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Categoria: Rubriche Pagina 144 di 258

Il Punto

La già lenta ripresa della produzione industriale in novembre ha subito una battuta d’arresto. Di questo passo, il livello di produzione industriale pre-crisi (aprile 2008) sarà raggiunto nel 2034. Occorre che il recupero della nostra industria diventi meno dipendente dal settore automobilistico.
Il bail-in, la nuova procedura europea per i salvataggi bancari, carica le perdite anche sui risparmiatori. Prendersela ora con la Ue non serve dato che anche noi abbiamo approvato queste norme. A questo punto urge informare sul serio i clienti delle banche. Sapendo che potrebbe non bastare, come si è visto con i crack dei quattro istituti dell’Italia centrale.
Esclusi gli stranieri extracomunitari dal bonus di 500 euro per i neo-diciottenni da spendere in attività culturali. E sì che molti di loro sono cresciuti e hanno studiato in Italia. Forse per risparmiare il modesto costo aggiuntivo di circa 11 milioni? O perché questi giovani non voteranno alle prossime elezioni?
Rimane spazio per i favoritismi nel meccanismo Asn per reclutare i professori universitari. A parità di condizioni, chi ha agganci con la commissione di valutazione ha maggiori possibilità di riuscita rispetto agli altri. Eppure, ormai due anni fa, il ministero aveva annunciato nuove regole. Ehm… entro un mese da allora.
Nella recente riforma dei delitti tributari alcune innovazioni ragionevoli come la depenalizzazione dell’“evasione interpretativa”. Ma, in controtendenza, arriva la criminalizzazione incomprensibile di comportamenti spesso non derivanti da intenti fraudolenti come l’omessa dichiarazione del sostituto d’imposta e l’omesso versamento dell’Iva annuale.

Francesco Ramella interviene nel confronto sulle misure contro l’inquinamento urbano con un commento all’articolo “Inquinamento: qualcosa di più della danza della pioggia” di Marzio Galeotti e Alessandro Lanza

Più trasporto pubblico, meno smog: una ricetta cara?

Nelle scorse settimane il tema smog ha fatto prepotentemente ritorno sulle prime pagine dei giornali, come accade ogni qualvolta le condizioni atmosferiche del periodo invernale determinano un superamento dei limiti sempre più stringenti stabiliti dalle normative. E, come in altre occasioni, è riemersa la contrapposizione tra misure “di emergenza” e “strutturali”. Tra queste ultime, per quanto concerne l’ambito della mobilità, sembra essere centrale il ruolo del potenziamento dell’offerta dei servizi di trasporto collettivo.

Il Punto

Da mesi le banche italiane sono ai disonori della cronaca. Giustamente. Ma l’assenza di credito nel nostro paese non dipende solo dalle malefatte dei loro manager. Ad appesantire i bilanci bancari c’è una forte esposizione verso (tante) imprese zombie. Per uscirne ci vorranno capitale, fusioni e acquisizioni sotto l’ombrello della Bce. Un processo già cominciato che andrà avanti per anni.
Dopo un breve momento di apertura, l’Europa erige muri fisici e simbolici contro i richiedenti asilo. Al di là dei muri, se nel 2016 non arriverà la pace in Siria e negli altri paesi in guerra, altre migliaia di persone sfideranno le politiche di contenimento cercando scampo con ogni possibile mezzo.
Sono oggettivi gli indici bibliometrici nella valutazione dei docenti universitari? Nell’ambito degli studi giuridici sono molte le critiche che li bersagliano. Più o meno fondate. L’importante è non usarli come unico strumento di selezione ma come uno tra altri a disposizione dei valutatori.
Tra i giudici costituzionali eletti dal Parlamento a dicembre, due – Barbera e Modugno – sono costituzionalisti di fama che potranno influire notevolmente sugli orientamenti della Consulta quando dovrà pronunciarsi su questioni spinose. Per esempio, sul nuovo sistema elettorale.
Si applica – con varie eccezioni – anche ai lavoratori della pubblica amministrazione il nuovo articolo 18. Lo stabilisce una sentenza della Cassazione. Che però apre alcuni interrogativi: il governo – che ha sempre sostenuto il contrario – farà una norma ad hoc? E si estende al settore pubblico anche il Jobs act?

