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IL FISCO DIVIDE LE GENERAZIONI

Modalità diverse per ridurre il carico fiscale hanno implicazioni diverse sulla ripartizione del beneficio tra le varie classi di età. Perché queste differiscono per reddito medio e propensione al consumo, ma anche per dotazione di patrimonio. E’ allora importante considerare non solo l’impatto distributivo di eventuali sgravi fiscali, ma anche quali generazioni sarebbero avvantaggiate nelle varie ipotesi. L’abolizione dell’Ici sulla prima casa, per esempio, favorirebbe i più anziani.

CAVALIERE, RISPONDA

Alcuni giorni fa abbiamo lanciato un appello ai partiti affinché sottoscrivano un impegno comune di lotta incondizionata alle mafie e illustrino le azioni che concretamente intraprenderebbero qualora al governo. La motivazione per l’appello è che assistiamo a un moto spontaneo di ribellione della società civile al ricatto e all’oppressione della malavita organizzata, di cui le scelte di Ivan Lo Bello, capo della Confindustria siciliana, sono l’emblema. Ma senza un supporto incondizionato dello Stato, che incoraggi e dia supporto a queste azioni, vi è il rischio che i moti spontanei vengano riassorbiti dalla paura. Ieri abbiamo ricevuto le dichiarazioni dell’onorevole Veltroni e dell’onorevole Boselli, in cui, accogliendo il nostro appello, illustrano le azioni che i loro partiti intraprenderebbe se dovessero governare. In particolare, le parole dell’onorevole Veltroni, al di là delle singole misure, non lasciano spazio a dubbi: "la ‘ndrangheta, la mafia e la camorra decidano quello che vogliono, ma decidano solo una cosa: di non votare per il Partito democratico, perchè devono sapere che il Pd se governerà l’Italia cercherà di distruggere quei poteri che impediscono al Sud di esprimere tutta la sua forze e la sua energia." Non abbiamo ancora ricevuto risposta dall’altro dei due principali candidati premier, l’onorevole Silvio Berlusconi, accreditato dai sondaggi come vincitore più probabile delle elezioni. Nella lotta alla mafia è cruciale che non vi siano dubbi e asimmetrie nella determinazione dei partiti di voler distruggere questa organizzazione. Il silenzio in questo caso rischierebbe di dare adito al dubbio che una parte politica sia meno risoluta. Chiediamo all’onorevole Berlusconi di dichiarare con la stessa chiarezza dell’onorevole Veltroni che la sua parte politica ripudia i voti della mafia e di qualunque altra organizzazione malavitosa.

 

MA IL CUNEO SI E’ RIDOTTO

Secondo il rapporto Ocse, il cuneo fiscale sulle retribuzioni in Italia resta elevato, nonostante i provvedimenti della Finanziaria 2007: i lavoratori medi si classificano al sesto posto se single e al dodicesimo se hanno familiari a carico. Ma l’Ocse non tiene conto dell’intervento sull’Irap. L’effetto congiunto delle variazioni, invece, fa scendere il cuneo di 1,20 punti percentuali per un lavoratore single e di 3,53 punti percentuali per un lavoratore con coniuge e due figli a carico.

REGOLE DI DIFESA

Il dibattito su protezionismo e liberismo è mal posto. L’Omc consente in alcuni casi misure di difesa commerciale per proteggere le industrie nazionali. E la Comunità, che ha tutte le competenze sulla politica commerciale, da sempre ne è uno dei maggiori utilizzatori. Quanto all’Italia, notevoli le sue battaglie degli ultimi anni. Le vere questioni sono il raggiungimento di comuni standard competitivi, sociali e ambientali e una riflessione sul mantenimento in Europa di alcune produzioni.

EXPO VUOL DIRE SVILUPPO?

Nell’entusiasmo per l’assegnazione dell’Expo 2015 a Milano, forse è meglio non accettare in maniera acritica affermazioni non dimostrate sugli effetti benefici della manifestazione. Perché le incertezze sono molte. A partire dal bilancio finale dell’organizzatore: eventuali perdite sarebbero pagate dallo Stato italiano. Nel calcolo dell’impatto occupazionale non si considera l’effetto sostituzione. Quanto alle infrastrutture, seppure utili, la loro costruzione non dipende dall’evento.

