni concrete e realistiche.
Sono convinto che per diffondere e radicare la valutazione a livello di sistema e, quindi, applicarla a tutto il personale, e non soltanto a coloro che ricoprono posizioni organizzative di vertice od intermedie, è necessario individuare criteri di misurazione delle prestazioni trasparenti ed oggettivi, indicatori ben definiti. Solo così è possibile superare gli ostacoli frapposti da coloro che lamentano rischi di eccessi di discrezionalità, di errori e di inadeguatezza delle valutazioni e che, in tal modo, a parole sono per il merito, ma poi con tale scusa sfuggono alle scelte ed all’assunzione di responsabilità.
Certamente, gli indicatori che misurano la produttività ma anche la qualità della prestazione ( il riferimento nell’accordo trentino, alla maggiore imposta accertata ed alla maggiore imposta definita degli accertamenti è, in tal senso, significativo), pur fondamentali, non esauriscono l’ampio spettro dei profili da valutare( mi riferisco a quelli di natura organizzativa e comportamentale che, peraltro, vanno diversificati, circoscritti o esclusi a secondo dei destinatari del processo valutativo), ma, in un’amministrazione pubblica- dove il valore della cosiddetta equità organizzativa procedurale- è imprescindibile, quello degli indicatori di sistema è, a mio avviso, un passaggio fondamentale ed ineludibile. Se l’esigenza dell’oggettività delle valutazioni non sarà mantenuta non si riuscirà a fare molta strada.
I dati rappresentati nell’esperimento trentino evidenziano esemplificativamente come già oggi è possibile in Agenzia delle Entrate ottenere report significativi nel rappresentare l’apporto di ciascuno alla realizzazione dei risultati. Ancor di più, creando nuovi collegamenti con dati già conosciuti dal sistema informativo. Si deve, cioè, stimolare la costruzione di report che siano pensati, oltre che per il controllo gestionale ed operativo e per la verifica dei risultati dell’ufficio, anche per rilevare e misurare il merito e l’apporto individuale.
L’obiettivo è quello di favorire, in tal modo: a) lo sviluppo di percorsi formativi mirati, b) la costruzione di progressioni di carriera che premino le capacità ed il rendimento individuale (all’interno di un percorso che deve essere graduale e predeterminato che consenta, quindi, di programmare la propria carriera), c) il maggiore apprezzamento della parte di retribuzione variabile collegata ai risultati a fronte del raggiungimento di standard produttivi e di qualità realmente misurabili.
L’innovazione tecnologica che permea tutti i processi lavorativi dell’Agenzia, oltre che migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi richiesti, può diventare così strumento visibile di nuove politiche di gestione delle risorse umane fino a consentire di sperimentare l’eliminazione della registrazione degli orari di lavoro, laddove la condivisa temporalizzazione dei tempi medi di lavorazione consente di privilegiare, per individuate unità organizzative(ad esempio i team legali), logiche di organizzazione professionale degli adempimenti disancorate da spazi temporali formalmente predeterminati. L’immagine di un’Istituzione Pubblica che si libera dai vincoli dell’orario di lavoro e pone al centro le prestazioni di lavoro dei singoli, certamente ne trarrà grande evidenza, ponendosi come battistrada di nuove articolazioni del rapporto di lavoro. L’instaurazione di un rapporto lavorativo collegato al raggiungimento dei risultati e la previsione di premianti meccanismi di crescita professionale garantiranno, in ogni caso, un’elevata propensione all’impegno lavorativo, con l’ulteriore vantaggio di privare i dipendenti che si sottraggono al proprio lavoro (scaricandolo nei fatti ai propri colleghi) della copertura della presenza formale in ufficio.

C’E’ UN NUOVO SCERIFFO IN CITTA’ *

Un taglio dei tassi di interesse inusuale per dimensioni e tempi quello appena deciso dalla Federal Reserve. Ma non è una risposta ai forti ribassi delle borse. Non di questo si occupa la banca centrale americana. Che invece ha visto aggravarsi i segnali di una possibile recessione. E ha agito di conseguenza. Mandando un messaggio chiaro: d’ora in avanti di fronte a mutamenti dell’economia che minacciano gli obiettivi di stabilità di medio periodo, Bernanke e i suoi interverranno e lo faranno senza indugi.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