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Il Punto

Mentre il 2016 si apre con una grigia cappa d’incertezza sulle borse mondiali, trascinate giù da quella di Pechino un’altra cappa grigia – non metaforica – ha scurito le nostre città prima dell’arrivo della pioggia dei giorni scorsi. Al famigerato inquinante PM10 contribuiscono il riscaldamento degli edifici e il traffico. Contro i quali gli incentivi a svecchiare il parco auto servono più di targhe alterne e blocchi episodici.
Apple ha eluso le tasse italiane e ora arriva a una transazione da 318 milioni, solo un terzo del dovuto. Multinazionali che aggirano le norme e un fisco che finalmente recupera qualcosa. Tutto si gioca sul filo del principio che nel diritto tributario internazionale si chiama “stabile organizzazione”.
Si parla di Pil e si dimentica che una delle sue componenti è la rendita immobiliare. Sempre in crescita in Italia dagli anni ’80, ha parzialmente compensato il calo dei profitti aziendali e indotto il sistema produttivo a sottostimare l’urgenza – ineludibile – dell’innovazione.
L’anno si apre anche discutendo di piccole ma significative novità per i conti pubblici. Dalla Ue arrivano le agenzie fiscali indipendenti. Per dare più trasparenza alla finanza pubblica. Saranno preziose se avranno accesso a tutti i dati di cui hanno bisogno. Arrivano anche più incentivi economici per i comuni che si fondono in uno solo. Ci volevano: finora il processo di aggregazione è stato un brutto flop.
La riforma della pubblica amministrazione rischia di rendere i dirigenti permanentemente precari. Con conseguenze pericolose per l’imparzialità dei loro atti.
Dopo gli attacchi terroristici del 2015 i cittadini si sentono minacciati da possibili – seppur improbabili – attacchi e sono più diffidenti verso gli altri. Così riscoprono l’appartenenza religiosa. Ma a scapito della scienza.
Di quale area politica sono gli opinion leader in Italia? Prevalentemente di centro-sinistra. Forse perché la destra “repubblicana” qui è sempre stata esigua e poco incisiva.

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Atenei tra tasse e qualità didattica

Ringrazio per i commenti ricevuti, utili e interessanti, ad alcuni dei quali ho risposto specificamente. Vorrei tuttavia aggiungere un paio di precisazioni, stimolate dalle reazioni dei lettori.

Il Punto

Fine anno ricca di eventi per riflettere sotto l’albero. Le elezioni in Spagna hanno portato la fine del bipolarismo e messo in forse la governabilità. Mentre in Francia la (non) alleanza tra socialisti e destra repubblicana al secondo turno ha bloccato il Front national. Due esiti molto differenti, come i sistemi elettorali dei due paesi. Come avrebbe funzionato il nostro Italicum?
Sul fronte dell’economia, il 2015 doveva essere l’anno del lavoro, grazie alla decontribuzione per i nuovi assunti e al Jobs act. In effetti c’è stato un cambio di rotta. Si contano 200 mila occupati in più che nel 2014, soprattutto nei servizi. Ma i dati Istat non confermano ancora quello che si vede nei dati Inps, cioè il prevalere dei contratti a tempo indeterminato. Troppo timidi i tagli di tasse della legge di Stabilità 2016. Una timidezza causata dall’incapacità della nostra classe politica di ridurre la spesa pubblica. Almeno, con la “finanziaria”, arriva un mix di interventi da 1,5 miliardi di contrasto alla povertà che dovrebbe sostenere almeno 1 milione di indigenti. Solo un primo passo per colmare il divario con la media Ue.
Procede ancora lento e tra mille difficoltà il cambiamento nella scuola e nell’università. Con 51 mila bambini di età diversa iscritti ai vari anni del ciclo formativo, le pluriclassi nella scuola primaria si trovano in aree interne poco popolate. La riforma della Buona scuola consente di scegliere se mantenerle migliorandone la didattica oppure accorparle in nuove scuole. Con scarsa cognizione di costi e benefici delle alternative. Se i meccanismi per premiare il merito nel reclutamento degli atenei vengono vanificati dalla baronie, forse meglio affidare tutto alla competizione di mercato: università finanziate dalle tasse degli studenti (ma con borse di studio per i meritevoli a basso reddito) che potrebbero diventare virtuose per aggiudicarsi i migliori.
Davvero le elezioni primarie neutralizzano le strutture cristallizzate dei partiti e creano un rapporto diretto tra candidati e base elettorale? No, non è scontato. Vari i rischi in agguato, dalla disaffezione dei militanti alle pratiche clientelari all’uso strumentale che ne fanno i vertici delle organizzazioni politiche.
La redazione augura buone feste a tutti i lettori! 

