I decreti attuativi del Jobs act delineano molto bene i servizi da destinare ai disoccupati. Ma tutto ciò rischia di rivelarsi solo un libro dei sogni. Perché le risorse pubbliche in termini di personale e finanziamenti restano scarse. Per realizzare gli obiettivi servirebbero 4,5 miliardi in più.
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L’Onu ha ammonito l’Italia per non avere fatto abbastanza per ridurre la violenza di genere. I dati sono impressionanti. Bene le leggi per contrastare il fenomeno, per prevenirlo ci vogliono investimenti, a partire dall’educazione di genere nelle scuole. E più uguaglianza nel mercato del lavoro.
Da maggio 2015 è in vigore la Naspi. Come cambia la platea dei potenziali beneficiari, la durata e l’importo complessivo del sussidio? Le modifiche introdotte avvantaggiano i giovani e penalizzano chi alterna spesso periodi di lavoro e periodi di disoccupazione, come ad esempio gli stagionali.
I dati amministrativi e quelli Istat sulle forze di lavoro convergono nel segnalare la crescita delle posizioni di lavoro e degli occupati a tempo indeterminato. Ma non sono solo di trasformazioni o transizioni all’interno della medesima impresa. Importanza degli incentivi e analisi da completare.
Il decreto di attuazione del Jobs Act prevede la possibilità di assegnare il lavoratore a mansioni inferiori alla sua qualifica, ma anche un vero e proprio “patto di dequalificazione”. L’obiettivo di rendere il mercato più dinamico creando nuova occupazione e la rinuncia a diritti fondamentali.
L’esperienza di altri paesi suggerisce che un salario minimo definito a livello adeguato e, soprattutto, differenziato per età e aggiornato spesso può essere uno strumento utile per combattere il rischio povertà. Ma da solo non basta.
Era stato previsto nel Jobs Act, ma è stato escluso dai decreti attuativi. Eppure un salario minimo può essere uno strumento efficace nel contrastare l’aumento della povertà nel nostro paese. Fondamentale però che tenga conto del tessuto industriale e sia proporzionato alla produttività nazionale.
Il decreto legislativo di riordino della normativa sui servizi per il lavoro e le politiche attive propone un nuovo modello di organizzazione del mercato del lavoro, costruito sulla centralità delle strutture pubbliche. Ma i suoi strumenti restano ancorati all’ambito delle politiche passive.
Il dato di aprile sull’occupazione è superiore alla attese. E si aggiunge ad altri segnali che fanno ben sperare. Ma qualche cautela andrebbe mantenuta. Perché se il lavoro cresce più velocemente del Pil, la produttività media si abbassa. L’aumento inatteso del tempo determinato.