Nell’ultimo decennio gli iscritti all’università sono aumentati di più del 10 per cento. La crescita è da imputare in primo luogo agli atenei telematici. Le università tradizionali del Sud, invece, perdono studenti a vantaggio di quelle del Nord.
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Il Pnrr coglie alcuni nodi centrali dell’istruzione universitaria. Ma gli interventi indicati per scioglierli non sono lineari. Perché possano dare risultati è importante prevedere un coordinamento stretto fra tutti i soggetti chiamati a realizzarli.
Adottata nel lockdown come soluzione di emergenza, la didattica a distanza potrebbe rappresentare una chance di rinnovamento dell’insegnamento universitario. Per estendere l’offerta formativa, senza smaterializzare il rapporto docenti-studenti.
Il Covid-19 farà calare le iscrizioni all’università? E diminuirà la mobilità per motivi di studio? Una ricerca sugli atenei piemontesi sembra smentire le preoccupazioni, almeno nel medio periodo. Ma serve più impegno per garantire il diritto allo studio.
Qualunque criterio si prenda in considerazione, migliorano le posizioni delle nostre università nelle classifiche internazionali. Con alcune eccellenze e ancora molto lavoro da fare. A partire da investimenti e internazionalizzazione.
L’università italiana ha saputo reagire bene all’emergenza sanitaria. Ora si affacciano nuove sfide. Nella crisi economica bisogna aiutare i giovani a prendere le decisioni migliori, per loro stessi e per la collettività.
L’aumento automatico dell’Iva in applicazione delle clausole di salvaguardia aleggia sul programma del prossimo governo. Evitarlo richiede di trovare altre entrate nel bilancio dello stato o tagli di spesa, altro che flat tax e reddito di cittadinanza. Qualcuno dovrà pagare e bisognerà spiegare a chi tocca.
Pier Luigi Bersani ha dichiarato in Tv: “Dicono che aumenta il numero degli occupati ma non che calano le ore lavorate”. Sulle ore lavorate in media da ognuno ha ragione, su quelle totali ha torto, come dimostra il fact-checking de lavoce.info.
In mezzo agli scioperi, qualcuno ha confrontato la crisi di Air France con quella di Alitalia. Le analogie, tuttavia, non ci sono. La società italiana, nonostante i tagli al costo del lavoro, incassa troppo poco e perde. Quella francese fattura nove volte di più, fa risultati ma non riesce a tenere a bada i conflitti sindacali. In Italia chi ha genitori laureati ha una più alta probabilità di fare e finire l’università. Chi invece è figlio di genitori senza laurea è più facile che vada all’istituto tecnico e che poi non concluda gli eventuali studi universitari. Una via di uscita – seguita in altri paesi – sarebbe quella dell’università professionalizzante. Per la prima volta nel Def – Documento di economia e finanza – compaiono tutti i 12 indicatori di benessere equo e sostenibile (Bes) che fotografano in modo più completo rispetto al Pil lo stato di salute della società italiana. Ora c’è da legare l’andamento degli indicatori a politiche economiche incisive.
Il ritiro di Trump dall’accordo sul nucleare con l’Iran e il prossimo ripristino di sanzioni economiche mettono il paese degli ayatollah in forte difficoltà. Perché queste politiche generano effetti pesantissimi, come mostra la nostra infografica.
Un anno fa abbiamo inaugurato su lavoce-info uno spazio dedicato al fact-checking. Ovvero la verifica documentata di numeri e fatti dichiarati da personaggi pubblici. Ha avuto il gradimento dai lettori ed è diventata una costante nelle nostre pagine. Per festeggiare a modo nostro l’anniversario sottoponiamo a fact-checking le parole del leghista Massimiliano Fedriga: sostiene che è stata varata una misura “svuota-carceri” che ha liberato i condannati fino a quattro anni. Le cose non stanno così.
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Gli esercizi di valutazione della ricerca, e i ranking che ne derivano, possono influenzare le scelte di iscrizione degli studenti. E così determinare un aumento delle disuguaglianze. Specialmente se non si danno agli atenei gli strumenti per migliorare.
La valutazione della qualità della ricerca 2004-2010 determina la ripartizione di una parte dei fondi tra i vari atenei. Ma l’approccio seguito per valutare i lavori dei ricercatori suscita qualche dubbio. E un metodo alternativo dà una “classifica” molto diversa. I programmi per il futuro.