La riduzione dei divari di genere nel mercato del lavoro passa anche da una maggiore consapevolezza delle imprese. E gli obblighi di comunicazione dei dati sulle retribuzioni e sugli occupati uomini e donne possono essere uno strumento importante.
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L’andamento del mercato del lavoro italiano è altalenante e molti impieghi sono di bassa qualità. Si spiega così il senso diffuso di precarietà. La soluzione non è il ripristino di vecchi strumenti, perché non garantiscono una rete di protezione generale.
Il divario di genere nel tempo dedicato alla famiglia e alla cura è ancora forte in Europa, solo nei paesi del Nord si è raggiunta una parziale parità. C’è necessità di aumentare le possibilità di scelta per uomini e donne, senza imporre un unico modello.
Oggi l’età pensionabile è legata all’aspettativa di vita. Che però è diversa tra Nord e Sud e per livello di istruzione. Ecco come permettere il pensionamento anticipato e senza penalità a chi ha un lavoro gravoso, con un costo sostenibile per lo stato.
Trovare un lavoro per i poveri. A questo doveva servire il reddito di cittadinanza secondo la comunicazione dei suoi promotori. Ma si tratta di un obiettivo irrealizzabile. E il rischio è che a pagarne le conseguenze sia proprio chi sta peggio.
Il primo bilancio su occupazione e disoccupazione nel 2019 è positivo. Restano aperte però importanti questioni strutturali: dalla dinamica salariale stagnante, che riflette i mancati incrementi di produttività, all’incidenza del lavoro a termine.
Uno dei problemi dell’Italia è ridurre il divario tra studi e lavoro. L’Atlante del lavoro e delle professioni potrebbe essere un valido strumento per la definizione dei percorsi formativi più adeguati a soddisfare il fabbisogno del mercato del lavoro.
Nel terzo trimestre 2019 gli occupati hanno superato, seppur di poco, il livello del 2008. Ma le ore lavorate e le unità di lavoro non seguono lo stesso andamento. Perché c’è stata una forte diffusione del part-time, subìto e non scelto dai lavoratori.
Un rapporto Istat conferma ancora una volta il rallentamento della crescita della produttività in Italia. Nessuno però sembra preoccuparsene. Forse perché affrontare la questione significherebbe rimettere in discussione abitudini e rendite di posizione.
Per un piano industriale complesso e impegnativo quale quello necessario per rilanciare l’acciaieria di Taranto, il problema maggiore è il difetto della fiducia reciproca che nasce da un senso civico diffuso. Senza il quale qualsiasi paese è condannato a languire nell’arretratezza.