L’analisi costi benefici rischia di rimanere vittima del dibattito sulla Tav. Invece è una tecnica da rafforzare perché cruciale nel valutare un progetto. Nel primo di due articoli alcune considerazioni di carattere generale sui fattori da considerare.
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Le analisi costi-benifici danno importanti informazioni, ma non possono sostituirsi alle decisioni politiche. Anche perché sono tanti i parametri che ne influenzano i risultati. E a condurle dovrebbero essere gruppi di esperti con competenze diverse.
Crescono gli investimenti nelle energie rinnovabili, ma anche le emissioni globali di gas serra. È la prova che quanto fatto finora non basta. Serve un cambio di paradigma anche in settori come trasporti, industria e agricoltura. E occorre fare in fretta.
Il governo Conte si affida alle analisi costi-benefici per prendere decisioni su molte grandi opere pubbliche. Forse farebbe meglio a valutarle con analisi comparative di valore aggiunto. Perché non tutti gli investimenti pubblici aiutano la crescita.
Il crollo del ponte Morandi a Genova ha riaperto il dibattito su chi debba gestire le infrastrutture. Serve però una discussione trasparente e razionale su costi e benefici delle diverse opzioni, senza farsi condizionare dai pregiudizi ideologici.
La ripresa dell’economia italiana è trainata dall’export, ai massimi di sempre, e dalla domanda interna. Agli investimenti – sotto di un quarto rispetto al 2008 – manca il contributo dell’immobiliare, mentre incombe la fine degli incentivi di Industria 4.0. La crescita dell’import.
Gli investimenti in infrastrutture hanno effetti positivi sulla crescita. Ma solo le analisi costi-benefici permettono di decidere quali sono i progetti più efficaci. Però è diverso misurare l’impatto di un’opera sul Pil e i suoi benefici sociali.
Sei anni dopo il referendum sull’acqua, il Consiglio di stato ha convalidato il metodo tariffario individuato dell’Autorità . Si possono così finanziare gli investimenti necessari, compresi quelli richiesti dalle procedure comunitarie di infrazione.
Per stimolare l’economia europea nel breve termine è stata proposta un’espansione temporanea degli investimenti pubblici nei paesi con un rapporto debito-Pil sotto il 3 per cento. È però indispensabile una accurata preparazione dei singoli progetti.
Sugli investimenti pubblici il governo ha fatto previsioni errate e non ha mantenuto gli impegni presi con l’Europa quando ha chiesto la clausola di flessibilità per il 2016. Ma il fatto più grave è non aver saputo usare le risorse per la crescita.