In una settimana difficile la Fed ha immesso un oceano di 203 miliardi di dollari di liquidità per mantenere i tassi sui prestiti a brevissima scadenza entro il corridoio prestabilito. Proprio mentre il suo presidente Powell tagliava il tasso di riferimento per rimediare – dice lui, facendo saltare la mosca al naso a Trump – ai rischi di recessione causati dalla guerra dei dazi Usa-Cina. La quale – dicono i dati – sarebbe oggi un freno alla normalizzazione dei conti con l’estero della Cina. I grandi surplus commerciali di Pechino verso i paesi europei e asiatici ma anche quello verso l’America sono infatti ormai molto ridotti.
Mentre Greta Thunberg diventa sempre più popolare anche negli Usa, a New York si tiene il summit dell’Onu sul clima. Dove i capi di stato e di governo si impegneranno a far salire le temperature meno di due gradi rispetto ai livelli pre-industriali. Ripercorriamo la genesi e lo sviluppo di questa parola d’ordine.
Dal mercato che aggiusta tutto all’intervento dei poteri pubblici – con priorità ora alla politica fiscale ora a quella monetaria – chiamati a mettere pezze su crisi e recessioni: teoria e politica economica segnano la storia con ondate che vanno e vengono sempre in queste due direzioni. Un nuovo libro ne spiega il senso.
Anche nell’università e nella ricerca la maternità è il momento più critico nella carriera delle donne. Nel cammino verso la parità di genere, dunque, è obiettivo prioritario abbattere il “muro della maternità”. Le istituzioni accademiche possono dare un contributo per realizzare tale traguardo.
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Le manifestazioni dei giovani europei contro i cambiamenti climatici testimoniano la crescita della consapevolezza attorno al tema. Ma dal governo non sono arrivati atti concreti. Né le categorie produttive hanno fatte proprie le potenzialità dell’economia verde.
La questione dei cambiamenti climatici si fa sempre più assillante. La UE punta ad arrivare a un sistema energetico competitivo, sicuro e sostenibile. Ma molto dipenderà dalla composizione del prossimo Parlamento. Qual è la posizione dei partiti italiani?
Con la sua azione di contrasto ai cambiamenti climatici, nel periodo 1990-2017, l’Unione europea è riuscita a crescere e nello stesso tempo a diminuire le emissioni di gas serra. Ma non è detto che gli stessi risultati si possano ottenere anche in futuro.
Primo Friday for the Future (#fff), giorno di mobilitazione contro il climate change in 123 paesi (anche in Italia). Un movimento partito dagli studenti, coloro che hanno più interesse a pensare al futuro della Terra. Di fronte a loro la politica al momento sonnecchia. Fino alle elezioni europee.
Confusione di competenze e contenuti opachi nel “limpido” memorandum di intesa Italia-Cina sulla Nuova via della seta che il governo vuole firmare. Ci voleva Einstein per capire che l’accordo tra un paese fondatore di Nato e Ue e Pechino rompe il fronte dei paesi occidentali di rispetto all’espansionismo del Dragone? Meno accorti dei nostri governanti sono solo quelli britannici. Dalla sequenza di votazioni di questi giorni emerge la parola d’ordine: Brexit sì a patto che ci sia un accordo con la Ue. Peccato (per il Regno Unito) che l’Europa non ci senta. Per le solide ragioni che passano per il confine irlandese.
Anche l’Onu ha espresso preoccupazione sul rischio che il disegno di legge Pillon su separazione tra coniugi e affidamento dei minori acuisca le discriminazioni contro le donne. Formalmente si mettono i genitori su un piano di parità di doveri e diritti. In pratica a perderci saranno le madri. E i figli.
Con valori da zero a 30, il potere autonomo degli enti territoriali si misura con l’Indice di autorità regionale (Regional authority index). Le 15 regioni italiane a statuto ordinario sono a quota 18, mentre le cinque con statuti speciali (diversi tra loro) appena a 19. Arriveranno sorprese dal federalismo differenziato? La competenza di maggior peso delle regioni è la salute, oggi tutelata dall’universalismo del quarantennale Servizio sanitario nazionale. Che assorbe risorse per il 6,8 per cento del Pil (117 miliardi di euro). E coperture di spesa – ma anche prestazioni! – molto diverse tra Nord e Sud.
La conferenza Onu sul clima Cop 24 si è chiusa scontentando sia chi sperava in un accordo coraggioso sia chi ha cercato di sabotare l’intero impianto, in prima fila gli Usa. Unico buon risultato: regole condivise su come i paesi devono misurare le emissioni e i relativi obiettivi in base agli impegni assunti nel 2015 a Parigi.
