Gli stessi risparmi di spesa previsti con il taglio dei parlamentari si possono ottenere senza perdere rappresentatività parlamentare. Si potrebbe infatti intervenire sul bilancio di Camera e Senato, apportando modeste riduzioni ad alcune voci di spesa.
Tag: costi della politica Pagina 1 di 2
Siamo quasi al giorno del referendum e continuiamo il confronto su uno dei temi utilizzati nella campagna: il taglio dei costi della politica. Un primo nostro calcolo indicava 161 milioni. Un altro autore ha contato 500 milioni. Vediamo le ragioni di tanta differenza e una nuova stima che abbassa i risparmi a 130 milioni. Una parte degli elettori può essere invece impressionata dagli scenari apocalittici in caso di vittoria del “no” prefigurati per l’Italia anche da autorevoli fonti internazionali. In ogni caso, il voto avviene in condizioni di sostenibilità del nostro debito molto diverse da quelle del 2012. Ad agitare la vigilia del referendum per i mercati cade anche il termine per i detentori di obbligazioni subordinate di Monte dei Paschi: devono decidere se aderire all’offerta di convertirle in azioni della banca. Un insuccesso dell’operazione affonderebbe Mps. Altro tema importante del voto popolare è la stabilità politica. Il passaggio al (quasi) monocameralismo su cui si vota domenica prossima potrebbe allungare la vita dei governi. Forse non è la soluzione definitiva né – tecnicamente – la migliore. Ma aiuta.
Indagine per falso in bilancio, buchi contabili, azione che vale un diciottesimo rispetto a nove anni fa: il momento inglorioso dell’editrice del Sole 24 Ore non è dovuto solo alla crisi del settore ma anche e soprattutto a gravi difetti di gestione, trasparenza e capacità imprenditoriale.
Candidato ufficiale della destra francese, François Fillon è ora il favorito nella corsa all’ Eliseo. Liberista in economia e poco liberale in altri campi, è amico di Putin, contrario all’adozione da parte delle coppie gay e favorevole al divieto del burkini. Può sottrarre voti alla Le Pen ma perderne tra la borghesia repubblicana.
Perché la Consulta ha “bocciato” la riforma Madia della Pa? In realtà di incostituzionale c’è solo un dettaglio: la legge è in contrasto con la Carta dove, sul solo piano procedurale, ha previsto il parere non vincolante (e non l’intesa) con le regioni. Qualcuno nel governo e tra i tecnici ha peccato di leggerezza.
Dopo il commento di Tommaso Nannicini e Stefano Gagliarducci all’articolo “Se la valutazione si fa con i fichi secchi”, una replica degli autori Alberto Martini, Barbara Romano e Ugo Trivellato.
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Quanto scendono i costi della politica a seguito della riforma costituzionale oggetto del referendum del 4 dicembre? In un articolo precedente abbiamo stimato un totale di 161 milioni. In quello che pubblichiamo oggi il calcolo salirebbe fino a circa 500 milioni. Una bella differenza, su cui continueremo a discutere.
Con la riforma i consiglieri regionali e i sindaci avranno il Senato tutto per loro ma vedranno insieme sancito il processo di ri-centralizzazione già in atto. Alle regioni finanziariamente virtuose, però, lo stato potrà dare più autonomia rispetto alle altre. Sfuggono a questo principio (almeno temporaneamente) le regioni a statuto speciale e le province di Trento e Bolzano. Lì la riforma si applicherà solo dopo la modifica dei loro statuti, “d’intesa” con lo stato. Di fatto è un potere di veto sulle materie di loro competenza. Ingiustificato.
Cosa farà dei conti pubblici Donald Trump? Pare che “per rendere l’America di nuovo grande” il futuro presidente ricorra al taglio delle tasse, anche se non sono certo esclusi aumenti di spesa. In ogni caso, l’espansione sarà finanziata a debito nella speranza – tutta da dimostrare – che ciò rinvigorisca la crescita di lungo periodo. Il possibile mutamento di rotta dell’amministrazione Trump sull’ambiente ha trasformato la conferenza di Marrakech – in teoria un nuovo passo verso la riduzione delle emissioni di CO2 – in uno sterile esercizio. A una settimana dalla conclusione nessuno ricorda più nulla dei suoi risultati.
È legge il decreto fiscale che dovrebbe rafforzare la lotta all’evasione. Per ora, malgrado i 14,9 miliardi di riscossione record vantati dal premier, ci sono segni di indebolimento dell’attività, sia dal lato dei controlli che di quello degli incassi. A meno che non si classifichino come un successo i ritardati versamenti indotti dalla crisi.
È insufficiente a una vera trasparenza la tracciabilità dei pagamenti nei subappalti. Per ripulire il sottobosco in cui vegetano corruzione ed evasione occorre che la fattura elettronica sia imposta anche per i rapporti fra privati che riguardano le opere pubbliche. A cominciare dalla ricostruzione post-terremoto.
Tommaso Nannicini, sottosegretario alla Presidenza del consiglio, e Stefano Gagliarducci, consigliere economico del Presidente del consiglio, entrambi nel Comitato strategico per il contrasto alla povertà educativa (il primo ne è presidente), commentano l’articolo di Martini, Romano e Trivellato “Se la valutazione si fa con i fichi secchi”.
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Uno degli argomenti nel dibattito sul referendum è il risparmio di costi della politica che ne conseguirebbe. Stimiamo un risparmio massimo per il contribuente di 140 milioni due anni dopo l’entrata in vigore della riforma e di 160 milioni a regime. Una stima, ovviamente, con margini di incertezza.
Ecco quattro criteri non scientifici per valutare i compensi ai dirigenti delle società controllate e partecipate dal pubblico. In alcuni casi, invece di parlare di improbabili privatizzazioni o riorganizzazioni, sarebbe meglio parlare di liquidazione.
Gli ambasciatori italiani guadagnano, al netto di tasse, quasi due volte e mezzo i loro colleghi tedeschi. Ma alla Farnesina nessuno sembra preoccuparsi di questa sproporzione. E la rete diplomatica italiana non è nota per la sua efficienza.
Sono in molti a sostenere che i costi della politica a livello centrale sono nettamente superiori rispetto al livello locale. Ma non è così se si confronta la spesa per il funzionamento degli organi istituzionali con il relativo potere decisionale. Problemi di efficacia nei comuni molto piccoli.
L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti è vantaggiosa per una migliore selezione dei candidati, ma rischiosa perché questi possono essere condizionati dai privati. Era necessario dare un segnale sui costi della politica. Ma si tratta davvero di un segnale?
Molti sostengono che se si considerano oltre alle indennità anche i rimborsi e tutte le misure di sostegno ai deputati, quelli italiani non costano al contribuente più di quelli europei. Almeno nei confronti dei deputati britannici, questa affermazione è falsa.
La Camera annuncia di “rinunciare” a 50 milioni dallo Stato. Ma se ne fa trasferire 40 da un altro fondo. Annuncia anche tante misure di risparmio: alcune sono minime, molte false. E tace sui tanti aumenti di spesa. Risultato: la spesa continua ad aumentare.