MONTAGNE RUSSE E BOCCONI AMARI

Nella vicenda Alitalia-Malpensa la politica nostrana sta offrendo il peggio di sé. Il boccone elettorale è evidentemente troppo ghiotto per resistere agli impulsi demagogici. Così, da una parte, si invocano fantomatiche cordate nazionali a sostegno dell’italianità, dimenticandosi che anche se si trovassero le risorse finanziarie si dovrebbe poi essere in grado di far volare gli aerei. Dall’altra, si moltiplicano gli appelli per la difesa dell’indifendibile, dalle rotte ai livelli occupazionali, dimenticandosi che proprio questa difesa a oltranza è stata la responsabile principale della crisi attuale. Ogni parte in gioco, dai sindacati ai politici nazionali e locali, di maggioranza e di opposizione, appare impegnata a criticare le altre nella speranza di far dimenticare le proprie responsabilità. Nell’incertezza, i corsi azionari assomigliano a montagne russe e la compagnia di bandiera è sempre più vicina al punto di non ritorno. La  confusione è tale da far perdere di vista l’essenziale. Per esempio, nel caso dell’offerta Air France quello che appare più indigeribile non è il prezzo offerto (quanto vale una compagnia fallita?) né gli esuberi di personale, oltretutto limitati e facilmente riassorbibili. Piuttosto, è la pretesa della compagnia d’oltre alpe, per difendere i propri hub di Amsterdam e Parigi, di avere la garanzia da parte del governo italiano che da Malpensa non partiranno più le rotte internazionali extracomunitarie precedentemente servite da Alitalia e ora chiuse, una richiesta che secondo le anticipazioni di stampa l’Enac avrebbe già garantito. Se è vero, questo sì che appare lesivo dell’unico interesse nazionale reale, quello dei consumatori italiani, che avranno pure il diritto di volare da dove gli pare e con chi gli pare. Se una compagnia area d’oltreoceano, poniamo asiatica, vuol provare a servire quelle rotte da Malpensa, perché impedirglielo? E’ possibile che il tentativo si riveli fallimentare, come fallimentare era stato quello di Alitalia. Ma sta al mercato stabilirlo e non al governo per conto di Air France. E’ vero che Air France ha posto come irrinunciabile questa condizione, e che comunque, una eventuale risposta negativa da parte del governo ridurrebbe probabilmente ulteriormente il prezzo che Air France è disposta a pagare o aumenterebbe gli esuberi dichiarati. Ma per la collettività può valere la pena di incassare qualche euro in meno o spenderne qualcuno in più per il sostegno dei lavoratori in mobilità, che rinunciare a delle opportunità di mercato che se funzionano potrebbero offrire ritorni economici che sono multipli della spesa attuale. Ed è anche possibile che una simile scelta da parte del governo ridurrebbe anche le richieste di danno della SEA, che allora sì apparirebbero eccessive e ingiustificate. Speriamo dunque che il governo ci ripensi. Ci farebbe una figura migliore, comunque finisca la vicenda.

2015: FUGA DAL DOLLARO

Entro dieci anni l’euro potrebbe sorpassare il dollaro quale valuta internazionale di riferimento. La moneta europea è uno sfidante credibile perché ha dimostrato di essere una migliore riserva di valore rispetto a quella americana e perché Eurolandia è grande pressappoco come gli Stati Uniti. Ma il cambiamento non avrebbe conseguenze solo economiche. Rilevanti sono anche le implicazioni geopolitiche. E fanno pensare alle vicende della sterlina nel corso della crisi di Suez.

IL NODO DI MALPENSA

Ostacoli insormontabili nella trattativa per la vendita di Alitalia non sono né la salvaguardia degli occupati né il prestito-ponte. E in fin dei conti neanche la richiesta di indennizzo della Sea. Il vero conflitto riguarda il futuro assetto del mercato fra Fiumicino, Malpensa e gli hub di riferimento di Air France-Klm. E’ qui che deve intervenire il ruolo negoziale del governo. Perché una soluzione di mercato non può prevedere condizioni protezionistiche a vantaggio di qualcuno.

ALITALIA AL TERMINAL

L’ultima offerta di Spinetta – CEO di Air France – sembra chiudere il caso Alitalia, lasciando poche speranze a chi ancora pensa o per convinzione ideologica o per opportunismo politico che sia possibile far assorbire manodopera in eccesso a prescindere dal vincolo di bilancio. Puo’ essere vero per una azienda pubblica (e Alitalia lo e’ solo a meta’) ma non per una azienda privata (come Air France con l’ 80% di capitale in mani private). I 2100 esuberi indicati da Spinetta sono probabilmente una delle stime piu’ basse che un acquirente di Alitalia puo’ permettersi di offrire. Questo per due ragioni. In primo luogo perche’ Air France ha un forte interesse per il mercato Italiano e per Alitalia ed e’ disposta – come dimostra l’insistenza in questa trattattiva – a prendersi il rischio di una ristrutturazione complessa e onerosa, e quindi anche ad accollarsi qualche adetto in eccesso in cambio di consenso sindacale. In secondo luogo perche’ la dimensione del gruppo e le sue prospettive di crescita consentono la riallocazione all’interno dello stesso in modo indolore di parte degli esuberi veri che eccedono di gran lunga i 2100 dichiarati. Prima di rifiutare l’offerta di Air France e’ bene quindi riflettere attentamente. L’alternativa potrebbe essere molto peggiore.

UNA GIUSTIZIA DOUBLE FACE

Solo attraverso obiettivi realizzabili e un richiamo alla responsabilità si pongono le premesse perché le valutazioni di professionalità e le sanzioni abbiano possibilità di essere giuste, effettive ed efficaci: puntare tutto sulla frusta e sul conflitto permanente non ha funzionato con nessuna categoria professionale. E non funzionerà con i magistrati. A meno che l’obiettivo non sia una giustizia al ribasso, che assicuri alla classe politica la tranquillità, intesa come sicurezza e impunità.

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