L’Italia è di gran lunga prima tra i paesi europei per l’incidenza degli incentivi erogati alle rinnovabili in rapporto alla produzione totale di energia. Un primato che costa caro ai consumatori e alle imprese. Ed è frutto di politiche poco coerenti.
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A giugno l’energia elettrica generata in Italia da fonti rinnovabili, idroelettrico incluso, ha superato quella da fossili. Un sorpasso ottenuto anche grazie ai bassi consumi, ma che potrebbe segnare l’inizio di una nuova epoca. Riusciremo a governare il cambiamento? E che fine ha fatto il Green act?
Decarbonizzare è una delle parole chiave per ridurre le emissioni che alterano il clima. I dati mostrano però che si tratta di un processo molto lento. Risultati migliori si sono avuti nel campo dell’efficienza energetica. L’efficacia di un eventuale accordo a Parigi si misurerà sui due fronti.
Anche il nuovo presidente del Consiglio ha promesso la riduzione del costo dell’elettricità. Che passa inevitabilmente da un taglio degli oneri di sistema. Come finanziarlo? Una tassa sulla rendita generata dall’idroelettrico potrebbe dare più di un miliardo.
L’Europa ha proposto un taglio del 40 per cento delle emissioni di CO2 per il 2030. In Italia si teme che il costo per l’industria sia troppo alto. In realtà, se l’energia è cara nel nostro paese, non è per il prezzo delle emissioni. Piuttosto, qual è la nostra politica energetica?
I sussidi alle energie rinnovabili pesano oggi sulle bollette elettriche per circa 12 miliardi l’anno. Si possono ridurre prendendo decisioni impopolari, ma inevitabili viste le difficoltà economiche e finanziarie del paese.