Tra il 2008 e il 2013 in Italia si è perso quasi un milione di posti di lavoro. Quale ruolo ha giocato la flessibilità? Un’analisi delle dinamiche che hanno portato al paradosso del lavoro senza lavoratori. Le tutele e l’auspicio di una riforma che non sia figlia dell’emergenza.
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Nel 2013, diciotto milioni di stranieri sono arrivati in Italia perché attratti dalla nostra cultura. Ma come riuscire a trasformare il grande patrimonio artistico-culturale italiano in una risorsa in termini di Pil e occupazione? Alcuni suggerimenti per ottenere un maggior utile con poca spesa.
Il salario minimo stabilito per legge arriva in Germania. All’inizio, per un provvedimento così importante per l’economia di tutta Europa non era prevista alcuna forma di valutazione. Solo una richiesta pressante della comunità scientifica è riuscita a introdurre una clausola di questo tipo.
La libera circolazione dei cittadini e dei lavoratori all’interno dell’Unione Europea è uno dei pilastri dell’integrazione sancita dai trattati europei.
In un’Europa libera e integrata non c’è posto per cittadini di prima e seconda classe. Eppure, alcuni Stati membri e gruppi di interesse vorrebbero oggi riportare indietro le lancette dell’orologio, limitando il diritto dei cittadini a lavorare in altri paesi dell’Unione Europea.
Dopo il referendum svizzero, anche l’Unione Europea si interroga sulla mobilità interna dei lavoratori. Urge riconsiderare le modalità di accesso al welfare da parte di chi si sposta per lavoro all’interno dei confini comunitari. Senza limitarne la libertà di circolazione.
La ministra Madia ha proposto di svecchiare la pubblica amministrazione partendo da una staffetta generazionale. E un gruppo di lavoro ne sta studiando i costi. Ma prevedere regole diverse tra pubblico e privato su lavoro e pensioni è un errore che il nostro paese ha pagato duramente in passato.
Nella tornata di nomine nelle imprese partecipate dallo Stato, alcuni criteri sono condivisibili, altri meno. Tra i primi, le presidenze affidate a quattro donne. Si poteva fare meglio perché non sono posizioni operative.
I giovani sono penalizzati dalla crisi. E anche quando hanno un lavoro, guadagnano meno dei giovani di dieci anni fa, mentre per gli anziani è vero il contrario. Se però si seguono nel tempo gli stessi gruppi di famiglie, si vede che la riduzione del reddito è stata un fenomeno più generalizzato.
Lo scoppio della Grande Recessione ha evidenziato, semmai ce ne fosse stato bisogno, tutte le inefficienze del nostro mercato del lavoro e non c’è governo che non sia intervenuto per modificarne il funzionamento.
Un decreto legge che stabilisce periodi di prova interminabili e una legge delega che accenna al contratto a tutele crescenti: la contraddizione nei primi passi del Governo sul lavoro è palese. I motivi di urgenza ci sono tutti, ora bisogna scegliere.