La scelta della scuola superiore può condizionare percorsi di studi e vita lavorativa. È quindi un problema se i ragazzi tendono a preferire gli indirizzi scientifici e le ragazze quelli umanistici. Anche perché non c’entrano i risultati in matematica.
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Confermando una tendenza ormai in atto da anni, le donne continuano a ottenere risultati migliori degli uomini a scuola e in università, con tempi di completamento degli studi più rapidi e voti più alti. Ma questo non è sufficiente per ridurre le disuguaglianze sul mercato del lavoro.
Il divario di genere tra le lauree in economia è superiore a quello nelle materie Stem. Soprattutto tra chi arriva da scuole superiori con poca matematica. Ma neanche la riforma Gelmini, che ne ha potenziato l’insegnamento, ha cambiato le cose, anzi.
Gli effetti della pandemia sulla scuola vanno valutati nel loro complesso. Dal benessere psicologico dei ragazzi all’abbandono scolastico, dalle disuguaglianze agli investimenti per la Dad: ecco cosa emerge dai primi studi.
La formulazione delle domande influenza le risposte ai questionari sulle conoscenze finanziarie degli italiani, soprattutto per donne e giovani. Non si traduce però in una maggiore alfabetizzazione complessiva. Per questo serve la matematica di base.
La chiusura delle scuole a causa del Covid, pur avendo avuto un impatto molto pesante sui livelli di apprendimento, sembra aver colpito in maniera piuttosto omogenea gli studenti appartenenti a classi sociali diverse. I risultati di uno studio.
Il ministero dell’Istruzione ha annunciato che in alcune scuole superiori si sperimenterà la riduzione di un anno del percorso scolastico. Se ne discute da tempo, ma ora sarebbe più opportuno occuparsi della perdita di apprendimenti causata della pandemia.
Nella prima ondata, il coronavirus è stato meno letale nei comuni dove il livello di istruzione è più alto. Forse in quelle zone le persone si sono protette meglio perché in grado di valutare l’attendibilità delle informazioni in circolazione.
Nel nostro paese, il dibattito sul ruolo dell’università è diviso tra chi propone un modello a “eccellenza” e chi un modello a “università diffusa”. Il Pnrr è l’occasione per chiederci quale tipo di configurazione dare al sistema nei prossimi anni.
Nel corso della pandemia, le regioni hanno deciso periodi più o meno lunghi di didattica a distanza. Le più penalizzate sono proprio le aree più deboli. Si accentuano così le già forti disparità territoriali nei livelli di apprendimento degli studenti.