È facile avere visioni molto diverse sul costo del lavoro, ad esempio tra imprenditori e lavoratori. Una pubblicazione dell’Istat permette di approfondirne alcune dimensioni, per settore di attività, ripartizione territoriale e classe dimensionale.
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Da anni la Francia persegue una politica di abbassamento dei contributi sociali versati dai datori di lavoro per i lavoratori a bassi salari, per compensare l’alto livello di salario minimo. Può essere d’esempio per le scelte del nostro nuovo governo.
Gli sgravi contributivi previsti nel 2015 hanno fatto aumentare in modo significativo le assunzioni. Ora l’incentivo è molto più ridotto, in sostanza un premio a chi assume. Meglio allora pensare a un taglio strutturale del costo del lavoro? I risultati si vedrebbero nel medio periodo, non subito.
Con l’economia ferma e un carico di troppe promesse, il governo fa fatica a finanziare la legge di bilancio 2017. Deve disinnescare clausole di salvaguardia da 15 miliardi per non peggiorare le cose. E ha scelto di indirizzare le poche risorse residue all’incentivo di investimenti che – in un’economia piatta – non arriveranno. Contribuisce al rallentamento il ridimensionamento dell’incentivo alle nuove assunzioni. Restano in vigore sgravi modesti, poco utilizzati dalle imprese. Si potrebbero destinare i fondi rimanenti a un taglio strutturale del costo del lavoro. In ogni caso, meglio non aspettarsi fuochi di artificio sul mercato del lavoro.
Tra poco l’Anvur pubblicherà la valutazione della ricerca universitaria. Intanto vediamo come è fatta nel Regno Unito e quanto incide sulle retribuzioni dei docenti. Il risultato è che i dipartimenti dove la qualità della ricerca è migliore sono anche quelli con stipendi più generosi e con maggiore disuguaglianza salariale tra colleghi.
Il caso Apple, a cui il fisco irlandese aveva accordato un trattamento di enorme favore, non si deve ripetere perché maschera aiuti di stato e distorce la concorrenza nella Ue. Più che puntare ad armonizzare le aliquote, meglio uniformare la determinazione della base imponibile tra gli stati membri. Il modo c’è.
Che siano gestiti da Ferrovie dello stato o da più piccoli concessionari, i nostri treni locali viaggiano nella nebbia. Dei rendiconti. A parte poche eccezioni, non si riesce a distinguere nei bilanci quanto è il ricavo dal mercato e quanto dai sussidi pubblici. Complice la politica, treni semivuoti generano grandissimi sprechi.
Furbo Berlusconi a trovare nell’Imu l’argomento per rilanciare una campagna elettorale che sembrava senza speranza. Furbo Letta a promettere, sapendo di non poter mantenere, la eliminazione dell’imposta assieme al taglio del costo del lavoro. Furbo Brunetta a mantenere per 6 mesi il governo sulla graticola, impedendo qualunque accordo sensato sull’imposta e mostrando così di essere il vero dominus del governo.
La staffetta generazionale proposta dal Governo Letta si basa sull’idea che per dar lavoro ai giovani sia necessario “toglierlo” agli anziani. Servirebbe invece una nuova distribuzione dei trasferimenti pubblici e una riduzione del carico fiscale sul lavoro. I costi per le finanze dello Stato.