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Rimedi contro la psicosi da aviaria

L’influenza aviaria ha già contagiato tre continenti. La forte riduzione dei consumi di pollo ha certamente dato luogo a redistribuzioni nei flussi di spesa a vantaggio di altri. Gli aiuti al settore potrebbero perciò prendere la forma di mirati prelievi solidaristici. La strategia di produrre antivirale sulla base della sola domanda di mercato è del tutto inadeguata. L’Unione Europea deve farsi promotrice di azioni per attivarne immediatamente la produzione su vasta scala. Mettendo in pratica quel principio di precauzione enunciato nella Costituzione europea.

Per un pugno di antivirali

In meno di una settimana dal suo arrivo in Turchia, il virus A(H5N1) ha contagiato 15 persone, uccidendone 2, e infettato un numero impressionante di volatili in 18 aree geograficamente distanti tra loro. Questa particolare aggressività del virus dell’influenza aviaria preoccupa gli scienziati e impone di riconsiderare le stime sui tempi di diffusione del contagio. Inoltre ci si dovrebbe chiedere se le misure adottate dalla Roche, raddoppio della produzione e accordi di sub-licenza firmati nello scorso dicembre, siano sufficienti a garantire quantità adeguate di Tamiflu da utilizzare nella cura e nella profilassi dell’influenza aviaria, almeno fino a che non risulti disponibile un vaccino efficace, o se invece non permangano quelle strozzature nell’offerta, più volte segnalate, che richiederebbero misure ben più incisive e tempestive.

Per qualche antivirale in più

In attesa del vaccino, per contrastare l’influenza aviaria i Governi hanno un solo strumento: dotarsi di scorte diversificate e quantitativamente sufficienti di antivirali. L’offerta è però limitata. Gli organismi sovra-nazionali dovrebbero perciò assumersi la responsabilità diretta della produzione. Avrebbero così l’occasione per verificare la capacità di risposta tempestiva delle strutture internazionali a emergenze sanitarie e umanitarie mondiali. Non farlo significa rendere più probabili gli scenari peggiori, con costi, anche economici, altissimi.

L’Aids e il vaccino che non c’è

Debellare l’Aids è una priorità ed è considerato l’intervento dai maggiori benefici economici in termini assoluti. Eppure il vaccino ancora non c’è. Perché? Sicuramente ricerca e sviluppo sono estremamente costosi. Ma soprattutto è diversa la redditività di un farmaco post-contagio e di un vaccino. E dunque per le imprese farmaceutiche è più conveniente investire nella ricerca di cure. A questo fallimento del mercato potrebbe rimediare l’operatore pubblico. Un intervento giustificato anche dagli alti costi di prevenzione e cura della malattia.

Il virus della paura

Anche il solo timore di una pandemia genera rilevanti effetti economici negativi. L’unica strategia efficace per contenere l’allarmismo è agire in modo rapido per assicurare la produzione in quantità adeguata dei farmaci in grado di prevenire o contrastare il virus. Nel caso dell’influenza aviaria i ritardi sono già gravi a livello nazionale e internazionale. Si potrebbe coprire il fabbisogno di antivirali e antiepidemici indotto da profilassi e trattamenti di massa ricorrendo a unità di produzione sotto la diretta responsabilità del commissario europeo alla Salute.

L’influenza aviaria e il principio di precauzione

Il recente allarme scatenato dal virus A(H5N1), evidenzia l’indisponibilità delle principali industrie farmaceutiche a sostenere i rischi connessi all’incertezza sulla domanda futura. In presenza di una domanda di mercato incerta, compito delle autorità pubbliche dovrebbe essere quello di promuovere meccanismi che incentivino le imprese private ad attivare linee di ricerca e di produzione.

La concorrenza fa bene alla salute

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato sostiene da tempo che l’introduzione di opportune forme di incentivazione alla concorrenza contribuisce a rendere più efficiente l’offerta sanitaria e a contenere la spesa pubblica e privata in farmaci. Ma in Italia il sistema è ingessato e ciascun operatore adegua le proprie strategie alla prassi regolamentare vigente. Con danni per i consumatori. Buoni risultati si potrebbero avere invece ammettendo la vendita dei prodotti da banco anche fuori dalle farmacie. E da una nuova concezione della figura del farmacista.

Sistema sanitario tra sottofinanziamento e sprechi

La discussione sulla Finanziaria 2005 ripropone l’annosa discussione sui finanziamenti al sistema sanitario nazionale: pochi i soldi destinati al settore o troppi gli sprechi? Dai dati a disposizione sembrano vere entrambe le cose. Adottare anche per i prossimi anni un tasso di crescita del 2 per cento implica un aumento della spesa sanitaria inferiore a quello del Pil nominale. Un obiettivo irrealistico che rischia di compromettere la tenuta del sistema. D’altra parte, le Regioni mostrano capacità diverse di controllo della spesa.

Morire di ricovero

Nelle residenze sanitarie assistite il tasso di mortalità è decisamente più alto rispetto a quello indicato nelle tavole della sopravvivenza, a parità di età. Agisce un effetto selezione: si ricoverano gli anziani con perdita di autonomia funzionale superiore allo standard. Ma anche un effetto prodotto dal processo di istituzionalizzazione. Si mantiene così un equilibrio tra domanda e offerta, ma la sovramortalità istituzionale è una questione che le politiche per gli anziani dovrebbero affrontare.

Deficit e conflitti

I numeri sulla sanità dimostrano che nonostante i disavanzi perenni e gli scontri tra governi la spesa sanitaria non è fuori controllo. Al contrario, i dati parlano di una capacità del sistema di regolarsi, mantenendo spesa e servizi a livelli accettabili. I deficit sono almeno in parte il risultato di un gioco strategico tra Stato e Regioni, insito nel modello di organizzazione e finanziamento del sistema. C’è evidenza empirica di un ruolo delle aspettative nel determinare i livelli di spesa locale.

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