Sulle due sponde dell’Atlantico, l’uscita dalla politica monetaria ultra-accomodante avverrà a velocità diverse: la Fed sarà più rapida della Bce. Nell’area euro prevale la preoccupazione di non destabilizzare il mercato del debito pubblico.
Tag: Bce Pagina 5 di 29
La politica monetaria è cambiata negli ultimi anni. Le banche centrali hanno arricchito la loro “cassetta degli attrezzi” e modificato la loro strategia. Il passaggio alla “nuova normalità” è spiegato in libro. Ecco i temi che affronta.
Fed e Bce non rispondono alla crescente pressione inflazionistica. Una strategia dettata dal fatto che per molto tempo l’inflazione è stata al di sotto del target. Ma non è detto che le aspettative di inflazione futura rimangano a lungo sotto controllo.
Il ritorno dell’inflazione potrebbe indurre la Bce a rivedere la sua politica ultra-espansiva. Non c’è però una relazione meccanica che, con un eventuale aumento dei tassi di interesse, la costringa a vendere i titoli di stato che ha già acquistato.
Sono attendibili le rosee stime della Commissione e di altri organismi internazionali sull’economia italiana? In tempi tanto incerti è difficile fare previsioni. Ma è probabile che l’inflazione duri più a lungo di quanto sostengono le banche centrali.
Nella riunione del 22 settembre, il Board della Fed ha confermato quanto era stato anticipato dal suo Presidente Powell nel convegno agostano di Jackson Hole: salvo sorprese, la banca centrale americana avvierà presto una graduale riduzione del ritmo degli acquisti di titoli attualmente in corso, dando così attuazione alla sua exit strategy dal programma di quantitative easing avviato per reagire all’impatto della pandemia sull’economia americana.
In attesa del meeting di novembre, nel quale si prevede che la Fed prenda una decisione in questa direzione, riproponiamo l’articolo pubblicato in occasione del discorso di Powell a Jackson Hole, che chiarisce i passaggi previsti dalla strategia di uscita della Fed.
Come ha agito la cassa integrazione durante la crisi pandemica? A giudicare dai primi risultati, bene poiché ha arginato la caduta dei redditi e l’aumento delle disuguaglianze, soprattutto per donne e giovani. Solo il 21 per cento dei padri ha fatto richiesta per il congedo familiare previsto dal “Cura Italia”. La riconferma che, anche in tempo di pandemia, sono le madri a svolgere il ruolo di principale care-giver in famiglia. Nonostante l’incertezza normativa, l’incentivo all’assunzione di giovani introdotto nel 2018 sembra aver funzionato: il tasso di occupazione nella fascia under-35 è cresciuto. Ma con quali costi?
È una riforma radicale quella proposta da Boris Johnson per il sistema sanitario del Regno Unito. Con la spesa pubblica che sale a livelli record e molte promesse elettorali tradite. Quali lezioni per l’Italia? Come altre banche centrali, anche la Bce si muove nella direzione di un’uscita graduale e prudente dalla logica emergenziale iper-espansiva che ha caratterizzato gli ultimi due anni. Le ragioni della scelta.
Si stanno rivelando un flop i bandi indetti dal Gestore dei servizi energetici per gli incentivi alle centrali elettriche green. A scoraggiare gli investitori le lungaggini procedurali e gli ostacoli burocratici. In concomitanza con il Pnrr riprendono, dopo anni di stagnazione, i lavori pubblici nei comuni. Merito della semplificazione normativa delle procedure, che apre però a nuove criticità sulle stazioni appaltanti.
Il caso della sparatoria di Voghera di luglio solleva dubbi sulle strategie di gestione della marginalità sociale, non solo tra gli immigrati. E ci interroga su quale concezione abbiamo dei diritti umani.
Spesso un grafico vale più di tante parole: seguite la nostra rubrica “La parola ai grafici”.
L’accesso ai contenuti de lavoce è libero e gratuito ma, per poter continuare ad assicurare un lavoro di qualità, abbiamo bisogno del contributo di tutti. Sostienici con una donazione, anche piccola!
Le banche centrali dei principali paesi sviluppati, Bce in testa, si muovono nella stessa direzione. Cercano di uscire dalla logica emergenziale iper-espansiva degli ultimi due anni con molta prudenza. La scelta ha diverse ragioni, tutte comprensibili.
In occasione del rientro in classe, lavoce.info esce con una newsletter speciale sul tema scuola e istruzione.
Il governo sembra aver fatto dei passi avanti rispetto al piano di rientro dello scorso anno, ma restano ancora delle questioni irrisolte, come quella delle cattedre vuote e della conseguente discontinuità didattica, che porta a gravi lacune in termini di apprendimento. Il rientro non segna la fine della Dad, che però va migliorata perché diventi uno strumento utile anche dopo la fine dell’emergenza. Il tragitto per andare a scuola è uno dei momenti cruciali per il rischio di contagio, ma garantire un piano nazionale per il trasporto pubblico locale non è semplice come si potrebbe immaginare. La separazione del ministero dell’Istruzione da quello dell’università e della ricerca avvenuta nel 2020 non sembra aver portato particolari benefici, ma ha sicuramente causato ritardi amministrativi che persistono ancora oggi e che hanno pesato in tempo di pandemia.
Ha fatto scalpore l’appello dei professori universitari contro il Green Pass, ma solo il 6 per mille dei docenti ha firmato il documento.
Nella riunione del 9 settembre la presidente Lagarde ha tenuto una conferenza che, più che un cambio di rotta, sembra confermare una tendenza già in atto da tempo all’interno della Bce.
Spesso un grafico vale più di tante parole: seguite la nostra rubrica “La parola ai grafici”.
L’accesso ai contenuti de lavoce è libero e gratuito ma, per poter continuare ad assicurare un lavoro di qualità, abbiamo bisogno del contributo di tutti. Sostienici con una donazione, anche piccola!
Nell’ultimo consiglio direttivo Christine Lagarde ha annunciato un calo degli acquisti di titoli nell’ambito del programma emergenziale Pepp. Ma il rallentamento è in atto già da qualche settimana e la fine del programma di acquisti sembra ancora lontana.