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E LA PERIFERIA DIVENTA ZONA FRANCA *

Previste dalla Finanziaria per il 2008, le Zone franche urbane possono essere istituite in tutto il territorio nazionale, in aree urbane con non più di 30mila abitanti. Comportano una serie di sgravi fiscali e agevolazioni per le piccole e micro-imprese. Perché abbiano successo è necessario che gli stanziamenti abbiano un orizzonte temporale pluriennale. I criteri di individuazione devono essere trasparenti e basati su indicatori oggettivi di degrado urbano. Per la valutazione della loro efficacia serve un impegno alla raccolta di informazioni.

ABOLIAMO I MINISTERI

La Finanziaria approvata dal Senato ripristina la legge Bassanini e riporta a dodici il numero dei dicasteri. Ma modificare la struttura dell’amministrazione ha un costo, soprattutto perché la costruzione di organizzazioni efficaci ed efficienti è un processo lungo e faticoso. Va perciò evitato il ripetersi di trasformazioni dettate da contingenze politiche. La soluzione migliore potrebbe essere l’abolizione dei ministeri come organi di amministrazione attiva, trasformandoli in piccole organizzazioni di supporto all’attività dei ministri.

LE GRANDI OPERETTE

Le grandi opere della Legge Obiettivo del governo Berlusconi (con l’eccezione del Ponte sullo Stretto), sono state fatte proprie dall’attuale governo, malgrado nel programma elettorale di quest’ultimo figurasse l’intenzione di mostrare chiari segnali discontinuità rispetto all’approccio da shopping list dell’esecutivo precedente. I fondi però sono pochi e alcune opere devono essere rinviate o cancellate dalla lista. Anche se si tratta di opere poco utili, le proteste sono vibrate. Meglio lasciare che gli enti locali che protestano se le finanzino da soli.

LA CLASS ACTION NASCE ORFANA

Il Senato ha approvato la class action in un modo rocambolesco e abbastanza inaspettato. La norma presenta rilevanti criticità giuridiche e di efficienza del sistema giustizia. Le associazioni dei consumatori hanno un forte incentivo alla proposizione di cause collettive anche pretestuose. E resta comunque il diritto del singolo cittadino ad agire in giudizio per la medesima controversia. Per i processi non è prevista alcuna corsia preferenziale, né un giudice particolarmente qualificato. Non bastano modifiche in corsa, serve una più ampia riflessione.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie per gli interessanti commenti. Aggiungo solo tre veloci osservazioni, rinviando ancora al mio articolo accademico per una discussione più ampia. 1. A mio parere,  i brevetti sul software hanno un effetto incerto sul livello complessivo di protezione, perché il software può comunque essere protetto da diritti d’autore e mantenendo segreto il codice sorgente. Credo che l’effetto principale dei brevetti sul software sia quello di modificare la divisione dei profitti tra diverse generazioni di innovatori, con effetti appunto incerti sul livello complessivo di innovazione. In più c’è il problema, segnalato da Carlo Data, della qualità di tali brevetti, come di quelli sui c.d. "business methods". (Qui la buona notizia è che il brevetto di Amazon sulla tecnologia "one-click" molto probabilmente alla fine sarà annullato dai tribunali americani: il sistema sembra disporre di anticorpi, anche se forse non nella misura adeguata.) 2. Gianluca Salvatori e Marcello mettono in discussione l’attendibilità dell’evidenza empirica che uso nel mio lavoro. Ammetto: le stime dell’elasticità sono inevitabilmente incerte e da prendere con beneficio d’inventario. Ma sono le migliori attualmente disponibili, e se sulla base di queste stime non possiamo concludere con certezza che gli innovatori siano sotto-remunerati, certo è ancora più difficile sostenere il contrario, cioè che siano sovra-remunerati. Oltre non vado, né credo che oggi si possa andare. 3. Gianluca Salvatori e Marcello sono invece in disaccordo sul costo dei brevetti: Marcello pensa che debba essere ridotto, Gianluca Salvatori invece sottolinea i comportamenti opportunistici delle imprese che brevettano, suggerendo implicitamente che un aumento dei costi potrebbe scoraggiarli. Questo problema meriterebbe un’analisi specifica, ma tendo a concordare con Gianluca Salvatori.

PER LA RIFORMA DEL MODELLO CONTRATTUALE

Le trattative tra le parti sociali per spostare il baricentro della contrattazione collettiva a livello locale sono in stallo. Si potrebbe ripartire dal potenziamento di un istituto già previsto dal contratto dei metalmeccanici: l’assorbimento. Il contratto nazionale continuerebbe a fissare i livelli minimi nazionali e a determinare tutti gli aumenti retributivi nelle piccole aziende. Altrove sarebbe la contrattazione aziendale a influenzare la dinamica salariale, con uno scambio virtuoso tra retribuzione e produttività. Minimi contrattuali e salario minimo.

MAGGIORITARIO E PROPOSTA VASSALLO A CONFRONTO

Il maggioritario a turno unico può garantire il bipolarismo, ma non la governabilità. Il doppio turno favorirebbe entrambe le cose, ma non ha nessuna chance di essere adottato. La proposta Vassallo si muove sul terreno delle scelte possibili: riduce la frammentazione, ma non troppo; favorisce la credibilità delle opzioni di governo, ma può creare scricchiolii nel bipolarismo. Mentre il vero effetto della legge elettorale sulla qualità e l’impegno della classe politica dipende dal grado di concorrenza che si crea in contesti diversi.

I POVERI FUORI DALL’AGENDA

La manovra approvata al Senato accentua gli squilibri redistributivi. L’intervento sull’Ici è diventato ancora più corposo, perché di fatto rivolto alla grande maggioranza dei proprietari, senza vincoli di ampiezza della abitazione né di reddito. Che invece rimangono per gli affittuari, tra i quali si concentrano persone e famiglie a reddito modesto e povere. Il bonus incapienti, l’unica misura fortemente redistributiva a favore dei più poveri, è non solo meno generoso, ma concepito come una tantum. E del reddito minimo non si parla neanche più.

DALL’EURO NON SI DIVORZIA*

La costante di un’economia mondiale in continuo cambiamento è l’insoddisfazione per l’euro, prima troppo debole e ora troppo forte. Se il dollaro continua a perdere valore e gli Stati Uniti entrano in una recessione piena, torneranno a farsi sentire le voci per un’uscita dalla moneta unica, soprattutto in paesi con problemi di crescita come l’Italia. Ma abbandonare l’euro è impossibile. E non tanto per i costi economici o politici. L’ostacolo insormontabile è la procedura che si dovrebbe seguire. E che finirebbe per avviare la madre di tutte le crisi finanziarie.

EFFETTO FILIERA

L’internazionalizzazione dell’attività delle imprese è passaggio necessario per il loro sviluppo e la loro affermazione nella competizione globalizzata. In Italia la sua forma più diffusa è la delocalizzazione, attuata soprattutto dalle aziende medio grandi dei settori tipici del made in Italy. Dai dati 2007 emerge che delocalizzare in aree più lontane, in senso logistico o geopolitico, favorisce la recisione dei precedenti legami di subfornitura. Un effetto che la politica industriale non può ignorare per le ripercussioni sull’occupazione nel nostro paese.

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