Fed e Bce non rispondono alla crescente pressione inflazionistica. Una strategia dettata dal fatto che per molto tempo l’inflazione è stata al di sotto del target. Ma non è detto che le aspettative di inflazione futura rimangano a lungo sotto controllo.
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Le banche centrali continuano a ripetere che l’inflazione è un fenomeno passeggero. Probabilmente, invece, è destinata a durare più a lungo delle previsioni. Se accadrà, la Bce dovrà valutare se rialzare i tassi, ma in ogni caso non sarà costretta a vendere i titoli che ha acquistato con i vari programmi legati al Quantitative easing.
Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto attuativo dell’assegno unico per i figli. Riproponiamo il dossier che contiene tutti gli articoli di analisi del tema pubblicati sul sito.
Nella crisi politica tra Bielorussia e Polonia i migranti sono ostaggi. Con una politica migratoria tutta incentrata sulla sicurezza dei confini, l’Unione europea si espone infatti al ricatto di regimi autoritari.
Il mercato del lavoro Usa è in ripresa, ma alcuni segnali indicano che non tutto tornerà come prima della pandemia. Invece si affacciano segni di un cambiamento profondo.
Nonostante aumentino le vendite di auto elettriche, la crisi del settore continua. Gli incentivi che saranno certamente introdotti nella legge di bilancio permettono comunque un ricambio verso veicoli meno inquinanti.
Lavoce è a Bookcity: venerdì 19 novembre ore 16.30 alla Biblioteca Sormani di Milano, Tito Boeri, Alessandra Casarico, Giuseppe Laterza, Piergaetano Marchetti e Michael Spence dibattono sull’esperienza dell’Economia in piazza. Coordina Paola Pica.
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Il ritorno dell’inflazione potrebbe indurre la Bce a rivedere la sua politica ultra-espansiva. Non c’è però una relazione meccanica che, con un eventuale aumento dei tassi di interesse, la costringa a vendere i titoli di stato che ha già acquistato.
Sono attendibili le rosee stime della Commissione e di altri organismi internazionali sull’economia italiana? In tempi tanto incerti è difficile fare previsioni. Ma è probabile che l’inflazione duri più a lungo di quanto sostengono le banche centrali.
Si fa un gran parlare di inflazione. Ma il tema da affrontare non è tanto quello delle strozzature delle catene della produzione, quanto quello della risposta delle banche centrali. Come ci hanno insegnato gli anni Settanta, le loro scelte sono cruciali.
Le banche centrali dei principali paesi sviluppati, Bce in testa, si muovono nella stessa direzione. Cercano di uscire dalla logica emergenziale iper-espansiva degli ultimi due anni con molta prudenza. La scelta ha diverse ragioni, tutte comprensibili.
Nell’ultimo consiglio direttivo Christine Lagarde ha annunciato un calo degli acquisti di titoli nell’ambito del programma emergenziale Pepp. Ma il rallentamento è in atto già da qualche settimana e la fine del programma di acquisti sembra ancora lontana.
Nell’ambito del nuovo corso appena inaugurato, la Bce ha annunciato l’impegno a includere nelle proprie scelte strategiche considerazioni sui cambiamenti climatici. Ma come e perché una banca centrale dovrebbe occuparsi di sostenibilità ambientale?
In anticipo sulle previsioni, la Banca centrale europea ha rivisto il proprio target di stabilità dei prezzi, fissando un obiettivo di inflazione simmetrico del 2%. Le conseguenze della scelta e le differenze con la strategia messa in atto dalla Fed.
Da un lato, la Fed immette liquidità con il Quantitative easing, dall’altro la ritira con operazioni di Reverse Repo, per evitare che i tassi divengano negativi. Il processo di normalizzazione quantitativa è così già avviato. Ma c’è un fatto nuovo.