Mentre vuole far cassa con più privatizzazioni, il governo chiama ancora i contribuenti, oltre che fornitori e banche, a pagare l’ennesimo salvataggio di Alitalia. Un prestito ponte di 900 milioni parzialmente convertito in azioni con l’intervento di Fs e la partecipazione di EasyJet e Delta. In un mosaico difficile da comporre. Facile invece concludere che la battaglia dell’esecutivo contro le pensioni d’oro produrrà poco. Il previsto prelievo progressivo per cinque anni sulle cifre sopra i 90 mila euro incassate da 40 mila persone darà un gettito di 74 milioni – il netto tra 130 milioni di incassi lordi e il calo Irpef di 56 milioni. Intanto, in attesa della fine della povertà, l’Istat registra grandi differenze – e ben radicate – nelle retribuzioni. Un nuovo rapporto mostra l’origine delle disuguaglianze: studi, posizione lavorativa, genere, area geografica, dimensione d’impresa.
Dalla vicenda della nave Diciotti alla delegittimazione delle Ong impegnate nel Mediterraneo, dagli ambigui rapporti con la Libia al “decreto sicurezza”, l’azione del nostro governo ha attratto l’attenzione di Amnesty international, che condanna la politica italiana nei confronti degli stranieri in modo dettagliato.
Serve a finanziare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti (un quarto della spesa corrente comunale) e dà un gettito di circa 10 miliardi ma, per come è congegnata, la Tari è di fatto una patrimoniale. Il sistema non incentiva l’efficienza del servizio e fa pagare di più chi consuma di meno e produce meno rifiuti.
Tra spinte verso obiettivi più ambiziosi e minacce di cancellare ogni accordo, le conclusioni della Cop24 hanno scontentato tutti. I disastri ambientali e gli allarmi degli scienziati non bastano a scardinare gli interessi particolari dei singoli paesi.
L’Organizzazione meteorologica mondiale ha annunciato un nuovo record per la concentrazione di CO2 in atmosfera. L’annuncio arriva alla vigilia della Cop 24 di Katowice, dove saranno in discussione importanti temi legati all’accordo di Parigi.
Gli Stati Uniti si ritirano dall’accordo di Parigi, ma non sono usciti dalla Convenzione quadro sui cambiamenti climatici. Così l’amministrazione Trump mantiene una promessa elettorale. Senza però invertire la tendenza che porta alla decarbonizzazione.
Il ripudio dell’accordo di Parigi sul clima da parte di Donald Trump è grave ma non distrugge quanto fatto finora per la decarbonizzazione. La cui base è nella Convenzione di Rio del 1992, non denunciata dagli Usa. Così il presidente salva la faccia con gli elettori e – sotto sotto – non scontenta troppo gli altri leader mondiali.
Torna il contratto di lavoro a tempo determinato come formula più utilizzata nelle nuove assunzioni. È un effetto del decreto Poletti del 2014 che si manifesta oggi. Finiti gli sgravi contributivi del Jobs act e con una ripresa da consolidare. Ritorna la convenienza delle aziende ad assumere precari.
Ci sarà pure una ragione se l’Economist ha fuso le parole banker e gangster in “bankster”. La caduta della fiducia nei banchieri e nella finanza è un pericoloso effetto collaterale della Grande crisi. Per questo val la pena di andare “alla ricerca della banca perduta”, come recita il titolo di un nuovo libro.
Degli 8,5 miliardi di finanziamenti Ue alla ricerca nel campo della salute, all’Italia è andato solo l’8 per cento del totale. Eppure in Lombardia, Toscana e Lazio si concentrano alcune eccellenze. A conferma delle disuguaglianze nel campo della sanità di cui si è parlato al Festival dell’Economia a Trento. Ecco i video dei tre forum organizzati da lavoce.info.
Perché si crei un legame tra territorio, elettori ed eletti occorrono alcuni accorgimenti, oltre al sistema maggioritario che facilita questa osmosi. In effetti nel sistema elettorale in discussione alle camere c’è una quota di rappresentanti votati con questo metodo. Ma è minoritaria e non dà la certezza assoluta di andare in Parlamento se vittoriosi. È un sistema che tutti chiamano “tedesco”, anche se l’originale è piuttosto differente e in patria è stato sottoposto a pesanti critiche, come “causa della partitocrazia” che – diciamolo – c’è anche a Berlino e dintorni.
Nel momento della scomparsa della nonna di Mariasole Lisciandro, la redazione si stringe attorno all’amica e collega del desk de lavoce.info
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