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Il costo dell’incertezza*

Cosa accadrebbe se l’Italia non riuscisse a darsi un nuovo governo in tempi brevi? E soprattutto, quale sarebbe il costo di nuove tensioni sui titoli del debito pubblico? Una simulazione per la nostra economia nel caso in cui lo spread Btp-Bund decennale salisse drasticamente nei prossimi mesi.

Passaggio in India

La vicenda dei marò si è ingarbugliata negli ultimi giorni. L’Italia ha ottime ragioni nel sostenere la sua giurisdizione sull’incidente. Così come non può essere limitata la libertà del nostro ambasciatore. Ma quali sono le ragioni della decisione del Governo di non rispettare l’impegno preso?

La legge di stabilità tra Governo e Parlamento

Dopo anni in cui aveva svolto un ruolo quasi notarile rispetto alle scelte del Governo, il Parlamento è tornato a essere decisivo nella definizione del testo finale della legge di stabilità. Senza modificare i saldi, ha apportato cambiamenti importanti sulle entrate.

Insufficienza in pagella

Lascia molto a desiderare l’auto-valutazione del Governo su scuola e università. Un lungo elenco che pare più un programma (o una lista di desideri) che una serie di obiettivi centrati. E in tema di finanziamento agli atenei, assoluta continuità con il precedente Governo.

Dimostrare che la criminalità non paga

Nella lotta alla criminalità organizzata, l’azione di forze dell’ordine e magistratura ha continuato il trend positivo nell’arresto di latitanti importanti. Il Governo ha posto attenzione al problema della confisca e riuso dei beni sequestrati.Sul riuso efficiente c’è ancora molto da fare.

Oltre il livello di guardia

Il Governo ha giustamente rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2012 e 2013 e al rialzo quelle sul deficit pubblico e sul debito. La recessione quest’anno sarà due volte più dura del previsto (il calo del Pil sarà del 2,4 per cento anziché dell’1,2 per cento) e ciò farà aumentare il deficit pubblico nel 2012 di quasi un punto di Pil (da 1,7 a 2,6 per cento).

Un governo appeso a tre voti

Due anni e mezzo all’insegna della decisione di non decidere. Questa, in sintesi, la politica economica del Governo Berlusconi, confermato dai due rami del Parlamento ma appeso a una maggioranza risicata di tre voti alla Camera. La scelta di non fare nulla ha portato a una caduta complessiva del reddito nazionale del 6,5 per cento e del reddito pro-capite di più del 7 per cento. Ma ha anche evitato un ulteriore deterioramento del deficit pubblico. Soprattutto, però, il governo non ha realizzato nessuna riforma strutturale benché disponesse di una larga maggioranza in Parlamento. E così l’Italia ha perso altri trenta mesi senza il varo di provvedimenti indispensabili per riprendere a crescere.

 

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