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Le tasse saliranno nel 2016 e negli anni seguenti

Con l’approvazione della legge di Stabilità 2016 nei due rami del Parlamento e in attesa della pubblicazione della nota tecnico-illustrativa definitiva da parte della Ragioneria generale dello stato si può comunque calcolare in che misura l’impegno preso dal governo di ridurre le tasse sarà rispettato nel 2016 e negli anni successivi. I dati complessivi di variazione delle entrate e delle uscite dello stato presentati dal governo a ottobre sono stati complessivamente rispettati anche dopo il dibattito parlamentare, con l’eccezione del rinvio (proveniente dal governo) del taglio dell’Ires al 2017 per far posto alle voci del cosiddetto “pacchetto sicurezza” (ad esempio, i 500 euro ai diciottenni e gli 80 euro alle forze dell’ordine).

Il Punto

La Fed mette fine all’epoca dei tassi zero. Con l’obiettivo di liberare i mercati dall’incertezza di una decisione attesa. Che però per il resto non convince. Perché alzare il costo del denaro se l’inflazione è oggi quasi nulla e anche domani ci si aspetta che rimanga bassa?
Bankitalia propone di vietare la vendita di obbligazioni subordinate al pubblico dopo che questi strumenti finanziari hanno mandato sul lastrico molti clienti delle quattro banche insolventi. Ci sarebbero anche misure meno draconiane: informare sui rischi senza mettere in crisi una fonte importante di approvvigionamento (74 miliardi) del sistema bancario.
16,5 trilioni (migliaia di miliardi) di dollari: non è l’economia di Zio Paperone, è la cifra stimata per investimenti e tecnologie nei prossimi 15 anni sulla base degli impegni presi alla Conferenza sul clima. Si andrebbe verso un nuovo modello di sviluppo che rivoluzionerebbe le logiche di governi, banche e imprese.
Mancano analisi sull’efficacia sociale dei generosi sussidi pubblici al trasporto ferroviario e ai collegamenti con le isole. Di certo, in parte sono sprecati: ne beneficiano anche persone con reddito medio-alto mentre spesso chi è più povero finisce per usare il trasporto su gomma, penalizzato dalle tasse. A conferma del fatto che la mancanza di equità rimane uno dei nodi irrisolti del paese. Cominciando dalle erogazioni di assistenza sociale: i più benestanti ricevono il 20 per cento delle risorse per il sostegno alle famiglie e il 18 per cento di quelle per il contrasto alla povertà. Oltre 4 milioni di persone in povertà assoluta, invece, non ricevono nulla.
I contratti di lavoro precari in declino a favore di quelli stabili, in aumento per tutto il 2015, come mostra il grafico che pubblichiamo. Grazie più alla decontribuzione per i nuovi assunti o più alle tutele crescenti del Jobs act? Da gennaio 2016, quando si ridurrà la prima, troveremo la risposta.

