La riforma dell’Isee è stata completata. Il nuovo indicatore dovrebbe avvantaggiare le famiglie numerose e quelle in cui sono presenti i disabili più gravi e più poveri. Se i controlli saranno effettivi, dovrebbe contribuire a migliorare la scarsa efficacia redistributiva del welfare italiano.
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Finalmente arriva uno stanziamento sufficiente alla sperimentazione di una misura universale di contrasto alla povertà. Tuttavia ancora una volta c’è il rischio che i fondi siano utilizzati in modo frammentario, riservandoli a categorie molto ristrette di beneficiari. Dubbi e incertezze da fugare.
Non c’è solo la differenza di costi tra le diverse proposte di reddito minimo. Per M5S e Sel i beneficiari sono gli adulti potenziali lavoratori. Si sottovalutano così i bisogni specifici dei minori. Ma anche dei giovani adulti senza qualifica. I problemi che nascono dalla titolarità individuale.
Il M5S ha proposto l’istituzione di un “reddito di cittadinanza”. In realtà si tratta di un reddito minimo. Costerebbe attorno a 19 miliardi, quattro volte di più del “sostegno di inclusione attiva”. Perché relativamente generoso e perché alcuni dettagli aumentano gli oneri amministrativi e i costi.
Negli ultimi mesi, all’interno di Fed e Bce sono emerse voci contrarie al mantenimento di politiche monetarie accomodanti. È necessario evitare che si generino effetti distorsivi sull’economia reale, ma oggi la priorità è l’occupazione e non l’inflazione. Come mostra l’analisi del Misery Index.
Il Sia è un nuovo schema contro la povertà, proposto dal ministero del Lavoro. È universale e selettivo in base alle condizioni economiche. Ha l’obiettivo di favorire un percorso di inclusione dei componenti del nucleo familiare. I costi e le ragioni per cui andrebbe introdotto gradualmente.
L’introduzione di un reddito minimo è quanto mai urgente e necessaria. Ma come disegnare la misura? Universalismo selettivo e risorse da recuperare secondo una logica redistributiva sono i criteri guida. L’erogazione monetaria va affiancata da interventi di promozione sociale e lavorativa.
L’esperienza del reddito di garanzia nella provincia di Trento dimostra che anche nel nostro paese si possono avviare serie misure contro la povertà, basate sul criterio dell’universalismo selettivo, senza far saltare i bilanci pubblici. A patto però di rispettare alcune condizioni.
Politiche fiscali finanziate con debito pubblico sono più o meno efficaci di politiche redistributive che spostano il carico fiscale dai poveri ai ricchi? Calcoli su dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane stimano un effetto non trascurabile di queste ultime sui consumi a livello aggregato
Le cattive notizie per l’economia italiana continuano a susseguirsi in questo difficile 2012, tanto da rinviare ormai all’anno prossimo ogni speranza di ripresa. Le ricadute sociali sono assai gravi: la caduta del Pil non sarà pesante come nel 2009, ma arriva nel quinto anno di crisi internazionale, la contrazione dei consumi delle famiglie dimostra con chiarezza che in questo periodo di tempo si sono erosi i risparmi che costituivano uno dei nostri punti di tenuta.