Aumentano i prestiti cinesi ai paesi africani. Per lo più, servono a finanziare progetti infrastrutturali. Facilitano così la partecipazione alle catene globali del valore, contribuendo alla crescita delle esportazioni e al miglioramento della produttività.
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Pechino è in ritardo rispetto agli Stati Uniti nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ma se riuscisse a superare le attuali difficoltà, interne ed esterne, potrebbe ottenere risultati importanti nella medicina digitalizzata e nell’automotive elettrico.
Una delle prime iniziative del rieletto Trump sarà l’aumento dei dazi verso i prodotti di altri paesi, cinesi in primo luogo, ma anche europei. La Ue potrebbe trovarsi nella posizione più difficile, anche per la dipendenza dagli Usa per gas e petrolio.
La decarbonizzazione dell’industria europea è uno dei punti centrali del rapporto Draghi. Perché così si abbassa il costo dell’energia. Ma occorre anche dare sostegno ai settori che trainano l’innovazione, dalle tecnologie pulite ai veicoli elettrici.
In un mondo sempre più frammentato, nel quale il commercio internazionale ha smesso di crescere, la quota delle esportazioni cinesi sul Pil mondiale continua ad aumentare. A renderlo possibile è un sistema inefficiente, ma dinamico.
La transizione cinese verso un nuovo modello di crescita è segnata dall’incoerenza tra obiettivi economici e fiscali. Il governo non affronta il problema centrale della debolezza della domanda interna, cosicché la crescita dipende ancora dall’export.
Le misure protezionistiche verso la Cina producono una riconfigurazione degli scambi, che coinvolge il Vietnam. Il rischio è che non si riduca la dipendenza dell’Occidente da Pechino, né si fermi il rapido avanzamento tecnologico dell’economia cinese.
I sussidi statali ricevuti dalle case automobilistiche cinesi hanno contribuito al loro successo sui mercati internazionali. Si giustificano così i dazi compensativi imposti dall’Ue. Sembra cadere l’illusione di Pechino come partner commerciale affidabile.
Sono dazi compensativi quelli imposti dall’Unione europea ai veicoli elettrici prodotti in Cina. Ma la speranza che Pechino possa diventare un partner commerciale stabile e affidabile è un’illusione che mette a rischio la sicurezza industriale dell’Europa.