Francesco Pastore risponde ai commenti al suo articolo “Così i dipartimenti bloccano la riforma dell’università

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Effetto Jobs act sul mercato del lavoro?

grafico inps rifatto immagine

Fonte: INPS – elaborazione al 10 Dicembre 2015

Campo di osservazione: archivi Uniemens dei lavoratori dipendenti privati esclusi lavoratori domestici e operai agricoli. Sono compresi i lavoratori degli enti pubblici economici.

Nel grafico sono evidenziati i cambiamenti tendenziali annualizzati nel numero di posti di lavoro negli ultimi due anni, per tipo di contratto. Prendiamo la linea blu quella dei contratti a tempo indeterminato. Come si evince, a partire da gennaio 2015 i posti di lavoro a tempo indeterminato sono iniziati ad aumentare rispetto allo stesso periodo del 2014. A ottobre 2015, vi sono circa 400mila posti a tempo indeterminato in più rispetto a a ottobre 2014.
Cosa possiamo imparare, rispetto al Jobs act, da questo grafico? E’ difficile trarre conclusioni. Dal mese di gennaio di quest’anno è operativa la decontribuzione per nuovi assunti a tempo indeterminato mentre da fine marzo è operativo il nuovo contratto. Certamente hanno avuto un ruolo importante entrambe le politiche, anche se dal grafico si evicne un boom già a partire dei primi mesi del 2015, quando solo la decontribuzione era operativa.
A partire da gennaio, la decontribuzione sarà notevolmente ridotta, mentre il nuovo contratto a tutele crescenti sarà ancora operativo. Nei prossimi mesi continueremo a monitorare questi dati per avere maggiori certezze.

Cos’è cambiato con la riforma Gelmini

 