La durata eccessiva dei nostri processi ha molte ragioni: si veda in proposito l’analisi e le proposte della Commissione Tecnica per la Finanza Pubblica (http://www.tesoro.it/web/apri.asp?idDoc=18406).
Naturalmente, perchè si faccia qualcosa è necessario che ci sia una corrispondente pressione politica da parte di elettori e gruppi.  Non sarei così pessimista: rispetto al passato c’è su questo punto una maggiore consapevolezza di cui i politici – volenti o nolenti – dovranno tenere conto.
Quanto alla divulgazione di notizie, è vero che i presunti "colpevoli" possono essere molti e che in qualche caso la divulgazione è lecita (o quasi). Il punto che volevo sottolineare era che in questo modo il processo "vero" viene di fatto anticipato alla fase delle indagini, con tutta una serie di conseguenze negative. Del resto, questo non avviene solo nei casi che vedono coinvolti i politici, ma anche in casi per così dire "normali": es. Perugia. E’ poi probabile che alla lunga si verifichi un fenomeno di "assuefazione" : non dimentichiamoci che ai tempi di Mani pulite bastava un avviso di garanzia per far sparire un ministro dal governo (e talvolta anche dalla vita pubblica). E’ per questo che la tendenza ad interpretare i reati in modo espansivo – magari per colpire comportamenti discutibili o comunque censurabili – rischia di essere controproducente: se lo scontro per le poltrone è concussione, allora la lista dei colpevoli rischia di essere… infinita e, com’è noto, se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. 
Va aggiunto che non mancano politici particolarmente abili a manipolare la percezione delle situazioni. Il caso Cuffaro è istruttivo: in presenza di una sentenza – anche se di primo grado – si è detto soddisfatto per aver avuto "solo" una condanna a 5 anni! Come regola generale sottoscrivo comunque in pieno quanto dichiarato ieri dal nostro presidente del Consiglio: "Le categorie dalla politica hanno come contrappeso non tanto il principio esterno della responsabilità penale, che vale certo anche per i rappresentanti politici, bensì, soprattutto, quello interno di una responsabilità che è e resta di tipo politico. Una responsabilità che spetta direttamente ai cittadini far valere non soltanto nellÂ’occasione elettorale ma attraverso una costante relazione tra politica e collettività che assicuri una reale e continua capacità di partecipazione e di controllo."

LE RAGIONI DI UNA MOSSA A SORPRESA

L’intervento di ieri del Fomc è un caso emblematico di politica monetaria ben giustificata dai risultati della ricerca empirica. Nel breve periodo una limitazione delle fluttuazioni del mercato azionario americano riduce la probabilità di entrare in una fase di alta volatilità, con fenomeni di panico irrazionale. Nel lungo periodo la diminuzione del premio al rischio può compensare una riduzione attesa della crescita dei dividendi futuri generata dal potenziale rallentamento dell’economia e stabilizzare così il mercato.Bernanke lo aveva già spiegato nel 2003.

SOCIETA’ PRIVATIZZATE: UN CASTELLO INESPUGNABILE

Pubblicato sulla Gazzetta ufficiale in dicembre, a più di un mese di distanza dall’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, il decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sull’Opa. La legge italiana non avrà una rilevanza significativa sulle questioni più controverse, ossia le misure difensive e l’Opa obbligatoria. La riforma, al contrario, ha un enorme impatto sulle società privatizzate e su quelle controllate dallo Stato nelle quali, in pratica, il controllo pubblico viene blindato.

LA RECESSIONE USA E LA MISERIA DELLA MACROECONOMIA

Le borse cadono per timori legati alla crisi dei mutui Usa. E la bolla immobiliare è da attribuirsi alla politica creditizia praticata, tra il 2001 e il 2004, dalla Fed ed in parte dalla Bce, sulla base di un timore deflattivo ingiustificato.Perché ora dovrebbe essere socialmente utile un’espansione monetaria e fiscale? I mercati interpretano le mosse delle banche centrali come se contenessero informazione privilegiata. Provocando così effetti reali e realmente dannosi. Tagli ai tassi spettacolari e drammatici come quello odierno non servono.

INDAGINI CON OBBLIGO DI RISPOSTA

Norme che assicurino una protezione formale dei dati personali non sono necessarie nelle indagini statistiche, a patto che si garantisca il diritto alla non-risposta o alla risposta mendace. Lo sono invece nel caso dei dati amministrativi. Ma la legislazione Italiana ignora completamente la distinzione tra i due tipi di dati. Impone perciò obblighi di risposta senza precedenti in altri paesi. E un livello eccessivo di protezione, che comporta maggiore burocrazia, aggravio di costi, minore ricerca scientifica e minore conoscenza.

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