Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni di Vincenzo Boccia e Luigi Di Maio sui contratti a termine.
Tag: Decreto dignità
Il decreto dignità farà salire il costo del lavoro, causando una riduzione di occupazione. Un calo quantificato in ottomila persone da Inps e Ragioneria dello stato. Ma non dal ministro Tria che non contesta i numeri quanto il metodo di calcolo.
Quanti lavoratori saranno interessati dalle novità previste per il tempo determinato nel decreto dignità? E con quali effetti possibili? E va anche compreso come la nuova normativa si inserisce nella storia lunga della regolazione del mercato del lavoro.
Per il ministro Di Maio una “manina” ha aggiunto nella relazione tecnica al “decreto dignità” la previsione di un calo di 8 mila occupati. In realtà sono state le mani istituzionali dell’Inps – che ha fatto la valutazione – e della Ragioneria dello stato che l’ha validata. Mentre il ministro-economista Tria si unisce al coro di protesta contro i numeri. Numeri che – a guardarli bene – escono da ipotesi ottimistiche su ciò che accadrà nel mercato del lavoro con le nuove norme. In ogni caso, 8 mila unità di lavoro in meno non sono un disastro sociale. Anche le nuove stime del Fondo monetario per il 2018-2019 non sono lusinghiere per l’Italia: l’economia va indietro in un generale arretramento dell’Europa. Sempre parlando di cifre e dei dettagli delle misure da mettere in pratica, l’idea – difesa dal M5s anche in un’audizione al Senato – che il reddito di cittadinanza si autofinanzierà sfruttando pieghe e definizioni dei parametri Ue, non sta in piedi. Se davvero lo si vuole fare, lo si farà in deficit.
Appena uscito, il rapporto Anvur sull’università segnala come la piccola crescita degli ultimi anni non basti a recuperare il nostro cronico ritardo rispetto al resto d’Europa nel numero di laureati (26,9 per cento contro una media di 39). Mentre pesa l’assenza di una formazione terziaria professionalizzante sul modello tedesco.
È poi vero che gli stranieri portano via la casa popolare agli italiani? In effetti ne occupano una quota consistente, ma sempre più vengono posti vincoli (di anzianità di residenza o relativi ad altre sistemazioni) che operano una selezione.
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“I primi 100 giorni di populismo“ è il titolo del convegno annuale de lavoce,info. Si svolgerà la mattina di lunedì 17 settembre a Milano. È un’occasione per vederci di persona, dopo tante interazioni digitali! Presto comunicheremo luogo e programma. La prima parte dell’incontro è riservata ai nostri collaboratori e sostenitori più affezionati (quelli che ci hanno finanziato con almeno 100 euro nell’ultimo anno o cumulativamente negli ultimi tre anni. Chi vuole è ancora in tempo per fare la donazione.
Il decreto legge per ridurre la quota dei contratti a termine contiene norme che sembrano destinate solo ad aumentare il contenzioso giudiziale. E il forte incremento degli indennizzi per i licenziamenti potrebbe produrre effetti opposti a quelli voluti.
Il “Decreto dignità” è un – poco dignitoso – omaggio agli avvocati: rendendo confusa e incerta la legislazione sul lavoro, aumenterà il contenzioso (precipitato negli ultimi anni). Mette a rischio gli aumenti di occupazione degli ultimi anni, non avvantaggia lavoratori né imprese ed è un disincentivo a investire in Italia.
Dal Nord dell’Eurozona arrivano controproducenti proposte di modifica delle clausole di azione collettiva (Cac) che regolano le ristrutturazioni dei debiti sovrani nell’area euro. Con l’obiettivo di rendere il sistema più stabile, si otterrebbe il risultato opposto, facendo salire il costo del debito per i paesi più esposti.
Completando un altro tassello della sua agenda, il presidente Trump ora affossa le direttive sulla “affirmative action” che da decenni promuovono la diversità etnica nelle scuole e nelle università americane. Con effetti molto discussi nel favorire l’accesso degli afroamericani e scarso impatto sui divari salariali osservati.
Come mai, dopo aver cantato vittoria, il premier Conte non ha portato a casa nulla dall’ultimo vertice Ue? Forse perché i numeri – in rapporto sia alla popolazione nazionale sia al Pil – dicono che in Italia l’emergenza immigrati non c’è. Leggere i dati per credere.
Nel contratto di programma il governo vuole ridiscutere gli accordi di Basilea sui rating delle Pmi che ne danneggerebbero il finanziamento. Ma cambiare i modelli di valutazione del rischio sarebbe sbagliato. Si potrebbe invece attenuarne i requisiti di capitalizzazione imposti da una regolamentazione troppo severa.
Una Netflix italiana per favorire innovazione e sviluppo della tv nazionale: l’idea di Luigi Di Maio è suggestiva ma arriva tardi. Ora i giganti mondiali del settore stanno già giocando la partita a suon di svariate decine di miliardi. Servono accordi a livello europeo, non necessariamente in opposizione a Netflix e soci.
Giovanni Dosi, Marcello Minenna, Andrea Roventini, e Roberto Violi commentano l’articolo “Ma i tedeschi non sono masochisti” di Roberto Perotti. Con la replica dell’autore.
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