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Ma conviene vendere Eni ed Enel?

Per ridurre il debito pubblico si ipotizza di cedere una parte delle partecipazioni azionarie dello Stato. Ma potrebbe essere meno conveniente di quanto appare a prima vista. Perché i rendimenti sono superiori al costo medio del debito. I parametri che dal 2016 acquisteranno maggiore importanza. 

Scenari troppo rosei dal Def

Nella nota di aggiornamento del Def la crescita dell’economia italiana prevista per il 2014-2017 è in ciascun anno superiore di mezzo punto percentuale a quella indicata dal Fondo monetario. Ma basterà questo per convincere gli investitori esteri a continuare a comprare il nostro debito pubblico?

Spazi di manovra

Le stime del Fondo monetario internazionale sull’aggiustamento del saldo primario strutturale per stabilizzare il rapporto debito/Pil nel 2020 al livello del 2012 mostrano un quadro favorevole per l’Italia. Perché molto è già stato fatto. E allora si aprono spazi per una manovra fiscale anti-ciclica.

È la crisi, non l’austerità la causa dei debiti pubblici

In una recente intervista, il vice ministro dell’Economia Stefano Fassina ha dichiarato che l’austerità “ha fatto salire i debiti pubblici in Europa dal 60 al 90 per cento del Pil”. Quella del vice-ministro è un’opinione diffusa. Ma non è confermata dai dati Eurostat disponibili.

Un tutor autostradale per la Banca centrale europea

È un piccolo grande mito dei nostri tempi l’idea che con tassi nominali prossimi allo zero la politica monetaria sia di fatto impotente. La Banca centrale europea potrebbe ricorrere a diversi strumenti alternativi per evitare un ulteriore aggravarsi della crisi. Un regime che potrebbe piacere anche ai tedeschi.

La decrescita secondo i 5 Stelle

Oggi la crescita è il collante della società e la precondizione per una pur minima forma di equità distributiva. La decrescita auspicata dal M5S richiederebbe una rivoluzione civile e morale, che non può essere di un solo paese. Ma l’idea è nobile e qualcosa si può fare verso una maggiore sobrietà.

Il Belgio non è un buon esempio

Nell’Italia ancora senza Governo, c’è chi sottolinea il buon andamento dell’economia belga nel lungo periodo in cui il paese è rimasto senza un esecutivo. Ma i dati indicano che anche Bruxelles potrebbe aver pagato un prezzo in termini di minore crescita economica per l’instabilità politica.

Il costo dell’incertezza*

Cosa accadrebbe se l’Italia non riuscisse a darsi un nuovo governo in tempi brevi? E soprattutto, quale sarebbe il costo di nuove tensioni sui titoli del debito pubblico? Una simulazione per la nostra economia nel caso in cui lo spread Btp-Bund decennale salisse drasticamente nei prossimi mesi.

2012, un brutto anno che finisce male

Con una crescita a meno 2,2 per cento, il Pil 2012 dell’Italia torna a 6,5 punti in meno rispetto a prima della crisi. Il quarto trimestre è il peggiore dei sei trimestri di recessione. Per colpa della peggiore congiuntura internazionale ed europea. Ma anche del fisco e delle mancate liberalizzazioni.

Un tetto alle spese della politica regionale

Governare una Regione richiede grandi capacità e molto tempo, è quindi ragionevole attendersi una remunerazione relativamente generosa. Ma dai dati emerge una relazione negativa tra stipendi della politica locale, benessere economico e andamento del mercato del lavoro nel territorio. Tutte le Regioni hanno abolito i vitalizi, anche se a partire dalla prossima legislatura. Necessario imporre un tetto alle spese della politica regionale, e ammettere gli sforamenti solo se coperti da aumenti delle imposte nella Regione stessa.

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