A una forza lavoro che invecchia si è finora risposto con l’aumento dell’età pensionabile. Ma è una scelta che può costare cara per le carriere dei giovani. Perché diventa più difficile per loro raggiungere le fasce più alte della distribuzione salariale.
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Alle elezioni europee si è registrata la crescita della partecipazione nei paesi del Nord-Ovest e dell’Est e il crollo in quelli mediterranei. L’estensione del voto a 16 anni può essere, anche per l’Italia, un antidoto al crescente disinteresse.
In Italia i bambini in povertà assoluta sono più di un milione. Le condizioni di deprivazione nell’infanzia hanno una forte influenza sulla vita adulta. E infatti questi ragazzi e ragazze hanno anche meno aspettative riguardo al loro futuro.
Sulla partecipazione al voto europeo pesano due fattori: la situazione geopolitica e i giovani. Nei paesi dove la fiducia nell’Europa scende, sono ragazze e ragazzi a mantenere interesse per il progetto. L’Italia rischia la palma dell’euroscetticismo.
L’anomalia italiana non è la longevità, ma l’avere sempre meno giovani, caratterizzati oltretutto da una debole presenza nella società e nel mondo del lavoro. Le nuove generazioni devono spostarsi al centro dei processi che generano benessere e sviluppo.
Dinamiche demografiche, precarietà lavorativa e limitata mobilità sociale rendono difficile l’inserimento dei giovani italiani nella società. Ma investire nelle nuove generazioni contribuisce a una crescita del paese più inclusiva e sostenibile.
L’Italia ha un tasso di abbandono scolastico più alto della media Ue. Tra i motivi, percorsi scolastici e professionali che, anche se terminati, garantiscono minori vantaggi sul lavoro rispetto al resto d’Europa.
Il Movimento 5 stelle cerca di proporre ai giovani un futuro più stabile, con misure per occupazione e welfare. Azione-Italia viva riconosce la categoria come una delle più svantaggiate. Individuano problemi reali, ma spesso non offrono soluzioni concrete.
Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca a Carlo Calenda: davvero legge un ragazzo su due?