La crisi greca ci ricorda che banche ed economia reale sono inscindibilmente legate. E la vigilanza bancaria, per quanto attenta e prudente, può fare poco di fronte a crisi sistemiche dovute al fallimento di uno stato. Coinvolgimento dei correntisti nel salvataggio e ulteriore instabilità.
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Il nuovo piano da 86 miliardi per la Grecia ha evitato per ora la deflagrazione della moneta unica. Ma se non si completa l’unione monetaria, mettendo mano ai sistemi bancari dell’Eurozona, non ci sarà una soluzione definitiva. E torneremo presto a parlare di un altro programma di salvataggio.
Dove andranno a finire gli 82-86 miliardi previsti dal terzo programma di aiuti alla Grecia? Troika, Eurogruppo e governo greco non brillano per trasparenza, ma sembra che buona parte servirà per ripagare i debiti verso Fmi e Bce. Poi vengono le banche greche. Gli investimenti arrivano buoni ultimi.
Salvo sorprese dell’ultimo minuto, la Grecia sta scivolando verso l’insolvenza e l’uscita dall’euro. L’impatto immediato sarà drammatico per il paese ellenico. Ma in futuro chi rischia di perderci maggiormente saranno gli altri paesi europei. A cominciare dal nostro.
Dopo il 2010 la Grecia ha ridotto il deficit pubblico, i salari e aumentato l’età del pensionamento. Oggi il paese è allo stremo, senza soldi per ripagare i suoi debiti. Il Fmi chiede di più, ma i creditori dovrebbero capire che ci vorranno cinque-dieci anni per rimettere la Grecia in carreggiata.
Perché la Ue abbia una chance, evitando le diverse possibili “exit”, serve un cambiamento radicale nelle istituzioni e nelle politiche. Di questo dovrebbe occuparsi il documento dei “quattro presidenti”. Ma il rischio è che i governi nazionali preferiscano non fare nulla sperando che basti la Bce.
Il Qantitative easing della Bce è partito il 9 marzo 2015. È troppo presto per vederne i primi effetti oppure qualcosa già si muove? La più importante operazione di politica monetaria dalla nascita dell’euro sembra aver prodotto un primo risultato: il ritorno della fiducia tra gli operatori.
Enel – pare – contribuirà allo sviluppo della rete in fibra di banda ultra-larga in tutto il paese. Un progetto con una sua logica se realizzato in sinergia con Telecom Italia e altre società di Tlc. La concorrenza tra operatori ipotizzata dal governo ha invece in questo ambito poco senso.
Nella nuova politica Ue dell’immigrazione, grande enfasi politica accompagnata però a piccoli progressi e impegni inadeguati e riluttanti. Se i governi europei vogliono farsi carico di rifugiati e richiedenti asilo in modo cooperativo, serve altro. Come canali d’ingresso sicuri e misure di rapido reinsediamento.
Il Pil italiano è tornato alla crescita nel primo trimestre 2015 con un +0,3 per cento. Prima volta dal 2011. Mancano però ancora nove punti rispetto ai livelli di sette anni fa. Vedere il grafico per credere. Nei prossimi mesi la crescita europea beneficerà anche dei risultati reali del Quantitative easing della Bce iniziato in marzo. Per ora, giù il cambio euro-dollaro e i tassi d’interesse e su la fiducia, ingrediente essenziale dello sviluppo. In Grecia, invece, si continua a navigare a vista. Qualche miglioramento di cassa nei conti pubblici si scontra con la mancanza di liquidità per obblighi di pagamento interni (stipendi pubblici, pensioni, sanità) e rimborso del debito estero. Si preannuncia un’estate molto calda sotto il Partenone.
La recente riforma smuoverà le acque negli assetti paludosi delle banche popolari. C’è da rafforzare la capacità loro e delle altre banche locali legate al territorio nel mantenere attivi i flussi di credito a imprese e famiglie. Ma anche da ricondurre le più grandi di queste – oggi potentati incontrollabili – a normali logiche economico-finanziarie.
È positivo sentirsi sicuri di sé. Ma senza esagerare. L’eccessiva fiducia nelle proprie capacità espone a una pericolosa sottovalutazione dei rischi. Lo si vede nello sci-alpinismo, con conseguenti tragedie. Da uno studio su questo sport, alcune considerazioni utili per la vita di tutti i giorni, privata e professionale.
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Le riforme strutturali possono rivelarsi addirittura dannose, se non sono accompagnate da simultanee misure di espansione della domanda. Ma in una unione monetaria ciò è precluso e la politica monetaria non può agire da cinghia di trasmissione tra sacrifici e benefici.
Con l’unione bancaria, Banca d’Italia è chiamata a condividere con la Bce la responsabilità della vigilanza sugli istituti di credito. Per evitare che le nostre banche e imprese siano penalizzate, occorre rafforzare la ricerca sugli strumenti di vigilanza e sulla loro applicazione.