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NUOVE REGOLE PER IL GOVERNO DELLE BANCHE

Le disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e governo societario delle banche prospettate dalla Banca d’Italia, perseguono il lodevole obiettivo di portare chiarezza in un ordinamento societario che favorisce, invece, la confusione dei ruoli e delle responsabilità fra i vari organi della società. Tuttavia, sono costrette a suggerire soluzioni di dubbia efficacia non solo nel sistema monistico, ma anche nel dualistico qualora si attribuiscano al consiglio di sorveglianza poteri di indirizzo.

UN TAGLIO POCO FEDERALE

Il taglio dell’Ici, deciso unilateralmente dallo Stato, è assai poco coerente con l’obiettivo di rafforzare l’autonomia tributaria degli enti territoriali. Ma la questione è più generale e riguarda l’incompleta transizione dell’ordinamento italiano verso assetti autenticamente federali, anche in materia fiscale. Occorre attuare quanto prima un compiuto federalismo fiscale, che assegni a ciascun livello di governo una competenza esclusiva in ordine alla disciplina e alla gestione dei propri tributi.

C’E’ UN LIMITE ALLA LIBERTA’ DI CIRCOLAZIONE

La libera circolazione delle persone costituisce una delle libertà fondamentali nel mercato interno europeo. Ma per i cittadini dell’Unione non è previsto un diritto di soggiorno illimitato. Se è superiore ai tre mesi, spetta solo ai lavoratori subordinati o autonomi e a chi dispone di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia. La legge italiana di recepimento, poi, contemplalimitazioni al diritto di ingresso e di soggiorno per motivi di ordine pubblico. Perché sindaci e prefetti che chiedono più poteri sull’ordine pubblico non la applicano?

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo tutti per gli interessanti commenti. Non siamo in disaccordo con Ambrosini, almeno non completamente. L’esperienza degli Stati Uniti continua a indicare esempi di comunità che si possono definire "ben integrate", quantomeno nel senso che non manifestano comportamenti ostili verso la cultura dominante e che raggiungono un certo successo economico, ma con fortissima identita’ religiosa.
Recentemente ad esempio si parla molto di vari gruppi di ebrei ortodossi a Brooklyn, specie gruppi provenienti dalla Siria. Due di noi hanno lavorato molto proprio su dati e teorie riguardanti
l’integrazione religiosa negli Stati Uniti. Resta a nostro parere più che ragionevole supporre che  l’esplicita dichiarazione di immaginarsi "estremamente contrariato se un parente stretto dovesse sposarsi con una persona di razza bianca" (specie se correlata a varie altre risposte alla survey di questo tenore) sia correlata a sentimenti e comportamenti che e’ comune definire "non-integrati".

Il bello delle analisi empiriche e’ che non ci si può nascondere dietro definizioni sofistiche: quello che misuriamo e’ chiaro, la correlazione statistica tra  dichiarare che la religione e’ estremamente importante nella propria vita, che ci si sentirebbe estremamente contrariati se un parente stretto dovesse sposarsi con una persona di razza bianca, etc, con vari fattori economici e demografici.

L’interpretatazione in termini di integrazione e’ quello che è, una interpretazione dei dati. La possibilità che l’integrazione culturale in Europa avvenga per segmenti religiosi (come il "triplo melting pot" negli Stati Uniti) e’ esattamente questo, una possibilita’, a cui noi non sappiamo dare misurazione statistica.

Che la religione si associ statisticamente a comportamenti "virtuosi" non abbiamo dubbi. Abbiamo seri dubbi che ciò avvenga, però, in situazioni socio-economiche in cui la religione assume una funzione di identità  "contro" la cultura dominante, scenario che si accorda con l’evidenza sulla
situazione degli immigrati musulmani in Inghilterra cui i nostri dati si riferiscono.

