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Contributivo tuttora incompreso

Senza revisione dei coefficienti, il modello contributivo non avrebbe più ragion d’essere. Ciò nonostante, si fa molta fatica a mettere in atto la prima, vitale per la praticabilità delle successive. Molte le contropartite richieste, fra cui l’adeguamento delle pensioni d’annata. Ma se queste sono socialmente intollerabili, la soluzione è una sola: ridurre o azzerare gli 1,5 punti attualmente anticipati. La conseguenza sarebbe una seconda riduzione dei coefficienti, più rilevante di quella deputata a dar conto dell’accresciuta longevità.

Lavoratori al quadrivio

Sotto ipotesi ragionevoli, la scelta migliore sembra essere l’adesione con contribuzione al fondo pensione, che permette di sfruttare il contributo del datore di lavoro, i vantaggi fiscali e l’eventuale maggior rendimento rispetto alla rivalutazione del Tfr. In termini di tasso di rendimento conviene aderire con la più bassa aliquota contributiva e la più alta quota di Tfr. Mentre una più elevata aliquota contributiva consente di coprire il gap previdenziale con maggiore facilità e in minor tempo. Avversione al rischio e liquidabilità.

L’educazione previdenziale degli italiani

Il mercato della previdenza complementare risulta indubbiamente condizionato dalla mano pubblica, fino a poter parlare di una sorta di azzardo morale. Il compito dei poteri pubblici non può quindi semplicemente esaurirsi nel preordinare meccanismi di controllo delle forme pensionistiche, a protezione dell’interesse degli iscritti. Si dovrebbe pensare seriamente alla necessità di avviare un efficace programma di educazione previdenziale rivolto all’intera popolazione. Le best practice internazionali indicano la strada da percorrere.

Domande fondamentali

I giovani avranno la pensione? E a quali condizioni? Come agiscono i coefficienti di trasformazione? Un’eventuale nuova riforma comporterebbe vantaggi o svantaggi per chi entra oggi nel mercato del lavoro? E quali conseguenze avrebbe la rimozione dello scalone? Interrogativi basilari, postici dal Forum Nazionale Giovani che chiedono risposte chiare. Ma l’unica via per non penalizzare troppo i più giovani è anticipare l’entrata in vigore delle nuove regole previdenziali. Come in Svezia, dove il sistema contributivo è stato adottato subito per tutti, escludendo solo gli ultrasessantenni.

I numeri della sanità penitenziaria

Nel periodo considerato dall’Indagine della Corte dei Conti la popolazione carceraria è aumentata, mentre sono diminuiti, anche in valore assoluto, gli stanziamenti annuali per la sanità penitenziaria. Il personale sanitario assorbe l’81 per cento della spesa, ma non è possibile conoscere quanta parte sia imputabile al numero di ore lavorate e quanta ai compensi orari. L’indisponibilità di questi dati insieme a quella sull’entità e sulle caratteristiche dei soggetti da assistere, configura nel complesso un sistema privo di trasparenza.

Dietro le sbarre si perde il diritto alla salute

Otto anni fa un decreto legislativo prevedeva il passaggio della competenza sulla sanità nelle carceri dal ministero della Giustizia al Sistema sanitario nazionale. Ma la sperimentazione non si è mai conclusa. E’ una questione di democrazia prima ancora che di costi. La tutela della salute delle persone recluse non può essere limitata da esigenze di sicurezza e confinata nei documenti di programmazione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ma deve procedere su un binario unitario insieme a quella del mondo libero .

Sette mesi dopo l’indulto

Il provvedimento ha quasi dimezzato le presenze nelle carceri italiane e riavvicinato le strutture a una dimensione di legalità. Ha segnato però la crisi dei rapporti fra il processo penale e il suo stesso scopo, che non si limita all’accertamento dei fatti, ma prevede l’esecuzione delle decisioni prese. Fra allarmi sociali ingiustificati e rinuncia a un intervento complessivo sul sistema delle pene e sul recupero della loro funzione costituzionale, l’indulto ci rimanda una politica che si condanna da sola a interventi emergenziali, che rinviano i problemi e sempre li aggravano.

Tav: parlando e sparlando

Fra i dodici punti non negoziabili enunciati dal presidente Prodi per la resurrezione del suo governo vi è “un’azione concreta e immediata di riduzione significativa della spesa pubblica”. Una rilevante inversione di rotta rispetto ai nove mesi passati. Non sembra però far parte di questo lodevole proposito la spesa per le infrastrutture. Anzi, al punto 3, si parla di una “rapida attuazione del piano infrastrutturale e in particolare dei corridoi europei (compresa la Torino-Lione)”. Ma le ragioni a favore di quest’opera rimangono argomentate in modo assai debole.

Milano, la vecchia fiera e il nuovo cemento

Sull’area dimessa della fiera di Milano verranno costruiti quasi un milione di metri cubi tra abitazioni e uffici, per un valore complessivo di circa 2 miliardi di euro. Il progetto è presentato come un caso esemplare di “collaborazione pubblico-privato”. Ma sembra essere stato impostato esclusivamente in base alla logica del profitto “privato”, addossando invece alla collettività notevoli costi finanziari e pregiudicando irrimediabilmente la qualità della vita di una delle migliori parti della città. A Monaco in una situazione simile hanno fatto scelte diverse.

Quel singolare quoziente di famiglia

Due proposte in Parlamento per l’introduzione di un “quoziente” destinato a sostituire le detrazioni per carichi familiari. A prima vista un sistema corretto: all’aumentare della numerosità del nucleo familiare, diminuisce il reddito soggetto a imposta, cosicché si applica una aliquota più bassa. In realtà, a ridursi è la progressività, a vantaggio delle famiglie con redditi medio-alti e alti. E con effetti di disincentivo del lavoro femminile. La previsione di una soglia oltre la quale il quoziente non si applica mostra poi la contraddittorietà del progetto.

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