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Il Punto

I cittadini dell’Eurozona sono in maggioranza a favore della moneta unica, a differenza dei cittadini dei paesi della UE fuori dall’unione monetaria. Non sembrerebbe perciò che l’euro sia un’imposizione delle élite. Un nuovo capitolo del nostro speciale “€uro pro e contro”.

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Si fa presto a dire “torniamo alla vecchia lira e staremo tutti meglio”. Proviamo a immaginare che cosa succederebbe nella fase di passaggio. In particolare per chi ha debiti o crediti. Un brutto sogno. Descritto in una nuova puntata del nostro speciale “€uro pro e contro”.

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È vero -come dicono i sostenitori dell’uscita dall’euro– che svalutare la moneta porta più benefici che svantaggi? Se si va a vedere cos’è successo in 23 casi di svalutazione dal 2000 in poi, si scopre che i guadagni di competitività sono notevolmente inferiori all’inflazione generata in casa.

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Nella tornata di nomine nelle imprese partecipate dallo Stato, alcuni criteri sono condivisibili, altri meno. Tra i primi, le presidenze affidate a quattro donne. Si poteva fare meglio perché non sono posizioni operative.

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Quali sarebbero i vantaggi in termini di competitività di un ritorno alla lira svalutata? Limitati e di breve periodo. E si accompagnerebbero immancabilmente a una perdita del potere d’acquisto dei nostri salari.

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Il rischio di deflazione nell’eurozona spinge la Bce a impegnarsi ad attivare misure non convenzionali di politica monetaria. Ma non è affatto chiaro di cosa si tratta. Forse la cosa migliore sarebbe far svalutare l’euro, che si è apprezzato nei confronti del dollaro nonostante fondamentali peggiori.

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Quelli che vogliono abbandonare l’euro lasciano credere che il ritorno alla lira si potrebbe fare da un giorno all’altro, senza danni, anzi con grande vantaggio per la competitività del paese. Vediamo perché le cose non stanno così e perché un’operazione del genere diventerebbe un folle balzo nel vuoto.

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L’Europa ha aggiornato le stime del nostro disavanzo strutturale imponendoci un aggiustamento ancora più gravoso. Però nessuno sembra tenerne conto.
Come sarà il Parlamento europeo che uscirà dal voto a fine maggio? Dovremo aspettare dicembre per avere tutte le istituzioni della UE rinnovate e funzionanti.

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Le province non sono state affatto abolite. E i risparmi del disegno di legge approvato (con fiducia) dal Senato non supereranno i 150 milioni. La fretta di esibire trofei (e di evitare nuovi interventi della Consulta sul blocco delle elezioni provinciali) prevale su riordino vero.

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Mentre si rafforzano le spinte alla separazione e alla secessione in Europa, utile guardare all’esperienza  della piccola ma molto variegata Confederazione Svizzera. Nel corso del tempo si è sviluppato un processo decisionale pragmatico e condiviso, né ideologico né verticistico e ben diverso dai complicati e oscuri patteggi che si svolgono a Bruxelles.

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