 Le enormi limitazioni di questo tipo di dati sono note a noi e alla comunità di economisti e sociologi che se ne occupano: ad esempio, il rispondente potrebbe essere indotto a rispondere in modo da far piacere all’intervistatore, magari, inconsciamente, oppure anche l’opposto; inoltre, come la domanda è posta, quali sono le possibili risposte permesse – ovvio ad esempio che è difficile dichiarare di essere di razza mista se tale risposta non è prevista -, ha effetti noti e statisticamente significativi sulle risposte; e così via. Ma questo e’ quello che abbiamo e a questo cerchiamo di dare un senso statistico ed economico. Spesso, la critica delle metodologie e
dei dati tout court si associa purtroppo ad atteggiamenti concettuali di cattiva  disposizione ad accettare evidenza empirica che contrasta con i propri (pre)giudizi.

Infine gli altri commenti, molto interessanti, esprimono giudizi individuali sulla questione dell’integrazione, giudizi connessi ma non direttamente rivolti alla nostra analisi.

Vorremmo concludere con un commento metodologico generale, che si riferisce a tutti i commenti. Studiare l’integrazione culturale è operazione complessa perche’ richiede una definizione di cosa sia
"integrazione". Spesso, nel linguaggio comune, la parola "integrazione" ha connotati normativi oltre che positive: si ritiene che "integrarsi" e’ quello che gli immigrati dovrebbero fare (un tempo
si usava la parola "assimilazione", che non si usa piu’ nella letteratura economica proprio perche’ ha assunto un eccessivo contenuto normativo). In analisi empiriche come la nostra, integrazione è definita precisamente, da un punto di vista statistico. Non ci interessa se questo e’ quello che gli immigrati debbano o non debbano  fare o se esistano forme di integrazione diversa che non comportino integrazione nel senso da noi definito statisticamente. Come dicevamo sopra: questo misuriamo. Altre misure sono benvenute. (Ma, con sano positivismo,  che siano misure!) Ed e’
importante farlo: ad esempio, questa analisi ci ha convinto che integrazione geografica (definita anche questa in modo statisticamente preciso) non è associata a integrazione culturale (come da noi
definita). Questo e’ secondo noi importante perche’ l’associazione tra integrazione geografica e culturale è alla base essenzialmente di tutte le politiche di integrazione nell’Unione Europea.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Credo di dovermi scusare con i lettori, perché dai commenti al mio articolo – prevalentemente incentrati sulla valutazione delle prestazioni individuali di dirigenti e personale – deduco che non sono riuscito ad esporre con chiarezza il mio ragionamento.
La mia intenzione era di spostare la discussione da un tema abusato da ormai quindici anni, di ben poco interesse per i cittadini/utenti ed essenzialmente interno ad amministrazioni e personale – quello delle valutazioni sui singoli dirigenti e dipendenti, che incontrano tra l’altro tutte le difficoltà e obiezioni sottolineate anche dai commenti – ad un tema sostanzialmente ignorato e che invece molto di più interessa la generalità degli utenti: quello della misurazione (innanzi tutto) e valutazione (poi) della qualità e costo dei servizi pubblici.
Credo che tutti conveniamo che i servizi pubblici sono uno strumento fondamentale della democrazia: il loro scopo è infatti offrire all’intera collettività, partendo dai meno abbienti, quella sicurezza, salute, istruzione, assistenza, mobilità ecc. che altrimenti solo i più abbienti potrebbero procurarsi sul mercato. Perciò, garantire alla generalità degli utenti servizi economici e di qualità significa ridurre le disparità sociali.
Se questo è vero, tutti dovremmo pretendere di poter conoscere qualità e costo dei servizi di cui fruiamo, sulla base di misurazioni e valutazioni fatte non (solo) da chi eroga i servizi, ma anche e soprattutto da soggetti terzi, perciò indipendenti. Che poi questo soggetto indipendente sia una Authority, o una profondamente riformata Corte dei Conti, o altro organismo, è secondario. L’importante è che possa e sappia svolgere bene – indirizzando, dettando criteri e metodologie, verificando – la propria funzione, magari operando come vertice di un network di organismi di misurazione e analisi specializzati nei diversi settori e che già in parte esistono.
Questo, lo ripeto, al solo scopo di consentire a tutti gli interessati – cittadini e imprese, organi di governo, management delle PA – di sapere quanto costa e di che qualità è il servizio erogato da questa o quella PA, per poter fare le proprie scelte da utenti, governanti e dirigenti e poter forse, così, stimolare un miglioramento degli stessi servizi.
Il tema della valutazione sui singoli e della remunerazione in base alle prestazioni dovrebbe venire dopo, molto dopo! E credo che, una volta poste queste nuove basi, potrebbe essere affrontato molto più facilmente ed equamente.