Ringrazio gli autori per i commenti ricevuti al mio articolo. Devo dire, però, che alcuni dei commenti hanno un po’ frainteso il senso dell’articolo. Cerco allora di spiegare meglio il mio punto di vista. Indubbiamente, la legge Gelmini non è la panacea di tutti i mali, né la migliore delle riforme possibili. Non ho detto questo. Ho detto solo che rispetto ai concorsi locali che c’erano prima, la Gelmini ha introdotto almeno una valutazione di massima e la verifica di uno standard minimo per l’accesso alla carriera di professore universitario. Gli scambi di favori fra baroni erano all’ordine del giorno prima della Gelmini: “Io faccio associato/ordinario tuo figlio/nipote/allievo e tu il mio”. Molte persone che con i concorsi locali avrebbero vinto a man bassa, con la riforma Gelmini non hanno ottenuto le abilitazioni o non hanno neppure fatto domanda.
È altresì vero che ci sono state differenze non trascurabili fra i diversi settori scientifico-disciplinari. Alcuni settori, rifiutando l’uso di metri di valutazione oggettivi e trasparenti, hanno applicato criteri discrezionali e perciò discutibili, promuovendo non tanto (o non sempre) sempre i più bravi, ma quelli più vicini alla commissione, come è nella tradizione di tutti i concorsi universitari italiani. Soprattutto i settori non bibliometrici hanno mantenuto una eccessiva discrezionalità che non sempre ha premiato i migliori. Ma se si va a chiedere ai giovani di questi settori cosa ne pensano, come presi dalla sindrome di Stoccolma, continuano a dire che occorre mantenere la discrezionalità di valutazione delle commissioni e, sinceramente, a chi scrive cadono le braccia. Viene il dubbio che il sistema sia irriformabile.
Altri settori ancora hanno abbassato troppo l’asticella, promuovendo una percentuale troppo alta e facendo così un grave torto ai più bravi in quel settore che sono stati penalizzati dalla conseguente svalutazione del titolo di abilitazione.
Un problema della riforma è che anziché imporre tutto dall’alto, sta cercando di favorire un processo di learning by doing che per i professori universitari sembra difficile e che rischia di far fallire la riforma come è stato per altre riforme importanti che sono state introdotte senza adeguata discussione e introiezione da parte di chi la doveva attuare. Perciò vi sono ancora tante incomprensioni, talvolta anche dei propri stessi interessi da parte di alcuni attori, come i più giovani e bravi dei settori non bibliometrici di cui si è detto sopra. C’è poi un tentativo di neutralizzare la riforma laddove sottrae potere ai baroni.
Insomma, ci sono tanti aspetti della legge GeImini che richiedono un tagliando. ll tema dell’articolo, però, non era “quanto è bella (o brutta) la riforma Gelmini”. Sembra che non si possa che parlare del tema “riforma sì/riforma no”. Non si può parlare invece di come migliorare la riforma. Ripeto: lo schema della riforma è molto migliorativo rispetto al passato, ma occorre anche apportare dei correttivi. Uno di questi correttivi è capire meglio chi decide quale fra gli abilitati di un dipartimento debba avere la precedenza, in specie in un regime di risorse scarse. La legge Gelmini non ha affrontato questo tema in modo adeguato.
Non ho neppure discusso di sistemi alternativi o di incentivi a scegliere personale dall’esterno. Questo è un altro discorso che non affronto in questo articolo.
Il problema che ponevo è: a parità di esterni chiamati, chi e come bisogna scegliere fra gli abilitati interni ad un dipartimento che vanno pure premiati per il lavoro fatto e non vanno necessariamente messi in competizione con degli esterni? Su questo sono pienamente d’accordo. È bene che una struttura premi chi lavora di più e meglio al proprio interno consentendo loro un necessario passaggio di carriera. Se non fosse così, verrebbe meno l’incentivo a lavorare per quella struttura.
Non ho discusso neppure di incentivi. Potrà essere naturale che decidano gli ordinari, i più anziani, come accade dappertutto. Tuttavia, altrove, nei paesi anglosassoni, pur non mancando le ingiustizie, che in questo mondo non mancano mai, il sistema premia in media i migliori più del nostro. Sarà anche grazie agli incentivi che nel nostro sistema mancano e sono d’accordo su questo con Alberto Rotondi.
Tuttavia, siccome gli incentivi non ci sono ancora e finché le risorse sono e saranno scarse e immagino che il quadro degli incentivi non cambierà per molto tempo ancora, che facciamo? Consentiamo agli anziani di fare quello che vogliono? Cioè di scegliere parenti/amici/allievi meno meritevoli perché a loro conviene fare così? Finché non ci sono le risorse e gli incentivi, riconosciamo il diritto all’abuso? Ecco, questo è il punto dell’articolo. Nel frattempo, finché mancheranno incentivi economici a scegliere i migliori, occorre introdurre criteri oggettivi, trasparenti, misurabili per costringere i più anziani, visto che gli incentivi gli fanno difetto, a scegliere i migliori e non chi fa a loro più piacere o più comodo, facendo perdere anni ed anni di carriera ai più bravi. Tutto qua.
Non entro approfonditamente nel merito dei criteri. Bisogna pensare bene a questo. Alcuni criteri sono però oggettivi e verificabili: il conseguimento di un’abilitazione di prima fascia per una promozione di seconda fascia, il numero complessivo delle abilitazioni, la quantità e continuità della produzione scientifica di un certo livello (magari totale di articoli in riviste di classe A normalizzate per le riviste totali di classe A di quel settore, poiché alcuni settori hanno dichiarato di classe A tutte le loro riviste di settore), fabbisogno della facoltà per il personale appartenente a quel determinato settore, anzianità di servizio del docente etc etc. Ci sono tanti criteri oggettivi che si possono adottare e che limiterebbero facilmente gli abusi attuali. Il punto non è definire i criteri, che spesso sono concorrenti, non discordanti e portano dritto sempre alle stesse persone, ma rendete tali criteri cogenti!
Mi auguro, infine, che il problema sollevato scompaia con le abilitazioni a sportello, che limiteranno l’affollamento, la definizione di asticelle sempre più giuste (non dico più alte) e l’eliminazione dei punti organico e la loro sostituzione con altri strumenti di definizione delle risorse disponibili. In futuro, dovrebbe essere possibile ad un dipartimento di promuovere automaticamente uno studioso meritevole che abbia acquisito un’abilitazione nazionale senza doverlo fare aspettare ingiustamente.

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