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Sarà strutturale?

Sembra esserci l’accordo nella maggioranza sulla riforma delle pensioni. Dal 2008 si chiuderà uno dei due canali di accesso alle pensioni di anzianità. Tentiamo una prima valutazione sulla base dei (pochi) dati disponibili. Vi è il rischio di forti fughe verso le anzianità da qui al 2008, che potrebbero compromettere i risparmi successivi. Inoltre, aumenterebbero le disparità di trattamento, accentuando la complessità del sistema.

Anziani in cerca di risposte

Finita l’estate, restano i problemi dei non autosufficienti. Se è imperativo incrementare le risorse da destinare all’assistenza, è altrettanto necessario chiarire le fonti di finanziamento. Tra le ipotesi, un significativo spostamento di risorse dalla spesa previdenziale, una modifica di quella ospedaliera e un prelievo fiscale aggiuntivo. Oltre a un riordino delle prestazioni agli invalidi. Così come deve essere risolto il nodo delle competenze tra i diversi livelli di governo. Il punto di partenza è una maggiore assunzione di responsabilità dello Stato.

Quando la famiglia non basta

L’ecatombe silenziosa di anziani di questa estate dimostra che la famiglia non può più sopperire all’intervento pubblico nel fornire assistenza ai non-autosufficienti. Invece di proporre nuovi programmi da nomi altisonanti e privi di alcun finanziamento, occorre pensare a strumenti universali che consentano la cura degli anziani più bisognosi senza fare affidamento unicamente sui familiari. Da finanziare a livello nazionale, con una più accorta allocazione delle indennità di accompagnamento e con la riduzione della spesa per le pensioni di anzianità.

Trasparenza, previdenza e … influenza

Un comunicato dell’Inps reagisce alla denuncia de lavoce.info. La circolare del Commissario Straordinario dell’Inps che proibisce a tutti — tranne il Ministro del Welfare — l’accesso a “dati, stime, analisi sulle questioni o sui conti dell’istituto” servirebbe, secondo l’Inps, a “non influenzare in alcun modo il dibattito in corso sul tema delle pensioni”. Strana idea della democrazia e delle funzioni di informazione di un istituto pubblico!

Riforme previdenziali e tasso di occupazione

L’introduzione dei limiti anagrafici al pensionamento ha riportato verso l’alto i tassi di occupazione maschili nella fascia di età 50-60 anni. Incentivi e disincentivi economici apprezzabili possono perciò rivelarsi efficaci per ritardare le uscite dal mondo del lavoro. Con una nuova domanda sullo sfondo: ha ancora un senso mantenere l’istituto della pensione di anzianità in assenza di penalizzazioni?

Non serve la pensione di famiglia

I ragazzi italiani vivono in famiglia più a lungo dei loro coetanei europei perché non hanno la sicurezza del posto di lavoro. Colpa di un sistema che protegge i lavoratori più anziani, facendo ricadere sui più giovani tutto l’onere della flessibilità. Mantenere il generoso sistema pensionistico per permettere ai padri di mantenere figli trentenni è una soluzione sbagliata e costosa. Vanno invece rimosse le rigidità del mercato del lavoro.

Quanto pesa l’evoluzione demografica

L’analisi del sistema pensionistico italiano con criteri di contabilità intergenerazionale rivela uno scenario demografico particolarmente sfavorevole per gli equilibri futuri di finanza pubblica. E mostra che le generazioni sin qui esentate dalla riforma Dini hanno ricevuto un “bonus” molto consistente. La lunga transizione ha impedito un pieno risanamento. Le giovani generazioni rischiano di dover pagare in futuro una bolletta ancora più salata.

I costi della transizione

Opinioni autorevoli sostengono che la riforma delle pensioni non è urgente. È vero invece il contrario perché il sistema è già oggi in forte squilibrio e genera iniquità intragenerazionali oltreché fra giovani e anziani. Continuare a rinviare ogni decisione aggrava i problemi e ha costi politici elevati perché gli elettori invecchiano e diventano sempre meno favorevoli a riforme “eque”, che ripristino una uniformità di trattamenti fra giovani e anziani.
Con una replica di Eugenio Scalfari e risposte alle sue domande degli autori (nonchè gli articoli di Luciano Gallino ed Eugenio Scalfari precedentemente apparsi su “la Repubblica”) .

La sottile distinzione tra previdenza e assistenza

In molti si sono cimentati a mostrare che la spesa previdenziale vera e propria sarebbe molto inferiore a quella indicata nelle cifre ufficiali. Con questo si cerca di ridurre la gravità del problema della sostenibilità del sistema. Ma molte voci indicate come assistenza sono invece forme di assicurazione contro i rischi di una carriera saltuaria (pensioni minime) o di invalidità. D’altra parte, la riforma Dini ha già ben inquadrato questa distinzione, si tratta solo di accelerarne l’applicazione.

Il contratto da rinnovare

Il Documento di programmazione economica e finanziaria 2004-2007 dovrà tracciare il programma da qui alla fine della legislatura. Al Governo Berlusconi rimane poco tempo e moltissimo da fare per onorare i cinque punti del “contratto con gli italiani”. E nel frattempo si sono aggiunte nuove costose promesse. Per avvicinarsi ai traguardi indicati servono risorse e quindi tagli in delicati capitoli di spesa. Altrimenti bisognerà rinunciare a parti del programma. Meglio che il Dpef chiarisca tutto questo. Sarebbe anche un modo per vincolare l’intera coalizione di governo ai piani di fine legislatura.

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