Carlo D’Orta

MODELLO ELETTORALE CERCASI

Di una nuova legge elettorale si parla fin dall’inizio della legislatura. Guardando per lo più a Germania, Francia e Spagna. Limitarsi a importare nel nostro paese un modello senza le adeguate correzioni istituzionali potrebbe non garantire gli effetti desiderati in termini di stabilità, semplificazione e governabilità. In più, bisogna fare attenzione ai dettagli che possono rendere più o meno efficace l’intero sistema. Come dimostra il caso del nostro premio di maggioranza. Alleghiamo il documento della proposta elaborata dal costituzionalista Salvatore Vassallo con la collaborazione di Stefano Ceccanti e Alessandro Chiaramonte.

LE PIRAMIDI E IL FISCO

La necessità di contenere i gruppi piramidali appare difficilmente discutibile. Ma come? Se una soluzione per legge del problema è alquanto difficile da attuare, l’alternativa è utilizzare la via fiscale. Che sembra in grado di condurre spontaneamente verso equilibri più rispettosi degli interessi delle minoranze. Anche perché è sempre più impellente dare una risposta all’interrogativo su che cosa effettivamente possa giustificare il trattamento fiscale di favore da sempre riservato alle piramidi societarie nel nostro paese.

LA COOPERAZIONE NELLA FINANZIARIA 2008

E’ difficile valutare esattamente le risorse complessive dedicate all’ aiuto pubblico allo sviluppo nella manovra di bilancio 2008: molte sono le voci poco trasparenti. Meglio sarebbe includere nella Finanziaria una sintesi dei fondi assegnati ai vari ministeri e istituzioni. La riforma del bilancio dello Stato offriva l’ opportunità di riunire in un’unica missione tutti i capitoli di spesa relativi all’ Aps. Anche per garantire un migliore coordinamento delle varie politiche che hanno un impatto diretto sul benessere delle popolazioni dei paesi a basso reddito.

CONSIDERAZIONI (CRITICHE) SUL 5 PER MILLE

Diverse voci della politica e della società civile hanno chiesto che il 5 per mille sia rafforzato per divenire un sistema stabile e generalizzato per il sostegno delle attività del terzo settore e della ricerca. Si tratta di uno strumento di finanziamento che di per sé presenta indubitabili aspetti positivi. Ma che si rivela anche assai delicato. Soprattutto se assunto come modello di riferimento, rischia di alterare gli equilibri nelle politiche di welfare e di dare un’attuazione distorta al principio costituzionale di sussidiarietà.

I MUSULMANI E L’INTEGRAZIONE

Un’indagine ha raccolto dati su attitudini religiose, caratteristiche socioeconomiche e luogo di residenza delle minoranze etniche nel Regno Unito negli anni Novanta. Anche se occorre molta cautela, appare evidente una spiccata specificità dei musulmani nel processo di integrazione. Che non si accorda con i principi alla base della maggior parte delle politiche di immigrazione in Europa, focalizzate sull’innalzamento del livello di istruzione e soprattutto sull’integrazione geografica.

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